Un terremoto politico scuote l’Argentina. Con la vittoria dell’estrema destra alle primarie nazionali, Javier Milei è ora il candidato principale alle elezioni presidenziali di ottobre. La vittoria di questo mini-Trump argentino non doveva sorprendere, eppure lo ha fatto ugualmente. A pochi anni dalle sconfitte di Donald Trump negli Stati Uniti e Jair Bolsonaro in Brasile, molti argentini sembrano rifiutarsi di voler imparare dalla storia recente e dalle vicende più prossime.
Basta guardare il vicino dell’Argentina, il Brasile. Bolsonaro, che ha stretti legami con Milei, ha rovinato il Brasile con le sue politiche di odio, la sua inesperienza di governo e il suo desiderio di dittatura. Negli Stati Uniti, le politiche di Trump sono state velenose dal punto di vista sociale, culturale ed economico e hanno persino portato a tentativi di colpo di stato falliti.
La menzogna totalitaria ha contribuito all’ascesa e alla caduta di questi leader. Anche in questo Milei segue e imita Trump e Bolsonaro. Nel discorso di vittoria di domenica scorsa, Milei ha affermato che l’Argentina è stata la prima potenza mondiale del diciannovesimo secolo e ha promesso che l’Argentina avrà un posto di primo piano tra le potenze mondiali nel futuro prossimo.
Si è detto giustamente che Milei non sembra una persona equilibrata. Un maleducato inetto che urla, insulta e sembra non avere idea delle cose di cui parla: abolire la banca centrale, proporre un libero mercato per la vendita di organi o aprire un dibattito sulla possibilità che i bambini possano essere comprati o venduti dai loro genitori. Promette anche la fine ai politici presentandosi come un allevatore di mucche e presenta i suoi cani come i suoi “bambini”.
Milei pensa, o dice, che il cambiamento climatico sia una “bufala socialista” e che l’educazione sessuale faccia parte di un piano malvagio per distruggere la famiglia. Soprattutto, Milei si presenta come un fondamentalista del libero mercato, un libertario, ma il suo concetto di libertà non include il diritto all’aborto o la denuncia delle violazioni dei diritti umani dell’ultima dittatura militare (1976-1983). I suoi alleati internazionali sono Vox in Spagna, José Antonio Kast in Cile e ovviamente Bolsonaro.
In Argentina ha reclutato esponenti della vecchia politica (la chiama la “casta”) e, soprattutto, ha reclutato settori dell’estrema destra che si identificano con la dittatura militare. Da populista tipico, Milei se ne esce con soluzioni magiche nel momento in cui gli elettori vedono che i politici tradizionali non sono in grado di soddisfare le loro richieste.
Tutto questo fa sì che possiamo reinserire il “pazzo” Milei all’interno di un’ideologia e una pratica populista. Oltre alla natura ridicola o da clown del personaggio, Milei non deve essere sottovalutato poiché presenta un’ideologia chiaramente populista e antidemocratica. Quando dopo la sua rapida ascesa, uno stretto alleato (Carlos Maslaton) ha deciso di andarsene, ha detto a Milei in un messaggio pubblico: “la tua militanza è piena di nazisti”. Il pericolo del fascismo è concreto e non lo vede soltanto chi sta fuori.
In sintesi: come Trump e Bolsonaro, i politici del tipo di Milei sono contro il pluralismo in democrazia; sono populisti molto vicini al fascismo, rappresentano proposte reazionarie sulle armi e la famiglia; sono leader messianici; sono individui violenti, imprevedibili, e leader dei propri culti della personalità.
L’idea di “lasciarli andare tutti” (que se vayan todos) è che rimanga solo il leader del culto politico. Nel 2020, infatti, Milei ha annunciato così il suo ingresso in politica: “entro nel sistema per fargli il culo”. (Voy a meterme al sistema para sacarlos a patadas en el culo). Il suo punto di vista politico antipopulista si traduce in promesse di violenza contro nemici precostituiti. La promessa di porre fine a partiti e movimenti politici è una cosa relativamente nuova nella politica argentina degli ultimi anni, ma ha una storia nel fascismo e nel populismo.
Dobbiamo ricordare le nostre storie di violenza e dittatura. Come Trump e Bolsonaro o Giorgia Meloni in Italia (o Mussolini o Hitler) i media e le figure politiche di destra, o conservatrici, erano e continuano a normalizzare i politici come Milei. Nel suo discorso di ieri, l’ex presidente Mauricio Macri, che sfiderà Milei nelle prossime elezioni, ha voluto identificare la sua forza politica con un presunto paradigma politico che condivide con Milei.
Come possono essere un’opzione per le presidenziali di ottobre se invece di criticare Milei si congratulano con lui? Questo, ad esempio, non è accaduto in Francia con Marine Le Pen o in Brasile con Bolsonaro, che è stato sconfitto da un’alleanza di una vasta parte dello spettro politico che intendeva salvare la democrazia.
Per intenderci bene, Milei non è un liberale o un politico di centrodestra o un libertario. È un candidato populista di estrema destra con vocazione fascista. Una sua potenziale vittoria rappresenta un serio pericolo per la vita democratica in Argentina.
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