«Il valico di Rafah aprirà nelle prossime 24-48 ore», dicono gli Usa. Hamas libera due americani. Israele presenta la strategia di guerra, mentre al Cairo si tiene il summit per evitare l’escalation
Hamas ha dichiarato ieri sera di avere liberato due ostaggi americani, una madre e la figlia, sulla base delle precarie condizioni di salute della donna più anziana. Un portavoce del gruppo terroristico ha detto che il gesto «dimostra al popolo americano e al mondo che le accuse mosse da Biden e dalla sua amministrazione fascista sono false e infondate». Il presidente americano non ha commentato nell’immediato la notizia diffusa da Hamas, ma in queste ore, dopo il discorso con cui ha di nuovo proiettato il film della leadership americana nel mondo, il presidente lavora su tutti i fronti. Sul valico con l’Egitto innanzitutto, la chiave per la situazione umanitaria.
«Il valico di Rafah aprirà nelle prossime 24-48 ore», ha fatto sapere ieri sera l’amministrazione. Il presidente aveva spinto per l’apertura del confine con l’Egitto nel corso della visita in Israele e la decisione era stata presa all’unanimità durante il gabinetto di guerra israeliano: «Come sapete, abbiamo ottenuto un impegno (a fornire gli aiuti umanitari a Gaza da Rafah) da parte degli israeliani, incluso il voto unanime del loro gabinetto di guerra e del Primo ministro. E la seconda cosa era che volevo assicurarmi che ci fosse un veicolo, un meccanismo, affinché ciò potesse accadere rapidamente», aveva detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva preso tempo, forse pensando di poter incassare il sostegno americano di parte dei 105 miliardi di aiuti chiesti da Biden al Congresso per Israele, Ucraina, Taiwan e confine del Messico, senza rispettare gli impegni presi alla moderazione. Tergiversare in questo momento potrebbe essere una scelta molto pericolosa.
L’Egitto e Israele infatti sono rimasti in disaccordo sui dettagli della fornitura di aiuti a Gaza, hanno detto fonti diplomatiche, compreso se consentire l’ingresso di carburante (senza di cui non funzionano i generatori di corrente per gli ospedali) e come effettuare lo screening delle armi. Si vedrà se sarà ascoltato l’appello del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha affermato: «È impossibile essere al valico di Rafah e non avere il cuore a pezzi. Dietro queste mura ci sono due milioni di persone a Gaza senza acqua, cibo, medicine, carburante. Da questa parte, questi camion hanno ciò di cui hanno bisogno. Dobbiamo farli spostare, il prima possibile, quanti sono necessari». Un appello giunto mentre la notte scorsa è stata colpita la sala adiacente alla chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza, che offriva rifugio a 411 persone, provocando 11 morti. L’esercito di Israele ha ammesso di aver colpito un muro vicino alla chiesa.
Il summit al Cairo
L'Egitto ha in programma di ospitare oggi una conferenza internazionale per discutere dell'escalation della guerra a Gaza. Fitto l'elenco dei partecipanti attesi finora al Summit del Cairo: il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, il re giordano Abdullah, Il re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa, Il principe ereditario del Kuwait, Sheikh Meshal al-Ahmad al-Sabah, la premier italiana Giorgia Meloni, Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, quello greco Kyriakos Mitsotakis oltre ai ministri degli Esteri tedesco, francese, giapponese, britannico, norvegese e Ue, al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. La premier Meloni potrebbe, secondo fonti di Palazzo Chigi, proseguire con una visita in Israele mentre ieri il, ministro degli esteri Antonio Tajani era a Tunisi dove nel corso dei colloqui ha fatto un appello a tutti a rispettare i diritti umani.
Decisa l’invasione
Ma da Israele giungono notizie di segno diverso. «La decisione di lanciare l'operazione di terra nella Striscia di Gaza è stata presa». A dirlo è l'ambasciatore israeliano in Russia, Alexander Ben Zvi, all'agenzia Tass. «Direi che la decisione è stata presa - ha detto -. Perché la decisione è legata all'adempimento dei nostri compiti, di cui abbiamo già parlato. Distruggeremo le organizzazioni terroristiche di Hamas e libereremo gli ostaggi. Questo non può essere fatto senza un'operazione di terra».
A conferma delle parole dell’ambasciatore è arrivata la conferma da parte del ministro della Difesa. Sono tre le fasi con le quali Israele intende eliminare Hamas nella Striscia. Lo ha detto alla Knesset il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant secondo cui la prima fase è «un impegno prolungato di fuoco su Gaza con una manovra di terra per l'eliminazione dei membri di Hamas e delle strutture» della fazione. La seconda è «una fase intermedia per eliminare i nidi di resistenza».
La terza - secondo Gallant - è «la creazione nella Striscia di una nuova realtà di sicurezza sia per i cittadini di Israele sia per gli stessi abitanti di Gaza». Ma quale nuova realtà? Il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha lasciato intendere che Israele potrebbe annettere parte di Gaza in un’intervista radiofonica rilasciata mercoledì. Cohen è stato riportato dal Times of Israel in questi termini: «Alla fine di questa guerra, non solo Hamas non sarà più a Gaza, ma anche il territorio di Gaza diminuirà».
Ostaggi la maggior parte vivi
Quanto agli ostaggi la Bbc ha detto che Israele ha rifiutato una tregua in cambio del rilascio degli ostaggi. Inoltre secondo l’esercito israeliano sarebbe viva la maggior parte delle circa 200 persone rapite in Israele dai terroristi di Hamas e portate nella Striscia di Gaza. «La maggior parte degli ostaggi è viva. A Gaza ci sono anche cadaveri» di persone uccise in Israele e portati nella Striscia, ha dichiarato l'esercito.
Tutto questo mentre si rischia un conflitto regionale. Le sirene hanno suonato sia nel Sud che nel Nord di Israele, per lanci di razzi provenienti da Gaza e dal Libano e una nave statunitense nel Mar Rosso settentrionale ha abbattuto missili e diversi droni lanciati dalla Siria e dai ribelli Houthi in Yemen e «potenzialmente diretti verso obiettivi in Israele», ha detto il Pentagono.
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