Arrivato a Giacarta, Francesco ha incontrato un gruppo di rifugiati. Ma al centro della sua visita c’è il modello di convivenza fra religioni che attraversa una crisi
È un viaggio non semplice quello del papa in Asia e Oceania, e non solo per le evidenti difficoltà rappresentate dalla distanza, dalla durata (dal 2 al 13 settembre), dall’età e dalle condizioni di salute del pontefice; tutto questo naturalmente avrà il suo peso, ma, al tempo stesso la situazione politica e sociale dei paesi che il papa vuole visitare offre diversi spunti d’interesse. Dall’Indonesia alla Papua Nuova Guinea, da Timor Est a Singapore, sarà un tour nel cuore di un’Asia in tumultuosa crescita economica, dove al contempo non mancano gli elementi di forte crisi, una regione caratterizzata dalla presenza di molte tradizioni religiose, in cui il cattolicesimo è una minoranza attiva e in crescita e dove non mancano problemi legati all’esercizio della libertà religiosa.
Prima tappa della visita di Bergoglio è quindi l’Indonesia e la sua capitale Giacarta; il più grande paese musulmano del mondo è anche quello che ha provato a sperimentare una forma di convivenza multireligiosa ampia e concreta; la libertà religiosa è infatti sancita nella sua costituzione, che riconosce ufficialmente sei religioni: islam, buddismo, confucianesimo, induismo, protestantesimo e cattolicesimo (problemi sorgono per chi si dichiara non credente o per chi segue le tradizioni religiose locali).
È probabile che Francesco sottolinei n ogni caso questa tradizione di tolleranza religiosa e la celebri come un messaggio valido a livello globale.
Tuttavia, l’integralismo islamico, associato a derive politiche autoritarie, rischia di mandare in frantumi il modello indonesiano. Alla fine di agosto, violente proteste di piazza hanno evitato che il parlamento approvasse una riforma del sistema elettorale sfavorevole all’opposizione proprio a ridosso di importanti elezioni amministrative che si terranno il prossimo novembre, cioè subito dopo che il presidente Joko “Jokowi” Widodo avrà lasciato l’incarico il 20 ottobre a Prabowo Subianto, l’ex generale risultato vincitore delle elezioni dello scorso febbraio insieme a Gibran Rakabuming, che sarà vicepresidente, figlio dello stesso Widodo.
C’è poi il capitolo della crescente influenza dei movimenti islamici radicali nel paese: in molti distretti sono state applicate norme derivate dalla sharia, la legge islamica. Un altro aspetto che fa discutere è quello relativo alla limitazione che di fatto viene imposta alla costruzione di nuovi luoghi di culto. Secondo quanto ha detto all’agenzia di stampa missionaria Asianews, padre Paulus Budi Kleden, dal 22 agosto alla guida dell’arcidiocesi di Ende, nell’isola di Flores cuore del cattolicesimo indonesiano, «l’armonia sociale, oggi, è messa in pericolo da alcuni politici che sfruttano le questioni religiose o l’identità religiosa per ottenere voti.
Anche l’insensibilità alla costruzione di edifici religiosi dove ci sono solo pochi fedeli di quella religione è un altro fattore. Come pure quello economico: quando gli abitanti di un luogo che sono credenti di una religione vedono che i loro vicini di altre religioni ricevono maggiori privilegi e sostegno per avviare e gestire le proprie attività, si creano tensioni».
Non per caso, il tema del dialogo interreligioso è fra quelli più rilevanti del viaggio del papa; d’altro canto anche in Indonesia sono presenti spinte riformatrici accanto a pulsioni integraliste. Così Francesco, incontrando il grande imam, Nasaruddin Umar, prenderà parte a un incontro interreligioso nella moschea di Istiqlal, la più grande dell’Indonesia; quindi i due leader religiosi firmeranno una dichiarazione congiunta. Da sottolineare, ancora, che la moschea è collegata alla cattedrale cattolica di Giacarta, che si trova di fronte a essa, da un passaggio sotterraneo denominato “tunnel dell’amicizia” che sarà visitato dal papa e dal grande imam.
Santa sede e Cina
C’è infine una questione, non certo ultima per importanza, che rientra nei temi non scritti del viaggio, ovvero il rapporto fra la Santa sede e la Cina, in una regione in cui Pechino esercita un’enorme influenza. In proposito, il segretario di Stato Pietro Parolin, parlando con Vatican News della tappa di Singapore, ha osservato: «La popolazione della città-stato, è in maggioranza di etnia cinese», dunque Singapore «costituisce un luogo privilegiato per dialogare con la cultura e con il popolo cinesi in generale».
Quindi ha aggiunto: «Due – prossimamente tre – dei paesi coinvolti nella visita papale sono membri dell’Asean (associazione nazioni sud-est asiatico, presto entrerà a farvi parte Timor Est, ndr), una comunità che comprende anche altre importanti Nazioni dell’area quali, ad esempio, il Vietnam ed il Myanmar. La vicinanza e il messaggio di pace che papa Francesco porterà durante questo viaggio sono ugualmente rivolti anche a tutte queste realtà».
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