L’attacco del fine settimana ha lanciato tanti messaggi politici da non sottovalutare. Perché il leader di Hezbollah ha deciso di non andare oltre?
A quasi un mese esatto dall’uccisione da parte di Israele di Fuad Shukr, uno dei vertici di Hezbollah, la tanto temuta escalation militare sembra essere evitata per il momento. Nessuno, al di là di alcuni proclami politici in pubblica piazza, sembra essere interessato al momento a un allargamento del conflitto nella regione. Primo fra tutti il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ben consapevole di cosa può provocare uno scontro a fuoco aperto con Tel Aviv. E così, la vendetta per l’uccisione del suo consigliere militare nel quartiere Haret Hreik, in un sobborgo di Beirut, sembra essersi consumata solo con una grande eco mediatico nel fine settimana.
L’attacco militare ha lanciato tanti messaggi politici da non sottovalutare: non sono stati colpiti obiettivi civili, non sono stati lanciati i missili balistici a disposizione del gruppo sciita, e soprattutto durante il suo discorso Nasrallah ha detto: «In questa fase attuale, il paese può tirare il fiato e rilassarsi». Un messaggio di distensione.
Perché il leader di Hezbollah ha deciso di non affondare il suo attacco? Tra le cause sicuramente c’è il disastrato scenario economico che coinvolge il paese e la ricaduta di un’eventuale guerra su un consenso politico già traballante. Non è un caso se il generale Charles Q.Brown, capo di stato maggiore degli Stati Uniti, ha detto alla Reuters che il rischio a breve termine di una guerra più ampia in Medio Oriente si è leggermente attenuato dopo gli attacchi del fine settimana.
Paese fallito
Il Libano è uno dei paesi dell’area più disastrati a livello economico. Dal 2019 vive una lunga crisi finanziaria alla quale si sono aggiunte quella provocata dalla pandemia da Covid-19 e quella dell’esplosione nel porto di Beirut che ha di fatto distrutto il centro economico nevralgico del paese. Come se non bastasse, negli ultimi undici mesi si sono sommate anche le tensioni militari e gli scontri a fuoco lungo il confine tra Hezbollah e Israele che hanno fatto crollare il settore turistico, uno degli asset economici principali del Libano.
Secondo gli ultimi dati della Banca mondiale pubblicati lo scorso maggio la povertà nel paese è più che triplicata nell'ultimo decennio, colpendo il 44 per cento della popolazione totale. La disoccupazione è aumentata dall'11,4 per cento al 29,6 per cento nel 2022. I soldi inviati dai lavoratori all’estero nel paese contano il 30 per cento del Pil e di fatto sono l’unica maniera per migliaia di famiglie per sostenersi.
La crisi economica ha anche ripercussioni sul settore energetico, le autorità libanesi hanno difficoltà anche nel pagare il carburante. Tanto che oggi è previsto in Libano l’arrivo della petroliera algerina Ain Acre con un carico di circa 30mila tonnellate di olio combustibile inviato dall’Algeria.
La mancanza di carburante provoca continui blackout elettrici, diventati oramai una costante quotidiana nella vita dei libanesi che spesso hanno difficoltà anche ad accedere banalmente alla rete internet e all’acqua corrente. Fattori che hanno un notevole peso quando si parla di consenso politico.
Dato politico
Una guerra, oggi, renderebbe la vita più complicata e rischia di far collassare il supporto di cui gode Hezbollah. Secondo un sondaggio condotto da Arab Barometer tenuto tra febbraio e aprile sia nelle città che nell’entroterra del paese, sono pochi i libanesi che sostengono Hezbollah. Negli anni, l’organizzazione politica e paramilitare si è di fatto sostituita alle istituzioni pubbliche, anche nell’elargizione dei servizi basilari per la popolazione. Stando al sondaggio, però solo il 30 per cento dei libanesi afferma di avere fiducia in Hezbollah, mentre il 55 per cento afferma di non averne.
Il livello delle risposte varia a seconda dell’appartenenza settaria di riferimento con punte di consenso dell’85 per cento tra la popolazione sciita, di cui Hezbollah è il massimo interprete politico-religioso. Il tasso di fiducia, infatti, cala drasticamente tra la comunità drusa e sunnita (9 per cento), e in quella cristiana (6 per cento). Tra drusi, sunniti e cristiani è aumentata però la percezione positiva del ruolo di Hezbollah nella politica regionale. Secondo Arab Barometer è un dato che però ha a che fare con il sostegno alla causa palestinese del gruppo guidato da Nasrallah. Tuttavia, solo un terzo dei libanesi sostiene il ruolo di Hezbollah negli affari regionali, affermando di essere d'accordo o fortemente d'accordo sul fatto che le azioni del gruppo siano positive per il mondo arabo, mentre circa il 42 percento si è dichiarato fortemente in disaccordo.
Il sondaggio è stato condotto nei mesi scorsi, prima dell’escalation dell’ultimo mese in cui gli Israeliani sono stati capaci di uccidere un esponente di spicco dell’organizzazione sostenuta dall’Iran nel cuore del Libano. Da settimane, infatti, il sentimento nel paese sta mutando con migliaia di persone che stanno prendendo i primi voli disponibili per scappare dal paese e mettersi al riparo. Nasrallah è consapevole dei rischi economici e politici che corre, anche per questo una guerra oggi rischierebbe di essere una catastrofe politica ed economica.
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