Mentre migliaia di persone partecipano al funerale dell’ostaggio assassinato Hersh Goldberg-Polin, lo sciopero generale in Israele ha fatto emergere tutta la rabbia e la frustrazione sociale per l’uccisione dei sei sequestrati nelle mani di Hamas, in un paese ostaggio della estrema destra messianica, che sabota i negoziati, vuole la guerra a oltranza per costruire la Grande Israele, ma finora è stata esentata dal servizio militare e lascia ai “laici” il costo di sangue ed economici della sua politica.

Le proteste notturne e il blocco delle attività che ha coinvolto migliaia di lavoratori sono state le più ampie espressioni di dissenso antigovernativo dall’inizio della guerra a Gaza. L’esecuzione degli ostaggi rischia di diventare un momento di resa dei conti per i sostenitori di Netanyahu. Soprattutto nel giorno in cui Hamas pubblica il video con l’ultimo messaggio in vita dei sei ostaggi prima dell’assassinio. Migliaia di manifestanti hanno bloccato diverse strade a Tel Aviv, dove si è svolto lo sciopero generale indetto dopo il ritrovamento a Gaza di sei giovani ostaggi giustiziati in un tunnel.

Dimostranti si sono riuniti in Begin Street e hanno chiesto al governo di fare l’accordo per il rilascio dei rapiti che sono ancora in vita prigionieri di Hamas. Al ritmo dei tamburi, hanno giurato che non abbandoneranno gli ostaggi ancora a Gaza, hanno chiesto «i valori prima di tutto» e accusato il governo di Israele di agire contro la nazione. Intanto, un’altra manifestazione aveva bloccato il traffico sull’autostrada Ayalon.

Alcuni manifestanti l’altro ieri hanno lanciato oggetti in strada, acceso falò e sparato fuochi d’artificio in aria. La polizia in risposta avrebbe lanciato granate stordenti, ferendo leggermente alcune persone, tra cui la parlamentare democratica Naama Lazimi. Più di 30 gli arresti.

Tribunale contro gli scioperi

Che la partita sia decisiva lo dimostra il fatto che il presidente del Tribunale del lavoro israeliano ha ordinato la fine dello sciopero generale alle 14,30 ora locale (le 13.30 in Italia), «dopo avere ascoltato le posizioni delle parti» perché ritenuto uno sciopero «politico».

L’ingiunzione è arrivata dopo le forti pressioni del governo sul sindacato per non bloccare le attività del Paese, come invece è avvenuto. Ieri un ministro del Likud, lo stesso partito del premier, ha riferito di forti timori di Benjamin Netanyahu rispetto alle enormi proteste contro il governo. Domenica l’Histadrut, il grande sindacato che rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori, ha detto che lo sciopero sarebbe terminato alle 18.00, ora locale, cioè le 17.00 in Italia, con la possibilità di farlo proseguire anche un giorno in più.

Governo

Sale la tensione nell’esecutivo. In una conversazione tra il ministro della Difesa Yoav Gallant e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich durante una visita congiunta nel sud, il primo avrebbe fatto pressioni affinché cambi posizione sull’accordo per il rilascio degli ostaggi: «Sarai in grado di vivere con te stesso quando saprai che avresti potuto salvare 30 vite ma non l’hai fatto? Impedirlo per tenere le truppe nell’asse Filadelfia che può essere facilmente riconquistato?».

Lo ha rivelato Channel 12, che ha riferito la risposta di Smotrich a Gallant: «L’accordo che proponete abbandona gli altri rapiti e soprattutto dà la vittoria a Sinwar, è un accordo di resa». I due ministri – ha detto Channel 12 – si sono rifiutati di commentare la conversazione e hanno espresso sconcerto per il fatto che una conversazione avvenuta tra loro in privato sia trapelata, ma non hanno negato il contenuto delle loro affermazioni. Gallant sta cercando una maggioranza per l’accordo, ma Smotrich voterà contro il ritiro dell’Idf dal corridoio Filadelfia se la questione dovesse essere messa ai voti. Secondo indiscrezioni, Smotrich eserciterà tutto il suo peso politico sul premier affinché non accetti un accordo diverso da quello sostenuto finora da Netanyahu che ha definito «lo sciopero odierno una vergognosa dimostrazione di sostegno ad Hamas e al suo leader».

Proposta Usa, Egitto e Qatar

Che la trattativa sugli ostaggi sia a una svolta è ormai opinione diffusa. Gli Usa stanno continuando a discutere con Egitto e Qatar su un accordo su Gaza da «prendere o lasciare», che presenteranno nelle prossime settimane: un eventuale rifiuto potrebbe segnare la fine dei negoziati guidati dagli americani, secondo un alto dirigente dell’amministrazione Biden, citato dal Washington Post. «Non si può continuare a negoziare. Questo processo deve essere interrotto a un certo punto», ha affermato la fonte, secondo la quale il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi uccisi non fa deragliare l’accordo ma casomai «dovrebbe aggiungere ulteriore urgenza in questa fase di chiusura, in cui eravamo già».

D’altra parte, il presidente e la vicepresidente americani Joe Biden e Kamala Harris hanno tenuto ieri un incontro nella Situation room con i principali negoziatori della loro amministrazione per «discutere gli sforzi atti ad arrivare a un accordo che garantisca il rilascio degli ostaggi» ancora nelle mani di Hamas, ha reso noto la Casa Bianca. L’accordo finale sugli ostaggi tra Hamas e Israele è «molto vicino», ma il primo ministro israeliano Netanyahu, «non sta facendo abbastanza», ha dichiarato ai giornalisti il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Parole «sconcertanti», è la replica che trapela dall’ufficio del premier.

E un’altra doccia fredda per Bibi arriva da Londra: la Gran Bretagna ha annunciato la sospensione di 30 delle 350 licenze di esportazione di armi verso Israele, citando un «rischio evidente» che potrebbero essere utilizzate in una grave violazione del diritto umanitario internazionale.

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