Nel giorno in cui il Financial Times ha pubblicato un articolo secondo cui le delegazioni di Russia e Ucraina stanno lavorando a una bozza di quindici punti per arrivare alla pace, Vladimir Putin ha pronunciato un discorso diretto ai funzionari del governo in cui ha affermato tra le righe che non ha intenzione di fermare la sua aggressione.

«L’operazione speciale si sta sviluppando con successo, in conformità con i piani pre-approvati», ha detto Putin in televisione nel giorno in cui ricorre l’anniversario del referendum in Crimea. «Se l’occidente pensa che la Russia farà un passo indietro, non conosce Mosca», ha aggiunto.

Per il presidente russo le sanzioni imposte nel 2014 erano «miopi», così come quelle approvate nelle ultime due settimane che hanno preso di mira gli oligarchi e gli uomini più potenti del Cremlino a cui ha diretto un messaggio.

«Proveranno a scommettere sulla cosiddetta quinta colonna, sui traditori nazionali», ha detto Putin. «Non sto affatto giudicando chi ha una villa a Miami o in Costa Azzurra, chi non può fare a meno del foie gras, delle ostriche o delle cosiddette libertà di genere», ma sono persone che «sono pronte anche a vendersi la madre».

Un monito per quelli che hanno in mente di abbandonarlo. Il presidente russo si è rivolto anche ai cittadini occidentali: «Stanno cercando di convincervi che tutte le vostre difficoltà economiche sono il risultato di alcune azioni ostili della Russia e che dal vostro portafoglio dovete pagare per la lotta contro la minaccia russa. Tutto questo è una bugia!».

Anche questo discorso è connotato da elementi storici e propagandistici. Il leader del Cremlino non si è fatto scrupoli a paragonare le dure sanzioni economiche ai pogrom nazisti. «L’Occidente si è tolto tutte le maschere della decenza, si comporta in modo rozzo, ha dimostrato la sua vera natura», ha detto il leader del Cremlino. 

Ma l’esercito russo continuerà la guerra se non ottiene ciò che vuole. L’economia russa «si adatterà alla nuova realtà, ma ciò richiederà difficili cambiamenti strutturali», ha detto Putin, il quale ha specificato che l’esercito russo sta facendo il possibile per evitare di morti civili (salite a 726 secondo l’Onu).

«Se le nostre truppe operassero solo sul territorio delle repubbliche del Donbass, aiutandole a liberare il loro territorio, questa non sarebbe stata la soluzione finale, non avrebbe portato alla pace, e non avrebbe eliminato la minaccia alla Russia», ha detto Putin. Un’operazione di quel tipo avrebbe trascinato la regione in un conflitto armato «infinito». Per evitare che la guerra duri mesi o addirittura anni il presidente turco Erdogan ha inviato ieri come emissario a Mosca il suo ministro degli Esteri che ha proposto a Lavrov di tenere in Turchia un incontro tra Putin e Zelensky.

I precedenti

L’idea imperialista di Vladimir Putin è raffigurata esplicitamente nei discorsi e articoli pubblicati nei mesi prima dell’invasione, sottovalutati dai leader occidentali. «La Russia ha tutto il diritto di rispondere per garantire la sua sicurezza.

Questo è esattamente ciò che faremo», aveva detto Vladimir Putin il 21 febbraio scorso, tre giorni prima dell’invasione, mentre negava negli incontri diplomatici di voler invadere l’Ucraina.

Non sono da sottovalutare, quindi, le richieste russe sul tavolo dei negoziati. Tra i punti più delicati c’è il riconoscimento dell’annessione della Crimea e l’indipendenza delle repubbliche del Donbass, i cui leader filorussi non hanno mai nascosto una loro propensione verso un’adesione alla Federazione russa.

A questi si sommano anche le tutele per la lingua russa chieste dalla delegazione di Mosca in Ucraina, dove parte della popolazione è russofona. D’altronde, lo insegna la storia, l’impero si espande con il territorio e con una lingua comune. Ed è uno degli obiettivi nella testa di Putin che non fa nulla per nasconderlo.

 

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