Dopo il crollo della candidatura di Ron DeSantis i miliardari che sostengono il Gop guardano con interesse all’ex ambasciatrice all’Onu, che ha dominato il secondo dibattito televisivo. Haley è giovane, rappresenta un conservatorismo classico e i sondaggi dicono che è quella piazzata meglio nel confronto con Biden
Mentre la candidatura del governatore della Florida Ron DeSantis collassa, dopo che ha disperso un patrimonio di credibilità personale emanando leggi illiberali contro i corsi sull’inclusività della comunità Lgbt e ha espresso scetticismo sui vaccini anti Covid, una parte dei miliardari che sostengono il Partito repubblicano sta cercando un candidato alternativo per scongiurare il quasi inevitabile ritorno di Donald Trump.
Il dibattito
Dopo l’ultimo dibattito in California, l’unica persona con posizioni moderate e un minimo di carisma rispetto agli avversari, spesso apparsi impacciati o anonimi, è l’ex ambasciatrice presso le Nazioni Unite Nikki Haley.
Rispetto a Biden e Trump, Haley appare estremamente giovane ed energica con i suoi cinquantuno anni compiuti lo scorso gennaio, tanto che nei mesi scorsi ha lanciato la proposta di varare un test per vagliare la prontezza mentale dei politici che hanno compiuto settantacinque anni.
Può sembrare un’idea discriminatoria, ma è evidente che il tema c’è e Haley sa che tocca un nervo scoperto in una classe politica che a Washington, nonostante qualche cambiamento alla Camera con il ritiro dell’ottantaduenne Nancy Pelosi dalla leadership democratica lo scorso dicembre, rimane fortemente gerontocratica.
I problemi per l’ex ambasciatrice, che è anche stata governatrice del South Carolina, sono molto grandi. Intanto perché il margine di distacco per Trump rispetto a tutti gli altri candidati ormai è intorno ai quaranta punti e molti elettori hanno già deciso di riconfermargli la fiducia alle primarie.
C’è però una strada complessa da percorrere: intanto un recente sondaggio della Cnn mostra che nei confronti dell’attuale presidente Joe Biden, Haley è l’unica in grado di batterlo, con un 49 per cento di voti contro il 43 per cento a livello federale, mentre DeSantis perde per tre punti 45 a 42 per cento e Trump è appaiato al 46 per cento.
Poi ci sono le sue posizioni politiche, che si differenziano da quelle dei suoi avversari per un motivo: appaiono più vicine a quelle tradizionali del partito, quasi reaganiane in senso stretto: chiede un forte ruolo per l’America nel mondo e il sostegno incondizionato allo sforzo bellico dell’Ucraina, pur dicendosi pro-life non vuole che le leggi sul tema dell’aborto siano punitive nei confronti delle donne così come riguardo al deficit chiede che i repubblicani diventino il partito della responsabilità fiscale, ipotesi che però mal si concilia con un ampliamento della spesa militare.
Coalizione Trump
Secondo un’indagine della Reuters, queste posizioni sono convincenti per circa il 60 finanziatori che in un primo momento avevano puntato su Ron DeSantis. Appare anche l’unica candidata con qualche possibilità di intaccare i consensi democratici nei sobborghi e riconquistare quella classe di professionisti che fino a non molti anni fa era fedelissima ai repubblicani.
Anche perché c’è la carta delle origini da giocare: Haley è figlia di due genitori provenienti dall’India con una formazione accademica. Sia la minoranza indiana che gli accademici sono due segmenti elettorali dove i repubblicani vanno piuttosto male, anche a causa delle retoriche di Trump e l’ex ambasciatrice può riportarli in Patria.
Al netto del taglio delle spese, poi, ha un programma sufficientemente vago per le politiche economiche interne. Insomma, un profilo da “candidato sconosciuto” che può battere Trump senza che questi le punti il mirino addosso, come avvenuto con Ron DeSantis, bersagliato per mesi da attacchi di ogni genere.
C’è però il rischio che i donatori, per quanto possano essere generosi, non cambino il corso degli eventi, tanto è alta la copertura mediatica di cui gode Trump, anche in virtù dei suoi processi.
Però il puntare su Haley acquisisce un nuovo senso in ottica 2028: anche qualora Trump riuscisse a imporsi e a tornare alla Casa Bianca, non può correre per un’ulteriore mandato, dato che il ventiduesimo emendamento li limita a due in totale per singolo candidato.
La domanda che ci si può porre è se sia ancora possibile resettare il partito repubblicano con una candidata che alcuni commentatori conservatori come lo scrittore Rod Dreher hanno definito «la versione repubblicana di Hillary Clinton».
Un dilemma che spiega perché, nel campo repubblicano, sia così difficile trovare alternative a Trump che ha saputo cucire mondi così lontani come i colletti blu degli stati post-industriali con il mondo della grande impresa. Una coalizione che difficilmente potrà essere ricomposta da una candidata come Haley, se non con un miracolo politico che pure non si può escludere del tutto.
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