Ora Hezbollah teme la sua ombra. Dopo un uno-due micidiale, con attacchi hacker israeliani ai cerca-persona e ai walkie-talkie compiuti nell’arco di poco più di 24 ore in tutto il Libano e nella vicina Siria, le file operative del partito armato libanese sono descritte come “pietrificate” dal sospetto e dal terrore di essere ormai facile preda del nemico, capace di trasformare in bombe letali ogni dispositivo elettronico presente nella loro quotidianità di combattenti e funzionari, così come nella loro intimità giornaliera di padri di famiglia, figli, mariti.

Con il duplice attentato di martedì e mercoledì, Israele ha colpito il cuore e i nervi di un'intera comunità politico-religiosa. Non sono al riparo da altri possibili clamorosi attacchi membri di altri partiti armati minori ma comunque alleati di Hezbollah. A essere colpiti sono stati finora combattenti in prima linea nel sud del Libano e nelle retrovie logistiche della valle orientale della Bekaa, funzionari politici, portaborse, famiglie di deputati nel cuore strategico del partito, la periferia sud di Beirut.

Se la struttura del partito prevede una compenetrazione organica tra ambiti militari e civili, tra amministrazione civile e politica, le migliaia di micro-cariche esplosive piazzate dal Mossad israeliano nei cerca-persona e in altri dispositivi di comunicazione hanno preso di mira proprio un ampio spettro di membri del più organizzato attore militare non statuale del Medio Oriente arabo. Non si hanno notizie accurate e verificabili di quante vittime Israele sia riuscita a mietere nelle trincee, nei bunker e nei cunicoli di Hezbollah.

Ma è certo che sia i cerca-persona sia i walkie-talkie sono ampiamente usati dai membri del partito libanese sotto e sopra la terra. «Ci sono ora forti resistenze nel comunicare dati sensibili perché si teme che anche la rete fissa sia infiltrata», afferma Abu Hasan, pseudonimo di un funzionario di medio rango di Hezbollah basato nella periferia sud e in contatto con combattenti in prima linea al sud. Il riferimento è alla presenza da più di un decennio di una rete telefonica fissa parallela a quella dello Stato libanese e organizzata da Hezbollah subito dopo la guerra del 2006 con Israele.

«Quella linea però non viene usata per ogni tipo di comunicazione»; afferma Abu Hasan. «Mentre i cercapersone venivano fino a ieri usati per richiamare al fronte i combattenti in licenza, o per fornire istruzioni logistiche agli amministrativi, ai medici e ai paramedici, per avvertirli della presenza di possibili minacce, come raid aerei o di artiglieria».

I walkie-talkie, usati come esplosivi, sono invece solitamente affidati a un numero più ristretto di membri del partito, per lo più addetti al servizio d’ordine in cerimonie pubbliche. Proprio alcuni cortei funebri sono stati presi di mira da queste detonazioni. A Baalbeck una donna è rimasta ferita al volto, mentre un addetto di Hezbollah nei pressi della bara di un “martire” è stato ucciso dalla detonazione dell’apparecchio che aveva appoggiato all’orecchio. Già in precedenza il leader Nasrallah aveva a più ripreso invitato i membri del partito e i loro familiari a non usare i telefoni cellulari per il timore che potessero essere usati da Israele come dispositivi di spionaggio. Nel contesto del caos e del terrore diffusosi a Beirut e in diverse aree del paese, «siamo ora lontani da ogni dispositivo… ma così siamo tagliati fuori», afferma Husayn M. a Baalbek, seguace del movimento e membro di una famiglia che storicamente ha un ruolo di leadership nell’organizzazione militare.

L’ordine, diffuso col passaparola tra persone fidate, è di attendere che il partito riorganizzi i suoi ranghi e, soprattutto, metta in piedi, a guerra in corso, un nuovo protocollo di comunicazione interna. «Siamo come piccioni in gabbia, ci sentiamo nudi di fronte al nemico capace di colpirci quando e dove vuole», confessa Abu Hasan.

L’esplosione dei cerca-persone non ha solo ucciso, tra gli altri, il figlio del deputato Ali Ammar, e ha ferito il figlio di un altro deputato, Hassan Fadlallah. Ma ha ferito anche il figlio del potente Wafiq Safa, a capo proprio del servizio di sicurezza del partito.

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