Nel corso di una manifestazione pacifica, i docenti del paese si sono radunati a Yangon, la città più popolosa del paese, intonando canti di sostegno nei confronti della governo rovesciato dall’esercito
Gli insegnanti birmani si sono ribellati al golpe militare che il 1° febbraio ha rovesciato il governo guidato da Aung San Suu Kyi. Nel corso di una manifestazione pacifica, i docenti del paese si sono radunati a Yangon, la città più popolosa del paese, intonando canti di sostegno nei confronti della politica e indossando un fiocco rosso, il colore del suo partito, la Lega nazionale per democrazia (Nld). Gli insegnanti non sono gli unici a non volere il ritorno della dittatura militare nel paese.
Nel corso della notte del 5 febbraio centinaia di abitanti di Yangon e di altre città hanno manifestato il proprio dissenso battendo con i mestoli le pentole. Il regime ha finora represso le proteste e ha chiuso Facebook diventato il principale luogo di raduno dei sostenitori di Suu Kyi.
L’arresto di Suu Kyi
Nel frattempo continua a preoccupare il destino dei membri dell’Nld e della stessa Suu Kyi. Un membro del partito ha detto che la donna si trova agli arresti domiciliari ed è in buone condizioni di salute. La politica è accusata di import illegali di wakie talkie e rimarrà confinata almeno fino al 15 febbraio.
Considerata il simbolo della lotta per la democrazia e per questo vincitrice del premio Nobel per la Pace nel 1991, Suu Kyi era stata riconfermata insieme al suo partito alla guida del paese dalle elezioni di novembre. I militari non avevano però accettato il risultato e avevano accusato l’Nld di avere commesso brogli elettorali.
Le reazioni internazionali
La comunità internazionale ha condannato in maniera pressoché unanime il golpe militare in Myanmar. Il presidente americano, Joe Biden, ha detto di essere pronto a fermare gli aiuti allo sviluppo del paese se l’esercito non rispetterà i diritti democratici della popolazione.
Anche l’Unione europea e le Nazioni unite hanno criticato duramente i golpisti. Più ambigua la posizione cinese. Il regime di Pechino ha bloccato una risoluzione Onu che mirava a condannare formalmente il colpo di stato.
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