- Dall’inizio dell’invasione russa sono comparsi sui media una serie di termini tra cui non è facile orientarsi per i non addetti ai lavori.
- Il concetto di guerra ibrida, quello di guerra asimmetrica, la dottrina Gerasimov, l’information warfare, i false flag e la maskirovka.
- Per comprendere la strategia bellica del Cremlino e vincere la guerra dell’informazione è utile fare chiarezza.
Dall’inizio dell’invasione russa sono comparsi sui media una serie di termini tecnici ed espressioni tra cui non è facile orientarsi per i non addetti ai lavori. Il concetto di guerra ibrida, quello di guerra asimmetrica, la dottrina Gerasimov, l’information warfare, i false flag e la maskirovka. Per comprendere la strategia bellica del Cremlino e vincere la guerra dell’informazione è utile fare chiarezza.
L’equivoco della dottrina Gerasimov
La dottrina militare russa è assai evoluta nell’ultimo decennio partendo da un assunto, ribadito anche di recente da Vladimir Putin in conferenza stampa: la Russia non è più in grado di competere con la Nato e l’occidente in un conflitto convenzionale e simmetrico.
Da qui discende la necessità di elaborare una teoria che preveda interventi asimmetrici, ad esempio l’uso dei cosiddetti “omini verdi”, soldati russi senza insegne, nell’occupazione della Crimea nel 2014. Un altro esempio di asimmetria è l’impiego di milizie separatiste nel Donbass, anziché dell’esercito regolare russo, o di compagnie private di mercenari come la Wagner, schierate in Africa.
La guerra asimmetrica è solo una frazione della strategia militare di Mosca. I principali “pensatoi” dottrinali accessibili per i ricercatori tra le fonti aperte sono le riviste e i periodici come quello dello stato maggiore russo e quello dell’esercito, su cui scrivono e dibattono sia studiosi sia ufficiali. Su un’altra di queste riviste specializzate, il Corriere militare industriale, nel 2013 apparve un articolo firmato dall’attuale capo di Stato maggiore russo Valerij Gerasimov.
Il testo, dal titolo Il valore della scienza della previsione, fu inizialmente ignorato a livello internazionale fino a quando l’analista britannico Mark Galeotti non lo diffuse in occidente. Gerasimov sosteneva che le primavere arabe fossero un esempio del nuovo concetto di guerra, accusando di fatto l’occidente di aver usato questa strategia nelle cosiddette rivoluzioni colorate, per destabilizzare la Russia e la sfera post-sovietica.
Gerasimov segnala anche alcuni elementi che Mosca deve fare propri come la manipolazione informativa e la divulgazione di notizie false, l’uso delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale, del cyberspazio e della dimensione satellitare. Anche la Russia realizza che è necessario sviluppare capacità operative nei cinque domini: terra, mare, aria, cyber e spazio, anche con azioni offensive mirate a convincere o disorientare l’opinione pubblica del “nemico”.
La visibilità ottenuta grazie a Galeotti coniò il termine “dottrina Gerasimov”, sebbene quella del generale russo fosse una riflessione personale e non un documento ufficiale delle forze armate. Sicuramente quei concetti sono stati però non solo integrati nella dottrina russa ma anche messi in pratica.
La guerra ibrida russa messa in pratica
Le “psyops”, operazioni psicologiche, e l’information warfare sono da anni al centro della strategia russa in occidente. Nel 2018 Gerasimov tornò sull’argomento, consolidando il concetto di “sistema olistico di distruzione del nemico”.
Nel 2019 pronunciò un discorso all’accademia militare russa in cui delineava due capisaldi strategici: l’azione limitata e la difesa attiva. L’azione limitata cerca di contrastare le minacce agli interessi nazionali russi attraverso un intervento militare contenuto e non lineare. La strategia di difesa attiva mira a neutralizzare preventivamente le minacce attraverso l’impiego di tutti i mezzi di deterrenza a disposizione prima dell’inizio di un conflitto, tra cui l’informazione e azioni di inganno e disturbo.
Un esempio è la cosiddetta maskirovka, messa in pratica alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina ma risalente all’epoca sovietica. Si tratta di false flag: sabotaggi compiuti dalla Russia ma attribuiti al nemico. I finti bombardamenti dei separatisti nel Donbass, i video contraffatti di attacchi con l’uso di gas (registrati giorni prima, come dimostrano i metadati). Sono parte di questo arsenale anche l’evacuazione forzata dei residenti di Donetsk e Lugansk, sbandierati dai governatori fantoccio come profughi, anche in questo caso con video registrati in largo anticipo. Tutti tentativi smascherati dall’intelligence americana, che ha deciso efficacemente di pubblicare le informazioni in anticipo.
Così come la “dottrina Gerasimov” è stata coniata in occidente, anche il termine di guerra ibrida non appare mai nelle considerazioni del generale russo. Tuttavia, la sua applicazione è evidente nel contesto ucraino. La decisione di un attacco convenzionale su larga scala ha spiazzato gli analisti occidentali tanto quanto le gerarchie militari russe.
È venuto meno il vantaggio russo di una guerra asimmetrica, che secondo alcuni aveva però i suoi limiti. Mosca non riusciva ormai a rendere plausibile l’estraneità alle azioni delle sue milizie e proxy, talvolta faticava anche a controllarle. Non a caso dopo l’occupazione del Donbass buona parte dei comandanti separatisti più carismatici morirono in misteriosi attentati, attribuiti da molti ai servizi russi per sostituirli con docili marionette.
La macchina della propaganda del Cremlino
L’attuale obiettivo di Putin è molto più ambizioso e rischioso: occupare militarmente un intero paese e soggiogarlo con la forza. Nel farlo, ha dovuto aumentare enormemente la propaganda e la censura, due aspetti collegati dell’information warfare.
Da anni centri di ricerca indipendenti e la Nato studiano il cosiddetto ecosistema russo di disinformazione, che conta decine di canali tv, radio, siti web, social network, oltre a un vasto sottobosco di blog e pagine anonime. Russia Today e Sputnik sono senza dubbio i due principali vettori impiegati in Europa per diffondere la propaganda del Cremlino. L’agenzia Tass, Ria Novosti, Rossija 1 e altri canali si incaricano di dettare la linea ufficiale, ripresa poi da siti apparentemente indipendenti.
Ultimamente le piattaforme social come Instagram e Twitter hanno preso provvedimenti e segnalano agli utenti che questi media sono controllati dal governo russo, ma Mosca ha risposto con la censura di Facebook e Twitter nel paese. La propaganda consiste nel completo ribaltamento della realtà e nel fomentare la sindrome dell’assedio: una Russia accerchiata dall’occidente che deve difendere una sua identità autonoma. La contraddizione della narrativa putiniana: una Russia debole abbastanza da essere minacciata, ma forte abbastanza da poter aspirare a un ruolo di potenza globale.
L’occidente viene dipinto allo stesso tempo come ipocrita, molle, prepotente, corrotto, intenzionato a omologare l’identità russa, fondata su nazionalismo, ortodossia, orgoglio di grande potenza, conservatorismo.
La neo-lingua putiniana
La guerra ibrida comprende quindi l’infowar, grazie alla quale buona parte della popolazione russa è all’oscuro dei massacri russi in Ucraina. La narrativa del Cremlino parla di un paese fratello in mano a “nazisti e drogati”, da liberare come fecero i sovietici durante la “guerra patriottica”, come viene chiamata la Seconda guerra mondiale, di cui i soldati russi portano le coccarde arancione-nero.
Alcuni residenti russi, intervistati da Radio Svoboda, hanno dimostrato il livello di indottrinamento raggiunto da anni di propaganda: rifiutano l’evidenza della guerra anche di fronte alle immagini mostrate dai giornalisti e rispondono come automi “io sto con Putin”. La Bbc ha raccontato la frustrazione di giovani russi che vivevano in Ucraina nel rifiuto dei genitori di credere alla guerra in corso.
Un altro aspetto della infowar è la neo-lingua orwelliana sviluppata dai propagandisti del Cremino: vietato parlare di guerra o invasione – la nuova legge prevede sino a 15 anni di carcere – perché bisogna definirla “operazione militare speciale”. L’occupazione è invece chiamata “operazione di peacekeeping”. I pochi media indipendenti russi come Eco Mosca, The Village, Meduza sono stati chiusi e censurati, il direttore di Dozhd Tv è riuscito a fuggire all’estero.
Novaya Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja, che aveva pubblicato in prima pagina a caratteri cubitali “La Russia bombarda l’Ucraina”, ha deciso di non parlare più della guerra per evitare la chiusura e il carcere. I media occidentali tra cui Bbc e Rai hanno ritirato gli inviati da Mosca. Ormai si può parlare di dittatura.
Un discorso a parte vale per i russi, soprattutto giovani, che hanno accesso a internet, almeno fino alla stretta di questi giorni. Una minoranza che ha seguito i media liberi è scesa coraggiosamente in piazza a San Pietroburgo e nella capitale, con migliaia di arresti che non hanno risparmiato bambini e anziani. Altri giovani russi, pur usando internet, sono vittima di anni di propaganda ultranazionalista e sentimenti anti-occidentali.
La piattaforma VKontakte, equivalente di Facebook, è controllata dal governo. Numerosi influencer su TikTok e Instagram con milioni di followers hanno pubblicato video in cui ripetono la disinformazione del Cremlino sul Donbass, usando l’hashtag #давайзамир, grossomodo “viva la pace” ma di fatto sostenendo l’invasione dell’Ucraina.
Altri influencer russi di TikTok hanno affermato di aver ricevuto offerte di denaro per pubblicare questo messaggio prestabilito. Alcuni dei TikToker propagandisti hanno disattivato i commenti per evitare critiche, mentre altri alla fine hanno cancellato i loro video. Attori, cantanti e personaggi pubblici russi con milioni di seguaci su Instagram, come Tina Kandelaki, Nikolai Baskov e Vyacheslav Manucharov, hanno condiviso questo messaggio precompilato per legittimare la guerra di Putin.
Tutte queste iniziative fanno parte della formidabile macchina della propaganda del Cremlino, che è rivolta anche a inquinare l’informazione in Europa e il dibattito sull’aiuto all’Ucraina. Indipendentemente da come proseguirà il conflitto in Ucraina, l’occidente deve essere consapevole che una guerra ibrida si vince anche ristabilendo la verità dei fatti nell’opinione pubblica, russa e occidentale.
© Riproduzione riservata