Al vertice Nato di Washington gli occhi sono puntati sulla tenuta del presidente americano, Joe Biden, che intende smentire con una dimostrazione di leadership chi gli consiglia, più o meno gentilmente, di farsi da parte dalla corsa elettorale. 

Ma l’alleanza deve affrontare temi cruciali, come il percorso dell’Ucraina verso la Nato, e sciogliere alcuni malumori meno evidenti ma che rischiano di diventare questioni politiche molto spinose. Uno di questi è la posizione del Canada, che ostinatamente resiste alle richieste Usa di aumentare la spesa per la difesa – portandole verso il fatidico 2 per cento del Pil richiesto a tutti i membri – e la pazienza di Washington sta finendo.

«Gli europei sono frustrati perché vengono sempre criticati, mentre il Canada non sente la stessa pressione da parte di Washington», ha detto un anonimo funzionario del Congresso a Politico, che ha raccolto decine di testimonianze di diplomatici e tecnici che non riescono più a tacere le tensioni con l’alleato canadese. 

Un documento del governo canadese dice apertamente che il paese non rispetterà gli impegni di spesa per la difesa della Nato in tempi brevi. Nella sezione Reporting of Defence Spending si prevede che si raggiungerà soltanto l’1,4 per cento del Pil in investimenti militari entro il 2024-25 e l’1,7 per cento nel 2029-2030.

Le tensioni sul contributo degli alleati in un’alleanza essenzialmente sostenuta dagli Stati Uniti vanno avanti da decenni, ma la resistenza canadese sta diventando un problema politico dopo che, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, molti membri si sono allineati alle richieste. Già nel 2011 l’allora segretario della Difesa, Robert Gates, aveva rimproverato gli alleati con amichevole durezza, mettendo in luce le «gravi lacune di capacità della Nato» da colmare per rendere credibile l’Alleanza. Per non parlare delle recenti minacce di Donald Trump, che ha detto che non difenderebbe tutti quei paesi Nato che non investono quanto dovuto nella difesa.

Il problema dei free-rider

Le pressioni sul Canada arrivano nel momento in cui un numero record di membri ha raggiunto l’obiettivo del 2 per cento. La posizione in cui si trova il paese è diventata un’eccezione, non la regola.

Il Canada è visto come un free-rider, uno scroccone, nell’Alleanza, un paese che trae i benefici dell’Organizzazione ma non contribuisce come gli altri alle spese. Questione cruciale per gli Stati Uniti, che dall’alba della Nato si sono fatti carico di ripianare i bilanci e mettere fondi anche per gli inadempienti.

La questione sugli investimenti nella difesa del Canada è collegata alla politica interna del paese e ha creato molti grattacapi al primo ministro Justin Trudeau.

Di recente i conservatori canadesi hanno criticato il governo per aver trascurato i problemi evidenti dell’esercito, nonostante negli ultimi dieci anni siano state fatte ingenti spese in altri settori. Inoltre, come sottolineato dall’opposizione, il Canada è l’unico paese del blocco in ritardo contemporaneamente sia sulla quota del 2 per cento sia rispetto all’obiettivo di spendere il 20 per cento del budget in attrezzature militari.

Inoltre, secondo alcuni documenti trapelati, l’esercito canadese è talmente sottofinanziato che metà dell’equipaggiamento è considerato non disponibile o inutilizzabile.

Le misure

Il governo ha adottato diverse misure per arginare questi problemi ed evitare le reprimende degli alleati. A maggio è stato presentato un documento che promette un aumento «significativo» della spesa per la difesa: 73 miliardi di dollari canadesi nei prossimi due decenni.

Si prevedono spese per lo sviluppo della Marina, per nuovi sottomarini e armamenti. Si investiranno 401 miliardi per la creazione di capacità missilistiche a lungo raggio. Trudeau ha anche recentemente confermato che il paese sta cercando di inserirsi nel patto di sicurezza trilaterale Aukus, fra Usa, Regno Unito e Australia.

Per gli Usa non è abbastanza. Il problema delle spese per la difesa è legata all’opinione pubblica canadese, poco propensa ad aumentare il budget militare.

«Se fossimo costretti a scegliere tra la spesa per la difesa, i programmi sociali o la riduzione delle tasse, la difesa verrebbe sempre per ultima», ha detto Philippe Lagassé, presidente della Barton University presso la Carleton University, a Politico.

«Il pubblico canadese non vede la necessità» di spendere di più nella difesa, di conseguenza «non c’è alcun vantaggio politico nel mantenere l’impegno» richiesto dalla Nato, ha aggiunto Lagassé.

Una posizione problematica per un membro di un'alleanza militare che esiste soltanto se può dimostrare di essere capace di difendersi.

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