Il giorno dopo la rinuncia di Joe Biden, la vicepresidente parla per la prima volta in pubblico da favorita per la nomination dem, per la quale non ha ostacoli di rilievo, anche se alcuni candidati preferirebbero alternative che però al momento non ci sono. Nel frattempo arrivano i primi attacchi da parte di Trump e la direttrice dei Servizi Segreti si scusa per aver fallito nel proteggere l’ex presidente.
Appena Joe Biden ha scelto di non ricandidarsi, passando il testimone alla sua vice Kamala Harris, gli endorsement alla neocandidata alla Casa Bianca sono arrivati a gran velocità. Già nella serata di domenica l’ex presidente Bill Clinton e l’ex segretaria di Stato Hillary Clinton avevano annunciato il loro sostegno. Lunedì poi è arrivato anche l’endorsement della ex speaker della Camera, Nancy Pelosi: «È con immenso orgoglio e ottimismo che appoggio Kamala Harris per la presidenza».
Nello stesso giorno, i numeri del supporto a Harris si sono fatti cospicui: 160 deputati su 212, 34 senatori su 51 e 16 governatori su 23. Tra questi ultimi particolarmente importanti sono gli appoggi da parte della governatrice Gretchen Whitmer del Michigan, Josh Shapiro della Pennsylvania, Tony Evers del Wisconsin e Roy Cooper del North Carolina. Tutti stati in bilico, eccetto il Golden State, dove i dem devono vincere assolutamente per battere Donald Trump e i repubblicani a novembre.
Nessuna opposizione
Tra i deputati ci sono esponenti di tutte le correnti, da moderati come Abigail Spanberger e Steve Cohen fino a radicali di sinistra come Alexandria Ocasio Cortez e Ilhan Omar. Fino a lunedì pomeriggio tacevano i leader dei gruppi di Camera e Senato Hakeem Jeffries e Chuck Schumer, così come Barack Obama, che pareva aver scelto una linea di neutralità fino a che i dem non sceglieranno con certezza il loro candidato.
Il punto è che però al momento non emergono altri nomi in lizza: per qualche ora è circolato quello del senatore del West Virginia Joe Manchin, il più conservatore del gruppo dem, ma poi è arrivata la sua smentita. Altri che sono stati ventilati come possibili alternative, a cominciare dal governatore della California Gavin Newsom, la già citata Whitmer e il capo dell’esecutivo del Maryland Wes Moore hanno confermato il sostegno alla ex numero due del ticket democratico. Nessuna opposizione di rilievo dunque, e quindi anche se la convention, come sembra, sarà aperta, le delegazioni statali stanno votando in queste ore numerose risoluzioni di sostegno alla sua improvvisa discesa in campo.
Kamala Harris ha avuto la sua prima apparizione ufficiale da quando è candidata alla Casa Bianca: ha parlato brevemente alla celebrazione degli atleti della National Collegiate Athletic Association e ha ringraziato Biden per i risultati raggiunti. «In un solo mandato ha superato gli obiettivi centrati da altri nel giro di otto anni», ha detto, per poi recarsi più tardi al quartier generale della campagna presidenziale a Wilmington, in Delaware, poche ore dopo aver annunciato di aver deciso di mantenere tutti i membri dello staff.
Sempre in tema sportivo è arrivata in giornata la notizia che il portabandiera del team olimpico americano a Parigi sarà Lebron James, giocatore di basket che non ha mai fatto mistero della sua opposizione alle politiche trumpiane.
Attacchi e contrattacchi
L’ex presidente Donald Trump ha diffuso uno spot sui suoi account social dove si dice che Kamala Harris «condivide la responsabilità dei disastri di Biden» a partire dalla «invasione di migranti», anche se il tycoon non ha risparmiato neppure altri attacchi al suo ex avversario con toni denigratori dicendo che «forse non sa nemmeno dove si trova» e che «rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale». Non solo: Trump ha anche detto che i dem «hanno ignorato il volere di 14 milioni di elettori» che hanno scelto l’attuale presidente alle primarie; un attacco chiaramente pretestuoso, ma che serve al momento a rimandare il momento in cui Trump dovrà dibattere con Kamala Harris. Secondo un retroscena pubblicato dalla testata Politico, potrebbe ripensarci dicendo che la neocandidata è “illegittima” in quanto non scelta dalle primarie.
La linea di attacco di Harris si muove su due binari differenti: da un lato la difesa dei diritti riproduttivi, rafforzata dal suo impegno in numerosi comizi in giro per il Paese dopo che la Corte Suprema nel 2022 ha cancellato la protezione federale dell’aborto con la sentenza Dobbs v. Jackson. Dall’altra il suo essere un’ex “poliziotta”, modo gergale per ricordare il suo passato di procuratrice distrettuale di Oakland in California prima per poi diventare procuratrice generale dello Stato, due ruoli dove ha combattuto il crimine e dove può far valere le sue credenziali «legge e ordine» contro il condannato Trump.
Le donazioni sembrano confermare il ritrovato entusiasmo dem dopo giorni col fiato sospeso: il super Pac Act Blue ha registrato più di 68 milioni di dollari di contributi in un solo giorno dopo l’annuncio della rinuncia di Biden, un record assoluto per la raccolta fondi dem in questa tornata.
Lunedì 22 luglio c’è stata anche la deposizione di fronte alla Commissione Trasparenza della Camera dei Rappresentanti della direttrice dei Servizi Segreti Kimberly Cheatle, che è stata accusata di non aver protetto in modo adeguato il comizio di Donald Trump a Butler, Pennsylvania, lo scorso 13 luglio, evento per il quale ha ammesso di aver "fallito” nel suo lavoro.
© Riproduzione riservata