Lunedì mattina l’esercito israeliano ha lanciato un attacco in un quartiere nel quadrante meridionale di Gaza City, sostenendo che nell’area l’intelligence ha segnalato la presenza di funzionari militari di Hamas.

I media palestinesi riportano che le forze israeliane sono poi entrate nel quartiere di Tel al Hawa, nella direzione del corridoio di Netzarim, coperti da devastanti bombardamenti aerei. Si tratta di una delle operazioni militari più violente delle ultime settimane, e certamente non s’accorda con il clima di ripresa dei negoziati che dalla scorsa settimana sembra profilarsi.

Hamas, infatti, ha subito detto che Netanyahu sta mettendo «ostacoli» sulla trattativa, mentre dall’altra parte il ministro ultraortodosso Bezalel Smotrich alla Knesset ha dichiarato, reggendo una foto di Yahya Sinwar, che accettare i termini della tregua sarebbe «una sconfitta totale per Israele».

Il capo dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna israeliana, Ronen Bar, si è recato al Cairo per partecipare ai negoziati per un cessate il fuoco che consentirebbe lo scambio di ostaggi israeliani in cambio di ostaggi palestinesi.

Bar cercherà di portarsi avanti nelle trattative e discuterà sui nomi dei prigionieri palestinesi che verrebbero rilasciati se l’accordo verrà raggiunto, nonché sul futuro controllo del valico di Rafah, all’estremità meridionale del confine.

Questo valico era il principale accesso per gli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza devastata, dove sono già morti più di 38.100 palestinesi, finché non è stato chiuso poco dopo che Israele ha lanciato la sua offensiva sulla città di Rafah, durata più di due mesi nonostante il parere contrario dell’amministrazione americana, dell’Unione europea e dell’Onu. Domenica sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha reso noto un elenco delle sue “linee rosse” per i negoziati, la principale delle quali è il diritto di riprendere il conflitto nella Striscia in ogni momento se gli obiettivi israeliani non verranno raggiunti con l’inclusione, da ultimo, della prevenzione del contrabbando di armi dall’Egitto a Gaza attraverso il valico di frontiera di Rafah.

Secondo il Times of Israel la dichiarazione di Netanyahu, in una fase cruciale prima della ripresa dei colloqui, ha suscitato sorpresa e smarrimento, sia in Israele che tra i paesi mediatori, con alcuni che lo hanno accusato di aver tentato di sabotare i progressi fin qui ottenuti con tanta fatica.

I rinnovati negoziati sia in Egitto che in Qatar arrivano dopo che la dirigenza politica di Hamas, sia a Doha che a Gaza, ha dichiarato sabato di essere pronta a discutere un accordo sugli ostaggi e la fine della guerra a Gaza senza un impegno diretto da parte di Israele per un «cessate il fuoco completo e permanente». Questa dichiarazione, probabilmente su pressione americana e dei paesi arabi moderati, costituisce un rilevante cambiamento nella posizione che Hamas ha mantenuto in tutti i precedenti negoziati a partire da novembre.

Con il viaggio di Bar al Cairo, l’intelligence interna israeliana si unisce così ai colloqui a cui partecipa già da qualche giorno il servizio di intelligence esterno, il Mossad.

Il capo del Mossad, David Barnea, ha compiuto infatti un viaggio-lampo a Doha per incontrare il primo ministro e capo della diplomazia, Mohamed bin Abdulrahman al Thani, per discutere la proposta avanzata mercoledì da Hamas, che prevede la liberazione dei 116 ostaggi rimasti nella Striscia. Barnea, che ha viaggiato da solo senza l’intera delegazione negoziale, tornerà in Qatar questa settimana con l’intera squadra, che comprende Ronen Bar o il maggiore generale Nitzan Alon, che sta supervisionando i colloqui per conto dell’esercito.

L’Egitto ospiterà nei prossimi giorni delegazioni di Stati Uniti e Israele per affrontare i «punti in sospeso» riguardanti un possibile cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. «Siamo più vicini che mai», ha detto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, riguardo al possibile accordo con Hamas.

Ma queste parole di apertura sono state pronunciate spesso in passato per poi essere dimenticate ai primi strepiti della destra estrema che spinge per la prosecuzione del conflitto e per il via libera ai coloni per nuovi insediamenti anche nella Striscia da cui sono stati allontanati ai tempi del governo Sharon.

Sebbene Hamas abbia ceduto sulla richiesta della fine definitiva della guerra a Gaza, Israele sembra voler continuare a raggiungere i suoi obiettivi della guerra (fine dell’esercito e del governo degli islamisti, salvare tutti gli ostaggi e garantire il ritorno sicuro degli sfollati alle loro case nel nord e nel sud del paese).

È possibile che Netanyahu voglia vedere cosa deciderà Biden in settimana sulla sua prosecuzione o meno della campagna elettorale. Anche questo elemento di incertezza alla Casa Bianca potrebbe portare a rallentare i negoziati per la tregua e la liberazione degli ostaggi.

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