Dopo la risoluzione dell’Assemblea generale per l’adesione all’Onu della Palestina come membro effettivo, il governo di Tel Aviv teme che gli Stati Uniti in Consiglio di Sicurezza possano decidere di non mettere il veto: un segnale politico verso la via dei due stati. I volantini in arabo di Idf per chiedere l’evacuazione. Il rapporto ambiguo del Dipartimento di Stato Usa sulle armi e la violazione dei diritti umani
Dopo la risoluzione dell’Assemblea generale per l’adesione all’Onu della Palestina come membro effettivo, Israele teme che nel Consiglio di sicurezza che ha l’ultima parola, gli Stati Uniti possano decidere di non alzare la mano e mettere il veto, come fatto finora, aprendo di fatto la strada all’ingresso statuale dell’Anp, guidata da Abu Mazen, nelle Nazioni Unite.
Un segnale politico che aprirebbe la via alla realizzazione di quel piano ambizioso dei due stati, tante volte annunciato dai tempi degli accordi di Oslo, ma mai realizzato anche a causa del disinteresse americano, e che darebbe una prospettiva politica alla Striscia di Gaza e alla Cisgiordania, due entità unite in un’unica entità nazionale palestinese. Eppure il governo Netanyahu, isolato e intransigente, non sembra cedere alle pressioni sia americane sia della comunità internazionale, e promette di «proseguire da solo» nella guerra contro Hamas.
Mentre il bilancio delle vittime a Gaza ha raggiunto il numero di 35mila, la maggioranza dei paesi all’Onu sembrano aver voltato le spalle al governo nazionalista di Israele. Le conseguenze di queste prese di distanza non sono da sottovalutare nel medio periodo secondo il Nyt, perché rischiano di trasformare Tel Aviv in un paria internazionale. Possibile? Staremo a vedere.
L’evacuazione di Rafah
L'esercito israeliano ha chiesto alla popolazione di altri quartieri della città di Rafah di evacuare le loro abitazioni, utilizzando volantini in arabo, mentre si intensificano i combattimenti nella città più a sud della Striscia di Gaza. Il portavoce in arabo dell'Idf, Avitai Adraee, ha diffuso una lista di nuove zone da evacuare in aggiunta e diverse da quelle orientali indicate la scorsa settimana.
Le nuove zone da evacuare riguardano i campi di Shaboura e i quartieri di Geneina e Khirbat al-Adas. Siamo dunque di fronte a un cambio di strategia strisciante con una dichiarazione ufficiale di un’operazione “limitata” che invece colpisce periferia, centro, nord e sud di Rafah, e che assomiglia sempre più a un’azione totale.
In questo quadro le trattative per una tregua e il rilascio di altri ostaggi sono in stallo al Cairo nonostante gli sforzi egiziani e qatarioti.
Il premier, Benjamin Netanyahu, mette in atto la sua strategia offensiva: quella di negoziare per il cessate il fuoco ma, allo stesso tempo, proseguire la lotta senza quartiere contro Hamas. Non solo. Pesanti bombardamenti sono continuati per tutta la notte nell'area di Zeitoun, nel centro di Gaza e si annunciano altri raid nel nord della Striscia.
Dopo sette mesi di guerra e pesanti bombardamenti gli aerei di Tel Aviv hanno continuato a colpire decine di obiettivi in tutta la Striscia di Gaza, una delle aree più densamente popolate al mondo. E, secondo quanto riportano fonti degli ospedali locali, almeno 47 persone, compresi bambini, sarebbero rimaste uccise negli attacchi.
Prosegue così la grande fuga da Rafah e l'Idf stima che circa 300mila palestinesi abbiano evacuato la città nel sud di Gaza, in direzione di una "zona umanitaria" che però le Ong internazionali non ritengono affatto attrezzata adeguatamente a ricevere questa massa di profughi, zona invece designata nelle aree di al-Mawasi e Khan Younis.
Intanto Hamas ha diffuso un nuovo video di propaganda che mostra un ostaggio israeliano nella Striscia di Gaza. Nella clip di 10 secondi, secondo i media israeliani, l'ostaggio si identifica, si tratta di Nadav Popplewell, 52 anni. Poi il drammatico annuncio di Hamas: «L’ostaggio è morto in un raid israeliano più di un mese fa».
Il rapporto Usa
A rinfocolare altre aspre polemiche tra repubblicani e democratici è giunto un ambiguo rapporto del Dipartimento di Stato Usa che non determina l’interruzione della fornitura di armi a Israele, minacciata da Biden perché al momento mancano le prove di un diretto collegamento tra i bombardamenti e l’uso degli armamenti americani.
Ma lo stesso documento, trasferito al Congresso, ritiene l’ipotesi «probabile» e «ragionevole affermare» che Israele abbia violato il diritto internazionale umanitario colpendo i civili durante la campagna militare sulla Striscia.
Insomma un rapporto che si presta a diverse interpretazioni, segno delle difficoltà che l’amministrazione Biden ha nel perseguire una linea di fermezza in difesa dei civili di Gaza, ma nello stesso tempo senza abbandonare l’alleanza strategica con Tel Aviv.
© Riproduzione riservata