- La Polonia sta giocando un ruolo insolitamente sproporzionato rispetto al suo peso politico nella guerra in Ucraina.
- L’invasione russa ha rivoluzionato la politica di sicurezza e difesa europea, paesi come la Polonia e i baltici hanno dimostrato un attivismo determinante nel trascinare gli altri partner occidentali verso decisioni coraggiose.
- Le previsioni di Varsavia sono forse troppo ottimistiche, ma le aperture negoziali del Cremlino, oltre all’invio di riserve e mercenari, segnalano una debolezza del regime di Putin che la Polonia vuole sfruttare sino in fondo per vincere la guerra.
La Polonia sta giocando un ruolo insolitamente sproporzionato rispetto al suo peso politico nella guerra in Ucraina. Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha guidato a Kiev una delegazione europea composta dagli omologhi sloveno e ceco, oltre che dal politico Jarosław Kaczyński e dal ministro degli esteri lituano. L’attivismo polacco va dalla dimensione politica a quella militare.
Dai primi giorni del conflitto, quando l’Unione europea sembrava esitare, Varsavia ha annunciato la creazione di un’alleanza con Regno Unito e Ucraina per assistere il paese invaso.
La Polonia si è fatta carico da sola di quasi due milioni di rifugiati e la sua frontiera è divenuta uno snodo strategico per la fornitura di aiuti.
Il collegamento dell’Ucraina con Slovacchia, Ungheria e, in parte, Romania, è ostacolato dai monti Carpazi. Me ne resi conto quando per l’Osce viaggiai in treno da Leopoli a Uzhorod, una città multietnica al confine slovacco: il passaggio attraverso la catena montuosa rende impossibile un rifornimento militare rapido verso Kiev.
La pianura polacca, invece, garantisce un facile canale di approvvigionamento. Varsavia ha sempre vissuto come una minaccia il vicino russo e ultimamente la mutazione della Bielorussia da alleato di Mosca a vero e proprio stato vassallo ha inasprito questo timore.
Ottimismo e timore
Gli esperti polacchi mostrano ottimismo e determinazione sull’esito del conflitto. Non dobbiamo commettere l’errore di considerare le opinioni polacche tutte frutto del nazionalismo conservatore di Kaczyński. È ad esempio il caso di Zbigniew Pisarski, presidente del Warsaw Security Forum, una tra le più importanti conferenze annuali sulla sicurezza in Europa.
Negli anni passati, il governo di destra polacco ha flirtato con l’amministrazione Trump, addirittura con la proposta di intitolare al presidente repubblicano una base militare nel paese. Il Warsaw Security Forum di Pisarski mantenne un approccio critico verso le politiche di Trump, perciò Kaczyński diede disposizione ai ministri polacchi di boicottare la conferenza e non partecipare. Eppure, il laconico commento di Pisarski alla domanda sulla crisi è emblematico: ne parliamo appena l’Ucraina vincerà.
Questa fiducia nella resistenza di Kiev è trasversale nella comunità degli esperti polacchi ed è dettata più da un imperativo strategico che dall’osservazione degli eventi.
Per la Polonia, Volodymyr Zelensky sta combattendo contro Putin per tutta l’Europa e una vittoria ucraina è divenuta la priorità per far collassare il regime di Mosca. Sembrano confermare tale visione le dichiarazioni del direttore dei servizi russi Sergej Naryshkin, quello umiliato in tv da Putin, secondo cui «ora si decide il fato della Russia e il suo posto nel mondo».
Nel 2019 sono stato invitato a visitare l’ufficio di Sicurezza nazionale (Bbn), l’agenzia polacca responsabile di fornire analisi strategiche e intelligence al capo dello stato e al Consiglio di sicurezza nazionale. I dirigenti ritenevano concreta e diretta la minaccia militare russa, che monitoravano anche a livello di controspionaggio e infiltrati. Molti analisti dell’Europa occidentale consideravano eccessivo e isterico l’allarme nei confronti di Mosca, ma oggi si sono dovuti ricredere.
Un funzionario dell’organismo governativo polacco sostiene che finalmente l’occidente ha capito che non è possibile cooperare con la Russia di Putin. Le sue valutazioni sono in linea con quelle di Pisarski, cioè che Mosca abbia sostanzialmente fallito nei suoi obiettivi iniziali ed è incapace di un’azione militare decisiva. A suo parere il potere delle sanzioni è molto più incisivo di una no fly zone e la Russia è sull’orlo del fallimento economico.
È la svolta?
I polacchi più di chiunque altro vedono la guerra in Ucraina non come un mero conflitto, ma come una svolta nel quadro di sicurezza europea e pensano che una Russia perdente sarà ridimensionata.
Non tutti concordano con tale previsione sull’esito dell’invasione, ma è prematuro anche dichiarare la disfatta dei difensori, che hanno dimostrato capacità di resistenza impressionante. Il Cremlino è stato costretto a schierare riserve dalle guarnigioni in Armenia e Ossezia del Sud per sostituire i gruppi tattici di battaglione distrutti, i mezzi persi ammontano ormai a 1.400.
La Russia, prosegue il funzionario polacco, non attacca a causa di “provocazioni” come vuole far credere la sua propaganda, bensì quando vede l’opportunità e percepisce la debolezza occidentale. In questo caso Putin ha tuttavia fatto male i suoi calcoli, forse convinto da rapporti trionfalistici della sua intelligence.
La risposta a Putin
La verità è che le forze armate russe non combattono una guerra convenzionale da decenni, salvo la breve parentesi georgiana, e si sono dimostrate impreparate e inadeguate.
Per l’ufficiale del Bbn, le armi anticarro e antia eree arrivate da ovest sono importanti ma non sufficienti, servono armamenti pesanti come il sistema missilistico S-300 per abbattere i bombardieri russi ad alta quota. Nel suo discorso al Congresso americano, Zelensky ha ribadito la richiesta di fornire i 23 MiG-29 ceduti dalla Polonia nella base tedesca di Ramstein, che però hanno ricevuto uno stop dal Pentagono per i timori di un’escalation globale.
La Polonia vorrebbe acquistare droni d’attacco Reaper armati con missili Hellfire dagli Stati Uniti, per poi cederli all’Ucraina. Questi sarebbero più efficaci e letali dei droni turchi Bayraktar. Anche sulle scorte di armamenti russi circolano pareri contrastanti: secondo il funzionario polacco, Mosca presto non sarà più in grado di produrre missili balistici e bombe a causa delle sanzioni e dell’embargo, perché includono alcune componenti molto specifiche non facili da reperire. Forse va in questo senso la richiesta di supporto tecnico a Pechino.
Fragilità strategica
Secondo altri esperti di armamenti, invece, la Russia dispone di scorte molto ampie di missili e la sua industria bellica è una delle poche al mondo (insieme a Stati Uniti, Cina e, parzialmente, Francia) completamente autonome, dalle materie prime sino al prodotto finale. In ogni caso, anche se la produzione non si fermasse, va ammessa la scarsa precisione dei russi.
Con oltre mille tiri balistici lanciati contro le infrastrutture critiche ucraine, i risultati sono alquanto scadenti perché la macchina di difesa ucraina continua a funzionare, compresa la componente aerea e antiaerea.
L’esponente polacco del Bbn afferma che ci sono anche altri fattori che contribuiscono alla fragilità della strategia russa. Ritiene che la Bielorussia non parteciperà attivamente alla guerra e anche nel caso in cui Lukashenko dovesse dare l’ordine di attacco ci sarebbero forti opposizioni tra soldati e ufficiali. Le loro truppe sarebbero comunque arginate e non potrebbero spingersi oltre 20-30 km dal confine.
Questo dato è confermato dall’opposizione bielorussa e dalle continue azioni di sabotaggio alla ferrovia, infrastruttura vitale per l’afflusso di rinforzi. Anche la resistenza interna all’Ucraina sarà fatale per i russi, sostiene l’intelligence di Varsavia. Il funzionario ricorda che gli occupanti per adesso stanno operando in regioni a maggioranza russofona, eppure incontrano resistenza.
Effettivamente gli esponenti politici di Kharkiv, che sino all’invasione erano filorussi, hanno condannato l’attacco e i brutali bombardamenti. I cittadini di quella città sono russofoni, eppure protestano e chiedono ai soldati di andarsene.
Se questa è la reazione nelle zone russofone, dice il funzionario, possiamo immaginare che nella parte del paese a cultura ucraina non protesteranno a parole, ma con molotov e fucili.
La rete di Varsavia
L’attività di lobbying e persuasione di Varsavia non è solo nei confronti di Washington, ma anche dell’Unione europea, come testimonia la chiamata di Morawiecki a Charles Michel subito dopo il viaggio a Kiev. Kaczyński ha persino evocato l’invio di una forza di pace europea, ipotesi al momento irrealizzabile. Ma la Polonia ha un ruolo fondamentale anche nell’afflusso di volontari stranieri nella cosiddetta Legione internazionale, che si radunano a Przemysl o in altre località sul confine prima di arrivare a Leopoli.
È improbabile che questo reparto avrà un ruolo decisivo nel conflitto, pur contando già su ventimila volontari. La storia ci insegna che le unità multinazionali, sin dai tempi delle brigate internazionali in Spagna, hanno problemi di coordinamento dovuti alle lingue, alla disciplina e all’addestramento dei singoli membri.
Si tratta comunque di un fenomeno di massa, diverso dai casi di estremisti di destra europei che si unirono al battaglione Azov o ai filorussi nel Donbass negli anni passati.
Nella Legione internazionale ci sono volontari di ogni tipo, alcuni certamente spinti da ideologia politica, altri da semplice solidarietà, motivazioni personali o sull’onda dell’emozione. Le forze speciali ucraine - che hanno il rango di forza armata al pari di esercito e aviazione - stanno pianificando una campagna insurrezionale nelle regioni occupate.
In tale resistenza potrebbero avere un ruolo più efficace i volontari stranieri, oltre che i civili arruolati nella difesa territoriale e i duecentomila riservisti richiamati, che raddoppiano le forze ucraine. Mosca potrebbe anche riuscire a occupare una parte del paese, ma non ha le forze per mantenere il controllo e amministrarlo senza ingenti perdite e una guerriglia logorante.
Non è da escludere che le forze speciali polacche assumano un ruolo simile a quello che i servizi pachistani avevano per i talebani in Afghanistan, cioè di retroterra dove i resistenti ucraini possono rifornirsi, curarsi e ottenere appoggio logistico, prolungando un conflitto a bassa intensità di mesi.
L’invasione russa ha rivoluzionato la politica di sicurezza e difesa europea, paesi come la Polonia e i baltici hanno dimostrato un attivismo determinante nel trascinare gli altri partner occidentali verso decisioni coraggiose.
© Riproduzione riservata