Sono continuati per tutta la giornata di ieri gli scontri tra Israele ed Hezbollah. Il Paese ebraico ha bombardato pesantemente il Libano, inclusa la capitale Beirut, dove avrebbe ucciso Ibrahim Qubaisi, comandante dell’unità missilistica del gruppo paramilitare filoiraniano. Nell’attacco sferrato nel sobborgo della capitale di Dahiyeh, sono morte almeno sei persone e rimaste ferite altre 16, portando il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani su suolo libanese degli ultimi due giorni a circa 560, incluso 50 minori, secondo il ministero della Salute del Paese. Tra le vittime ci sono anche un dipendente e un contractor di Unhcr, ha fatto sapere l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.

Nel frattempo, migliaia di persone continuano a fuggire verso il nord del Libano. Molti si sono rifugiati in scuole adibite a centri di accoglienza per i circa 26.000 sfollati. Hezbollah ha risposto con il lancio di almeno un centinaio di razzi verso il nord di Israele, obbligando i residenti delle zone di Haifa, Safed, Nazareth e gran parte della Galilea a rintanarsi nei rifugi.

«Il Libano è sull’orlo del baratro» ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres in apertura della 79esima sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, chiedendo che il Paese dei cedri non «diventi un’altra Gaza». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto nel suo discorso all’Onu, l’ultimo prima della fine del suo mandato, che una soluzione di diplomatica alle ostilità tra Israele e il Libano è ancora possibile, chiedendo a Israele e Hamas di finalizzare i termini dell’accordo sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi, proposto dagli Usa, Qatar ed Egitto. Durissimo, però, è l’intervento del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha invitato l’Assemblea dell’Onu a mobilitarsi per fermare il governo dello Stato Ebraico: «Come vi fu un’alleanza per fermare Hitler ora è necessario formare un’alleanza per fermare Netanyahu», ha detto

L’obiettivo della pesante offensiva contro Hezbollah dichiarato da Israele è quello di neutralizzare le capacità militari di Hezbollah per impedirgli di attaccare, convincendo così il gruppo filoiraniano ad accettare una tregua attraverso la pressione militare, a prescindere dagli sviluppi sul fronte di Gaza.

Permangono, però, molti dubbi sul raggiungimento di tale obiettivo, dato che in un anno Israele non è riuscita attraverso la guerra a Gaza non solo a sradicare Hamas dalla Striscia, ma soprattutto ad ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi. È noto che Hezbollah è molto più potente di Hamas. Ha di gran lunga molte più armi e i miliziani del Partito di Dio hanno più esperienza, accumulata anche in anni di combattimenti in Siria.

Per ora la risposta di Hezbollah è stata molto meno aggressiva del previsto, conoscendo la pericolosità del suo arsenale, visto che sinora non ha usato i missili più potenti e a lunga gittata di cui dispone. Per questo non è ancora chiaro se Hezbollah, malgrado le pesanti perdite subite in questi ultimi giorni, inclusa la decimazione del suo gruppo di comando, non riesca a rispondere in maniera più pesante o, per ora, non voglia farlo.

In ogni caso, come fa notare Jeremy Bowen della Bbc, la scommessa di Israele -- costringere Hezbollah a smettere di attaccare mostrando loro quanto disastroso può essere continuare -- è molto rischiosa. «Se non vincono questa scommessa – e a mio parere è poco probabile – saranno costretti a un’ulteriore escalation, persino a entrare in Libano con truppe e carri armati», scrive Bowen.

Molti riservisti, che rappresentano la maggior parte dei soldati impiegati da Israele, si lamentano di essere ormai esausti dopo un anno di guerra a Gaza, fa notare Bowen. Inoltre, ci sono violenti scontri in Cisgiordania da settimane, mentre la guerra a Gaza continua. Malgrado i successi riportati in questi primi giorni di ostilità a nord, Bowen conclude che «la superiorità tecnologica e di intelligence non sarà lontanamente così marcata in una guerra di terra sul campo di battaglia di Hezbollah».

Un’invasione del Libano è stata più volte paventata da alcuni membri del governo Netanyahu, posizioni ribadite anche negli ultimi giorni a testimonianza della possibile direzione che le ostilità potranno prendere.

Amichai Chikly, il ministro israeliano per la Diaspora e la Lotta contro l’antisemitismo, considerato uno dei falchi del governo, ha sostenuto nello scorso fine settimana che l’esercito israeliano debba creare una zona cuscinetto al sud del Libano a protezione degli abitanti del nord di Israele, ora sfollati. Ha inoltre accusato il governo di Beirut di non riuscire a esercitare la sua sovranità nel sud del Paese controllato da Hezbollah. Tale circostanza autorizzerebbe Tel Aviv ad agire per ottenere il controllo di tutte quelle zone da cui Israele è attaccato o può essere attaccato, afferma Chikly.

«L’attuale governo di Israele sta cercando di creare uno stato di guerra perpetua. Questo governo non può sopravvivere senza la guerra. Anche se Hezbollah rappresenta una reale minaccia alla sicurezza di Israele, la tempistica scelta non potrebbe essere peggiore. La nostra società sta ancora soffrendo per un trauma immenso, l’economia è sull’orlo del collasso e la nostra sicurezza è solo diminuita» ha detto a Domani Mauricio Lapchik, portavoce di Peace Now, una ong israeliana. Lapchik sostiene invece che «qualsiasi governo responsabile sa che l’unica via d’uscita da questa situazione è il cessate il fuoco a Gaza e un accordo per riportare a casa gli ostaggi, che porterebbe anche alla fine delle ostilità sul fronte nord».

Memore delle guerre passate in Libano, dove ha registrato perdite molto alte di soldati, Israele difficilmente procederà a un’invasione di terra in tempi rapidi, vari commentatori hanno fatto notare. Rimane da capire cosa intenda fare l’Iran vista l’escalation degli attacchi contro i propri alleati libanesi. Secondo quanto riportato dalla Cnn, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian avrebbe dichiarato che «Hezbollah non può affrontare da solo un Paese difeso, appoggiato e armato dagli Stati occidentali», aggiungendo che non si deve permettere che il Libano diventi un’altra Gaza. «Manderanno dei rinforzi o stanno chiedendo a Hezbollah di fermarsi?», chiedeva ieri mattina Kim Ghattas, autorevole commentatrice libanese, reagendo alle dichiarazioni di Pezeshkian. «Questa è la domanda da un milione di dollari».

© Riproduzione riservata