Il capo di stato maggiore dell’Idf ai soldati: «I vostri stivali entreranno nel paese». Lo ammettono anche gli Usa: lo scontro rischia di allargarsi a tutto il Medio Oriente
«Sentite i caccia sopra le vostre teste. È tutto il giorno che stiamo colpendo. Lo stiamo facendo sia per preparare la vostra possibile entrata che per continuare a indebolire Hezbollah» il Capo di stato maggiore dell’esercito israeliano (Idf) Herzi Halevi ha parlato così, ieri pomeriggio, alle truppe impegnate a nord di Israele.
Le forze armate, ha continuato Halevi, «stanno preparando una serie di manovre, che significa che i vostri stivali entreranno in territorio nemico, entreranno nei villaggi che Hezbollah ha convertito in grandi avamposti militari». E sempre nel pomeriggio, è tornato a farsi sentire anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, con un video postato su X. «Non posso spiegare tutto quello che stiamo facendo ma posso dirvi una cosa: siamo determinati a far tornare a casa i nostri cittadini in sicurezza» nel nord dello Stato ebraico, ha detto Bibi. Che poi ha aggiunto: «Stiamo colpendo Hezbollah con forza, lo stiamo facendo con stratagemmi. Non ci fermeremo fino a quando (i residenti del nord) non torneranno alle loro case». L’esercito israeliano (Idf) ha inoltre fatto sapere di aver richiamato due brigate di riservisti da destinare al fronte nord, mentre gli attacchi continuavano.
Che la situazione possa davvero sfuggire di mano in Medio Oriente è inoltre certificato dall’allarme lanciato dal presidente americano Joe Biden, che ieri ha dichiarato al talk show The View: «Una guerra totale è possibile, ma siamo ancora in gioco per raggiungere una soluzione che possa cambiare radicalmente l’intera regione». L’unica via d’uscita sarebbe un «cessate il fuoco» in Libano per poi aprire un negoziato sulla Cisgiordania e su Gaza. Ma attualmente, nonostante le timide aperture ai colloqui (promossi da Usa e Francia) manifestate persino dal governo israeliano, la violenza sembra l’unico linguaggio praticato. Tanto da spingere le autorità statunitensi a inviare dozzine di unità a Cipro - secondo quanto rivelato dalla Cnn - per prepararsi all’eventualità di un intervento in Libano a tutela dei cittadini americani presenti nel Paese dei cedri.
La giornata di ieri è stata segnata da nuovi bombardamenti. Sono state colpite dai raid la città costiera di Jiyeh, a sud di Beirut e Maaysrah, nel distretto di Keserwan, tra Beirut e Tripoli. L’aviazione del Paese ebraico ha inoltre bombardato Bint Jbeil, Tebnine, Ain Qana e il villaggio di Joun vicino Sidone, nel sud del Libano. Israele ha anche continuato a bombardare la valle del Beqaa, situata a circa 30 chilometri ad est di Beirut, una zona considerata roccaforte dei miliziani filoiraniani. Migliaia di residenti del Libano meridionale hanno continuato a scappare verso nord, rimanendo però bloccati sulle autostrade, tanto da dover anche passare la notte precedente in macchina.
I bombardamenti israeliani hanno creato più di 90.000 sfollati negli ultimi tre giorni, secondo le Nazioni Unite. Questi si sommano ai più di 110.000 residenti del sud che hanno dovuto abbandonare le loro case, dal mese di ottobre dell’anno scorso.
Da lunedì, circa 600 persone sono morte sotto le bombe israeliane, incluso 50 bambini e 94 donne, sempre secondo l’Onu.
Per la prima volta dall’inizio delle ostilità tra Israele e Hezbollah, il Partito di Dio ha lanciato un missile balistico verso Tel Aviv, che è stato intercettato alle prime ore dell’alba di mercoledì dal sistema israeliano di difesa David’s Sling, evitando che causasse danni o feriti, ma attivando le sirene di allarme nella capitale economica del Paese.
Obiettivo di tale lancio era il quartier generale del Mossad, secondo Hezbollah, che ha fatto sapere di avere puntato a colpire i servizi segreti esterni israeliani «in appoggio al leale popolo palestinese nella Striscia di Gaza e in difesa del Libano e della sua gente».
Hezbollah ha sistematicamente incolpato il Mossad di aver sferrato l’attacco attraverso l’esplosione dei cercapersone e walkie-talkie, che ha causato 39 vittime e quasi 3.000 feriti e di aver assassinato parecchi suoi leader. Israele non ha mai confermato o smentito tali accuse.
Il Paese ebraico ha risposto al missile su Tel Aviv bombardando poche ore dopo la zona di Nafakhiye e distruggendo il sito da cui era stato lanciato, ha dichiarato l’Idf. Inoltre, i caccia israeliani hanno colpito 60 obiettivi dell’intelligence di Hezbollah, incluso centri di comando, su un totale di 280. Hezbollah ha risposto durante tutta la giornata con attacchi verso il nord di Israele, ferendo due persone, di cui una gravemente, nel kibbutz di Sa’ar. Nel pomeriggio, ha lanciato una raffica di 30 razzi diretti all’ovest della Galilea e alla zona est di Haifa.
Parlando l’emittente americana Nbc, il Segretario di Stato Usa Antony Blinken ha detto che Israele ha un problema «reale e fondato» con Hezbollah, ma che questo deve essere risolto attraverso la diplomazia, in linea con quanto detto dal presidente Biden martedì all’Assemblea Generale dell’Onu. «Anche se qui siamo di fronte ad una questione assolutamente fondata, non pensiamo che la guerra sia la soluzione» ha dichiarato Blinken.
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