A Gilan, in Iran – un paese dove essere omosessuali è punibile con reclusione, abusi e morte – una serie di filmati sui social network mostrano alcuni mullah impegnati in rapporti omosessuali. Il primo video, pubblicato il 18 luglio su Telegram, su un canale chiamato “Gilan News”, mostrava Reza Seghati, direttore generale dell’ufficio del ministero della Cultura nella provincia di Gilan, nel nord dell’Iran, mentre aveva rapporti con un altro uomo.

Il 21 luglio un altro filmato ritraeva Mohammad Safari, fondamentalista e membro del consiglio municipale di Anzali – anch’essa cittadina della provincia di Gilan –,  mentre fumava oppio e si masturbava guardando il cellulare, pratica vietata dalle istituzioni religiose del paese.

Poi il 30 luglio è emersa sui social media una presunta videochiamata esplicita tra due mullah, ossia le autorità religiose del regime. Il primo dei due è Mahdi Haghshenas, ex deputato dell’Ufficio per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio sempre nella provincia di Gilan, l’altro invece suo cognato. La diffusione di questi video contribuisce a evidenziare l’ipocrisia del regime.

Reazione del regime

Il dipartimento di orientamento culturale e islamico di Gilan ha rilasciato una dichiarazione il 22 luglio, in cui ha fatto riferimento al «sospetto passo falso del direttore dell'orientamento islamico a Gilan» e di «aver deferito il caso alle autorità giudiziarie», ma Seghati non avrebbe subìto finora alcuna azione legale e secondo i media iraniani sarebbe solo stato «sostituito» come direttore generale senza alcuna spiegazione

Invece il regime sta perseguendo la persona che ha pubblicato il video, tanto che l’utente ha affermato che diversi giorni dopo la pubblicazione del filmato su Telegram di essere stato minacciato di morte e che i suoi familiari sono stati sotto arresto in Iran per diverse ore. 

Il vicepresidente del parlamento della Repubblica islamica, Mojtaba Zolnouri, ha dichiarato: «Il crimine di coloro che hanno diffuso questi video è maggiore di quello dei fornicatori». Mentre lo stesso dipartimento della Cultura ha messo in guardia dall’usare il video per «indebolire l’onorevole fronte culturale della rivoluzione islamica».

Ipocrisia

A poco più di un anno dall’inizio delle proteste in Iran, la diffusione di questi video sta scatenando indignazione sui social media. Gli utenti accusano i funzionari non per la loro vita privata ma per l’ipocrisia con cui governano il paese.

A esempio, Reza Seghati è un conservatore intransigente intenzionato restringere ulteriormente le libertà sociali delle donne e inasprire le norme sul velo obbligatorio. Nonostante sia stato definito un «campione dei valori islamici e della famiglia islamica» dai conservatori, questi video affermano che sta conducendo una doppia vita.

Haghshenas invece lo ricordano in molti per la condanna a Vida Movahed, una delle prime attiviste contro il velo obbligatorio, arrestata quando nel 2017 si tolse l’hijab e salì su una colonnina elettrica sventolando un velo bianco in segno di protesta.

Arash, un attivista iraniano che vive in Europa, ha detto che questi casi servono a denunciare l’ipocrisia del regime che impone con la forza la sua presunta morale» e aggiunge che per il paese «è arrivato il momento di fare un passo avanti sui diritti Lgbt».

© Riproduzione riservata