Dopo un mese dall’inizio del contrattacco, il capo degli stati maggiori congiunti Mark Milley dà la sua valutazione delle operazioni ucraini: si avanza lentamente, ma in modo costante. Nel frattempo, la Russia rivendica l’attacco contro il ristorante di Kramatorsk in cui sono morte 11 persone
La controffensiva ucraina sarà «lunga e molto sanguinosa». Il generale Mark Milley, capo degli stati maggiori congiunti delle forze armate americana, ha dato la sua visione sul contrattacco di Kiev a circa un mese dall’inizio dei combattimenti. L’avanzata ucraina «procede piano – ha detto – ma questa è la natura della guerra». Milley ha parlato a Washington in un incontro destinato ai giornalisti.
Le parole di Milley arrivano dopo settimane di speculazioni sullo stato della controffensiva ucraina, a lungo attesa ed iniziata in modo deludente. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ammesso che i progressi non sono soddisfacenti, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha già dichiarato fallite le operazioni ucraine.
Il generale Milley non è così pessimita. Gli ucraini, ha detto ai giornalisti «stanno avanzando lentamente ma costantemente, facendosi strada attraverso campi minati molto intricati. Procedono di 500, mille, millecinquecento metri al giorno». I progressi sono più lenti di quanti alcuni si aspettavano? «Una cosa è la guerra sulla carta, una cosa è la guerra sul campo. Ci sono veri esseri umani in quei veicoli fatti a pezzi dagli altri esplosivi».
Avanti piano
La controffensiva ucraina è inziata nei primi giorni di giugno e ha coinvolto principalmente due settori. Il fronte meridionale di Zaporizhzhia, che comprende anche la parte più occidentale dell’oblast di Donetsk, e il fronte orientale a nord e sud di Bakhmut, dove si era già combattuto intensamente per tutta la prima metà dell’anno.
Soprattutto sul fronte meridionale, dove i russi si attendevano l’attacco, gli ucraini hanno subito diversi rovesci su cui la propaganda russa ha ricamato a lungo, mostrando le immagini di mezzi di fabbricazione Nato abbandonati oppure distrutti.
Nonostante le perdite però gli ucraini sono riusciti ad avanzare costantemente, così come hanno fatto in Donbass. Inoltre, Kiev non ha ancora impiegato il grosso delle riserve accumulate per la controffensiva. Anche i russi stanno tenendo da parte i loro rinforzi. Le truppe di Mosca, inoltre, stanno ancora difendendo i loro avamposti e i combattimenti per il momento non hanno raggiungere le principali linee di difesa. «Ci vorranno sei, otto o forse dieci settimane per vedere come andranno queste operazioni. Saranno molto difficile, lunghe e sanguinose, nessuno deve farsi illusioni su questo», ha commentato Milley.
Cosa dice Kiev
La valutazione di Milley è una franca e diretta opionione di un alleato, che arriva poche ore dopo lo sfogo del suo omologo ucraino, il generale Valery Zaluzhny. Esasperato dalle richieste di accelerare che gli arrivano da più fronti, compresi alcuni alleati, Zaluzhny ha risposto bruscamente: «Questo non è uno show – ha detto Zaluzhny – Ogni metro che conquistiamo ci costa sangue».
Zaluzhny ha poi escluso la possibilità che le riserve vengano impiegate negli scontri prima che sia il momento opportuno. L’offensiva, ha chiarito, procederà con i tempi decisi dagli alti comandi ucraini, che non intendono farsi influenzare.
La Russia rivendica il bombardamento
Nel frattempo, Mosca ha nuovamente rivendicato l’attacco di mercoledì contro un ristorante nella città di Kramatorsk, nell’Ucraina orientale, in cui sono morte almeno 12 persone, tra cui tre minori, e altre decine sono rimaste ferite. L’attacco aveva immediatamente attirato l’attenzione per l’alto numero di morti e per via del bersaglio scelto: il ristorante all’interno di un centro commerciale, colpito con un missile di precisiono e quindi difficilmente frutto di un incidente.
Il presidente ucraino ha immediatamente defnito il bombardamento un crimine di guerra. In modo insolito, Mosca ha subito rivendicato l’attaco affermando di aver colpito un noto luogo di aggregazione di «soldati ucraini» e «mercenari stranieri». Ieri, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha ripetuto la giustificazione per l’attacco: «Se scopriremo altri punti di incontro di militari come quello di Kramatorsk li distruggeremo, perché questi sono coloro che ci hanno dichiarato guerra».
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