Matteo Salvini e il suo misterioso consulente per la politica estera Antonio Capuano hanno incontrato ben quattro volte l’ambasciatore russo in Italia Sergej Razov. Oltre alla cena dello scorso primo marzo di cui Domani ha dato conto ieri, ci sono stati altri tre incontri, tra metà marzo e la terza settimana di maggio, confermati sia da ambienti vicini al leghista sia dalla diplomazia di Mosca. Palazzo Chigi ribadisce «assoluto sconcerto» per l’attivismo del capo di uno dei partiti chiave della maggioranza («è gravissimo, Salvini non ci ha avvertito di nessuna delle sue visite da Razov», dicono gli staff di Mario Draghi e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio).

Domani ha sentito al telefono – di nuovo – Capuano. L’avvocato di Frattaminore in provincia di Napoli, un tempo deputato di Forza Italia oggi legale di ambasciate, aveva smentito di aver partecipato ad incontri con l’ambasciatore russo. Dopo aver letto l’articolo che dava anche conto delle conferme della portavoce dell’ambasciata della Federazione russa, ha deciso però di parlare e ammettere che tra lui, Salvini e Razov ci sono stati alcuni incontri e un fitto scambio di opinioni sulla guerra in Ucraina intorno al piano di pace in salsa leghista «di cui anche Mosca era a conoscenza».

Il piano

Una strategia iniziata mesi fa (incredibilmente con qualche sponda dentro il Vaticano, forse colpito dai continui riferimenti di Salvini al «pacifismo del Santo Padre») che si sarebbe dovuta concludere con il viaggio del numero uno del Carroccio in Russia, in veste di mediatore di una tregua.

«Questa iniziativa prende corpo dopo l’intervento di Salvini in Senato il 19 maggio», dice a Domani Capuano. Quel giorno Salvini aveva chiesto a Draghi di impegnarsi non solo nell’«invio delle armi», ma anche in una maggiore attività «per il dialogo e la cessazione delle ostilità». Salvini anticipa alcuni punti del piano cui stava lavorando con Capuano e i russi: «Presidente, le faccio tre proposte concrete. Primo, chieda alla Russia di sbloccare l’export di grano. Sono certo le arriverà una risposta positiva. Poi provi a chiedere a Mosca di ritirare candidatura di Mosca per l’Expo 2030 e di appoggiare quella di Odessa (a scapito di Roma, ndr), potrebbe avere anche qui una risposta positiva. Infine proponga un cessate il fuoco di 48 ore con Germania, Italia, Francia e Santa sede garanti dell’avvio di negoziati di pace. Sono convinto che verrà ascoltato con attenzione».

Quando a sinistra qualcuno protesta, Salvini replica: «Non mi ha chiamato Putin stanotte come pensa qualcuno».

Razov superstar

Secondo Capuano, uno degli incontri segreti in ambasciata sarebbe successivo proprio all’intervento in Senato. «Abbiamo parlato con Razov del piano presentato in aula. Ai russi questa cosa gli stava bene, e ci dicono: “Ma perché non la fa proprio l’Italia questa proposta? Salvini ha detto: Ci posso provare, ma voglio il cessate il fuoco”, e così ha fatto una proposta più articolata: il tavolo con i garanti, la neutralità... Razov ha detto: “Tosto, è forte”. I giorni successivi Razov ha mostrato disponibilità, però ci ha detto che il cessate il fuoco si decide a Mosca, bisognava andare lì».

Dall’ambasciata russa confermano gli appuntamenti con Salvini ma ci tengono a segnalare come «Capuano non è un nostro collaboratore, ma un consulente di Salvini». Anche dalla Lega non commentano le dichiarazioni fatte dall’avvocato a Domani che esplicitano come il viaggio di Salvini a Mosca – poi saltato – sia stato suggerito da Razov in persona. Lo staff del Capitano spiega solo che «il capo ha sempre e solo chiesto all’ambasciatore la fine delle ostilità», e che palazzo Chigi («che non sta brillando sotto il profilo diplomatico, Mosca parla solo con tedeschi e francesi») non può mettere becco sulle attività di un leader di partito.

Zitti e Mosca

Capuano, avvocato con interessi in Kuwait e amico di diplomatici mediorientali, dice di non ricordarsi il numero esatto di incontri con Razov («quattro mi sembrano tanti»), però è certo che durante l’ultimo avvenuto «dopo il 19 maggio, Razov ha detto a Salvini: “La partita si gioca a Mosca. Te la senti? Lo sai che ti esporrai a critiche”. Salvini gli ha detto che lo sapeva, “ma io faccio il politico: se è per cessate il fuoco sono pronto a farlo”. La disponibilità di Razov c’era, ma ne doveva parlare con Mosca. Mosca dunque sapeva dell’incontro tra Razov e Salvini e credeva in questa soluzione».

Il consulente del leader aggiunge che «a Mosca avremmo parlato con chi doveva decidere. Lì avremmo dovuto fare due incontri, più un terzo che dipendeva dal senatore Salvini». Persone vicino al dossier dubitano che Salvini sarebbe riuscito a incontrare Putin in persona, ma il Copasir potrebbe chiederlo presto ai protagonisti dell’affaire: ieri il comitato parlamentare sui servizi segreti ha annunciato l’apertura di un’inchiesta ufficiale.

 

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