- È emblematico notare come da un capo all’altro del mondo, dal Polo nord al Polo sud, siano i delitti contro i bambini a incastrare i dittatori.
- Vedremo quando e se arriverà un verdetto per Vladimir Putin, contro il quale la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di cattura per la deportazione illegale di migliaia di piccoli ucraini.
- La mossa del procuratore Karim Ahmad Khan non è così insignificante dal punto di vista pratico se riuscirà a innescare un circuito virtuoso che permetta di perseguire i crimini più efferati dovunque e da chiunque vengano commessi, un anelito presente nella comunità internazionale fin dalla fine della Prima guerra mondiale a cui è seguito un passo importante, ma non risolutivo, con Norimberga.
È emblematico notare come da un capo all’altro del mondo, dal Polo nord al Polo sud, siano i delitti contro i bambini a incastrare i dittatori. Jorge Rafael Videla è stato condannato nel 2013, a 50 anni di reclusione per il rapimento dei figli dei desaparecidos. Erano passati trent’anni dai fatti.
Vedremo quando e se arriverà un verdetto per Vladimir Putin, contro il quale la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di cattura per la deportazione illegale di migliaia di piccoli ucraini, non essendo in punta di diritto perseguibile per il reato di aggressione in quanto capo di stato di un paese che non riconosce quel tribunale.
Le analogie finiscono con il capo di imputazione, ladri di bambini, e del resto i paragoni sono sempre zoppi. Videla ha avuto un processo in patria, in Argentina, dopo aver goduto per lungo tempo di una serie di amnistie. Putin viene messo sotto accusa da un tribunale che non è dotato di un organismo di polizia giudiziaria, ed è fantascienza hollywoodiana immaginare un commando che penetra dentro le mura del Cremlino per catturarlo. Tanto che in cuor suo forse sta parafrasando un suo beffardo predecessore: “Quante armate ha la Corte dell’Aia?”.
Scetticismo e preoccupazione
In modo esplicito, invece, parlano i suoi sodali a cominciare da Dmitrij Medvedev, ormai così estremo da risultare comico se non si trattasse di eventi tragici: «È possibile immaginare l’uso mirato di un ipersonico Onyx da una nave russa sul tribunale dell’Aia. Non è possibile abbatterlo, ahimé, ma il tribunale è solo una misera organizzazione internazionale non la popolazione di un paese della Nato, non inizierebbe una guerra per questo. Quindi giudici guardate attentamente il cielo. Il leader di un paese può essere giudicato solo se quel paese si è selvaggiamente indebolito e ha perso la sua sovranità o ha perso la guerra ed è capitolato».
La portavoce del ministero degli Esteri, l’ineffabile Maria Zakharova: «Il procuratore della Corte Karim Khan ha un fratello pedofilo. Il mandato d’arresto per Putin è stato emesso poco dopo che il fratello è uscito da un carcere inglese dopo aver scontato metà della pena. Non si vergognano più di niente. E comunque le decisioni di quel tribunale non hanno alcun significato per noi nemmeno dal punto di vista legale».
Lo scetticismo circa l’iniziativa giudiziaria dilaga. Gustavo Zagrebelsky, in un’intervista al Fatto Quotidiano, l’ha definita «dissennata» e ha citato il detto latino silent enim leges inter arma (tacciono le leggi in mezzo alle armi), teme un irrigidimento in direzione contraria alla pace e alla diplomazia. E tuttavia qualche preoccupazione a Mosca, al netto delle dichiarazioni reboanti, l’ha procurata se la stessa Zakharova ha citato la non punibilità dei russi come precondizione per una futuribile trattativa allo stato non alle viste.
I precedenti
Per una nazione che ambisce a tornare impero come la Russia non è piacevole avere al vertice una persona imputata di un delitto tanto atroce, sebbene la deportazione dei bambini venga derubricata dal codazzo di laudotores dello zar a qualcosa come un intervento umanitario a favore di migliaia di piccoli in difficoltà.
Intanto perché limita gli spostamenti, e dunque l’attività, di un leader che vorrebbe giocare un ruolo nel nuovo ordine mondiale. Lo Statuto di Roma che regola il funzionamento della Corte penale internazionale è stato siglato nel 1998 ed è entrato in vigore nel 2002. Gli stati parte sono 123 (sui 193 membri dell’Onu). Altri 32 lo hanno firmato ma non ratificato. Tra questi, pesi massimi come Stati Uniti, Russia e Israele. La Cina non lo ha nemmeno siglato.
Significa che in teoria Vladimir Putin potrebbe essere arrestato in due terzi del pianeta, una spada di Damocle perenne per un delitto che non si prescrive. Ad esempio le manette potrebbero scattare in Sudafrica dove è atteso dal 22 al 24 agosto per il vertice dei Brics. Esiste un precedente a suo favore: nel 2016 l’allora presidente Zuma si è rifiutato di rispettare gli impegni riconoscendo al presidente del Sudan Omar al-Bashir l’immunità da capo di stato prevalente sul mandato d’arresto dell'Aia.
Al-Bashir è stato poi deposto per un’insurrezione del suo stesso popolo e dopo un colpo di stato incruento nel 2019. Non meglio è andata ad altri leader finiti nel mirino di organismi giudiziari internazionali. Charles Taylor, presidente della Liberia, sta scontando una condanna a 50 anni in un carcere di sicurezza inglese per le atrocità commesse dai suoi uomini in Sierra Leone. Radovan Karadžić, capo politico dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia, paga con l’ergastolo il genocidio dei musulmani. Destino a cui è sfuggito Slobodan Milošević, accusato di crimini contro l’umanità, perché è deceduto prima del verdetto in un carcere olandese.
Democrazie contro dittature
Ovviamente la statura di Putin è diversa e maggiore. E tuttavia la mossa del procuratore Karim Ahmad Khan non è così insignificante dal punto di vista pratico se riuscirà a innescare un circuito virtuoso che permetta di perseguire i crimini più efferati dovunque e da chiunque vengano commessi, un anelito presente nella comunità internazionale fin dalla fine della Prima guerra mondiale a cui è seguito un passo importante ma non risolutivo con Norimberga.
Le vie possibili da percorrere sono due. La prima: l’istituzione di un tribunale ad hoc per la guerra in Ucraina, analogo a quello varato negli Anni Novanta per i Balcani: si supererebbe l’impossibilità attuale della Corte dell’Aia di processare Putin, per aggressione, genocidio, crimini contro l’umanità. Accuse che potrebbero scuotere anche la ora silente opinione pubblica russa.
Il secondo: rafforzare la Corte penale internazionale. E qui sarebbe indispensabile la disponibilità di Stati Uniti e Israele ad aderire. Non lo hanno mai fatto nel timore che possano finire sotto indagine i propri cittadini: quelli americani impegnati in teatri di conflitto in varie parti del mondo e i soldati israeliani impegnati nella Cisgiordania sotto occupazione.
Se lo scontro, oggi, è sempre più palesemente democrazie contro dittature, una scelta totale di campo andrebbe fatta. Per difendere i valori dell’occidente di cui tanto andiamo fieri pur se questo comporta che anche nel nostro campo qualcuno potrebbe finire alla sbarra.
© Riproduzione riservata