L’impressione di fondo sul destino della road map in tre fasi annunciata dal presidente Joe Biden è che farà la stessa fine del molo americano sulla costa di Gaza per accogliere gli aiuti umanitari, ora in panne tra i flutti del Mediterraneo.

Il tira e molla fra Bibi, come viene soprannominato il premier israeliano da 18 anni al potere nel paese, il tenace segretario di Stato americano, Antony Blinken, il pragmatico Benny Gantz, membro del “gabinetto di guerra” di Israele e tra i leader dell'opposizione e il duro ministro della Difesa, Yoav Gallant, pare stia facendo naufragare il piano per il cessate il fuoco nella confusione e nella divergenza di interessi tra i troppi protagonisti della partita, con un arbitro troppo debole o distratto dagli eventi di politica interna, non ultimo l’inizio del processo al figlio Hunter.

Il ministro Gallant vuole che dopo 8 mesi di guerra il controllo della Striscia passi dai fondamentalisti a nuovi soggetti palestinesi più moderati, mentre Netanyahu resta vago sugli scenari futuri e parla di sconfitta totale di Hamas, senza entrare in dettaglio sul dopo guerra e di accettazione del piano Biden ma «alle nostre condizioni», che equivale di fatto a un rifiuto.

Il fatto è che il premier israeliano vuole guadagnare tempo e teme di perdere i voti degli alleati della destra messianica: i ministri Itamer Ben Gvir e Bezalel Smotrich che vogliono riportare indietro le lancette della storia al 2005, quando l’allora premier di destra, Ariel Sharon, decise di evacuare con la forza le colonie israeliane nella Striscia di 363 chilometri quadrati. Sharon si apprestava a fare altrettanto con gli insediamenti illegali e poco numerosi (allora) nella Cisgiordania quando venne fermato da un ictus che mise fine al suo coraggioso tentativo di pacificazione e compromesso realista.

Hamas pessimista

Fonti di Hamas, citate da Haaretz, hanno informato i mediatori di Qatar e Egitto che la fazione vuole la garanzia ufficiale degli Usa che Israele metterà in atto tutte le condizioni dell'intesa, sottolineando la sua domanda di un cessate il fuoco permanente. Le stesse fonti hanno detto che le affermazioni del ministro degli Esteri, egiziano Shouky «non sono la risposta ufficiale» di Hamas. Sempre le stesse fonti hanno espresso pessimismo sui negoziati perché sono segnalati disaccordi in Israele sul cessate il fuoco completo.

Poche ore prima, il ministro egiziano degli Esteri Sameh Shoukry, in visita a Madrid, aveva detto che «Hamas ha accolto positivamente la proposta di cessate il fuoco a Gaza e ora aspettiamo la risposta di Israele». Se tutta questa confusione fosse solo una ultima fibrillazione delle parti prima di un’intesa finale, tutto sarebbe nella norma, ma purtroppo sembra prevalere il caos di chi non vuole trovare il compromesso né cedere nulla alla controparte in vista di ipotetiche vittorie totali.

Le cautele di Biden

Il presidente Biden ha pubblicato solo una versione parziale della proposta di cessate il fuoco per Gaza, ha detto Netanyahu. Il primo ministro israeliano, ha affermato che il presidente degli Stati Uniti, nel presentare un piano per porre fine alla guerra a Gaza, aveva pubblicato solo alcuni dettagli tralasciandone altri.

«La guerra verrà fermata allo scopo di restituire gli ostaggi e poi procederemo con altre discussioni», ha detto David Mencer, portavoce del governo israeliano, citando Netanyahu. Ciò sembra essere la reiterazione sotto altra forma del rifiuto di Israele di sospendere del tutto l'offensiva contro Hamas prima che il gruppo venga distrutto, facendo eco alla dichiarazione di Netanyahu di sabato in cui escludeva «l'impegno per un cessate il fuoco permanente prima che la capacità militare e governativa di Hamas venga distrutta».

I distinguo di Netanyahu

«Stiamo lavorando in innumerevoli modi per restituire i nostri rapiti», ha spiegato il premier israeliano in un video trasmesso dal suo ufficio. «Ecco perché abbiamo fatto molto per riportarli indietro, ma nel corso di questa azione abbiamo mantenuto gli obiettivi della guerra, primo fra tutti l'eliminazione di Hamas. Insistiamo affinché completiamo sia questo che quello. Fa parte dello schema, non è qualcosa che aggiungo adesso, non è qualcosa che aggiungo perché ho ricevuto pressioni nella coalizione, è qualcosa su cui abbiamo concordato all'unanimità nel gabinetto di guerra», ha affermato. «L'affermazione secondo cui abbiamo concordato un cessate il fuoco senza che le nostre condizioni fossero soddisfatte non è vera», ha detto Netanyahu in commissione alla Knesset.

D'altra parte Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano, afferma di aver avuto un colloquio con il segretario di stato americano, Antony Blinken, e di aver chiarito che considera la restituzione degli ostaggi come una «priorità nella cronologia della guerra».

«Ho parlato ieri - afferma Gantz - con il Segretario di Stato americano Blinken sugli sforzi per garantire un accordo per la restituzione degli ostaggi. Gli ho sottolineato che lo Stato di Israele è impegnato nella restituzione degli ostaggi e la considera non solo una responsabilità morale superiore, ma anche una priorità nel calendario della guerra. Intendiamo fare tutto il necessario per esaurire ogni opportunità di raggiungere l'obiettivo. Ho ribadito al segretario l'imperativo della pressione americana sui negoziatori per garantire l'attuazione dell'accordo proposto da Israele». Tutto questo mentre l’offensiva a Rafah e sul confine egiziano sta mettendo a rischio il fondamentale Trattato di pace con il Cairo.

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