Un intervento armato metterebbe a rischio le relazioni tra singoli paesi e il Niger, così come con gli stati membri dell’Ecowas fortemente contrari all’uso delle armi
L’Ecowas insiste sulla via dell’intervento militare in Niger. Nel corso della due giorni che ha visto i responsabili della difesa dei 15 paesi membri del blocco regionale svoltasi ad Accra, capitale del Ghana, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, per bocca del suo commissario per gli affari politici, la pace e la sicurezza Abdel-Fatau Musah, ha dichiarato che tutti i suoi stati membri, ad eccezione di Mali, Burkina Faso, Ciad, Guinea e Capo Verde, sono decisi a partecipare a una task force pronta a intervenire in Niger al fine di ristabilire la democrazia e riportare al potere il presidente Mohamed Bazoum, deposto a seguito del golpe del 26 luglio scorso e attualmente in stato di detenzione.
«Nel frattempo – ha poi aggiunto Musah – stiamo ancora dando una possibilità alla diplomazia e la palla è nel campo della giunta». La scelta interventista arriva dopo l’applicazione da parte dell’organismo transnazionale di sanzioni commerciali e finanziarie a cui hanno fatto seguito le sospensioni dei programmi di aiuto da parte di Francia, Germania e Stati Uniti e ripetute minacce di un intervento bellico.
Ma ha fin da subito sollevato grandi perplessità e timori. Intanto perché non sono stati forniti dettagli su modalità di intervento, numero di soldati e, soprattutto, nazionalità di provenienza: i paesi maggiormente coinvolti sarebbero la Nigeria, la Costa d'Avorio e il Benin ma nessuno sa dire in che termini e a partire da quando. Un eventuale ingresso armato dell'Ecowas contro i golpisti del Niger, poi, secondo molti, sarebbe militarmente e politicamente rischioso per tanti motivi. Innanzitutto perché Mali e Burkina Faso si sono affrettati, fin dai giorni immediatamente successivi al golpe, a dichiararsi pronti a rispondere militarmente a un attacco, poi perché una guerra aperta nell’unico paese fin qui risparmiato da instabilità e jihadismo, sarebbe un colpo fatale per tutta l’area saheliana dilaniata da terrorismo, povertà endemiche, emergenze umanitarie e ambientali e fragilità politiche.
Unione africana contraria
Peraltro, mentre i titolari della difesa dei 15 paesi membri dell’Ecowas si riunivano e deliberavano, l’Unione Africana faceva sapere di essere contraria a qualsiasi forma di intervento.
Come riporta Le Monde Afrique, il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Ua, al termine di un lunghissima riunione definita «tesa e interminabile» lo scorso 14 agosto, ha fatto emergere una netta opposizione all’uso della forza in Niger e ciò sebbene una delegazione dell’organismo che raggruppa i 55 stati africani recatasi in Niger il 9 agosto, sia stata snobbata e rimandata a casa senza il minimo rispetto. Per ruolo gerarchico, l’Unione Africana è chiaramente superiore alla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale e se il Consiglio di pace e sicurezza dell'Ua continuasse nella sua opposizione all’intervento, la misura potrebbe venire annullata e le decisioni dell’Ecowas revocate.
Un intervento armato, infine, metterebbe a rischio le relazioni tra singoli paesi e il Niger così come con gli stati membri dell’Ecowas fortemente contrari all’uso delle armi. Non a caso popolazione civile e opposizioni politiche in Nigeria, Ghana e Benin sconsigliano fortemente di andare allo scontro armato. La decisione quindi appare quanto mai delicata e in ballo, oltre a quello del Niger, c’è il futuro di un’intera area «Dobbiamo ricordare - ha sottolineato il generale Musa, Capo di Stato Maggiore della Nigeria - che le nostre azioni collettive di oggi daranno forma all'eredità che lasceremo alle generazioni future». «Se le guardie presidenziali in Guinea o in Niger prendono in ostaggio il loro presidente - gli ha fatto eco Dominic Nitiwul, ministro della Difesa del Ghana - nessuno, in Africa occidentale è al sicuro».
© Riproduzione riservata