Il giurista scomparso all’età di 76 anni che indagò su Bill Clinton e difese Donald Trump con argomenti speculatori ha rappresentato appieno l’evoluzione del partito repubblicano. Anche la giustizia è stata trascinata nel tritacarne della partigianeria politica americana
La carriera legale di Kenneth Starr, giurista noto per aver indagato su Bill Clinton negli anni ’90 scomparso il 13 settembre all’età di 76 anni, ha rappresentato meglio di ogni altro l’evoluzione di una certa linea giurisprudenziale conservatrice.
Non si parla dell’originalismo, la filosofia prevalente tra chi ha idee politiche non progressiste, che semplicemente parla di una Costituzione americana non espansiva, che non contiene diritti se non dove questi sono esplicitati apertamente. Il punto è un altro, il nocciolo della questione riguarda una giustizia che potremmo definire da Fox News: come nel network conservatore varato negli anni ’90, Starr è stato spietato verso gli avversari politici e indulgente al limite del colpo di spugna per quanto riguarda gli alleati.
L’evoluzione del partito
Ripercorrendo la sua carriera, possiamo anche vedere come si è evoluto il partito repubblicano. Secondo i registri del Congresso, la conferma di Starr nel 1983 come giudice nella prestigiosa Corte d’Appello del circuito di Washington D.C. avviene con un “voto a voce”, termine che indica nessuna opposizione. Siamo negli anni di Ronald Reagan e le nomine giudiziarie, per quanto già orientate, non costituiscono terreno di scontro.
Durante la presidenza di Bush Senior, Ken Starr diventa avvocato del governo, ovverosia la figura che di fronte alla Corte Supremo lo rappresenta durante le cause. Pur se ancora poco studiata, in questa fase il partito repubblicano attraversa una fase di profonda trasformazione. Se il presidente rappresenta un moderato della vecchia guardia, altre figure alla sua ombra già rappresentano un nuovo corso, più ideologico: senza più la presenza dell’Unione Sovietica, serve un nuovo nemico.
I nemici
Il crimine, ad esempio, combattuto dal giovane procuratore generale Bill Barr, che ricoprirà la stessa carica durante la presidenza di Donald Trump. I dem vengono criticati per la loro presunta “indulgenza” e diventano i principali avversari. Anzi, nemici. Bush nella Convention repubblicana del 1992 appoggia “la preghiera nelle scuole”, un argomento controverso che serve sostanzialmente a mobilitare l’ala conservatrice, che al Sud, in parte, aderisce ancora al partito democratico.
Questo cambiamento è rappresentato da uno dei rarissimi cambi di casacca della politica americana: il senatore Richard Shelby dell’Alabama passa al partito repubblicano nel 1994.
In quell’anno Kenneth Starr viene nominato da un panel di tre giudici come procuratore speciale per indagare sul conto di Bill Clinton. Lo scandalo Lewinsky è ancora lontano, l’indagine verte sulla vicenda Whitewater, un oscura vicenda di investimenti immobiliari fallimentari in Arkansas nei quali era coinvolta la famiglia Clinton. Durante le indagini condotte dal primo procuratore speciale Robert Fiske, Vince Forster, uno degli avvocati della Casa Bianca, si era suicidato nel 1994
L’indagine di Starr porta a una conclusione: Forster si era suicidato per una depressione non diagnosticata. Questo fece infuriare i commentatori conservatori, che invece credevano che la morte del legale della Casa Bianca fosse legata al suo coinvolgimento nello scandalo Whitewater.
Bill Clinton
Starr, comunque, non li deluderà. Tramite i suoi ampi poteri, aveva potuto acquisire nelle indagini il nastro della conversazione tra Monica Lewinsky, stagista presso lo Studio Ovale, e Bill Clinton, segretamente registrata dalla whistleblower Linda Tripp, che lavorava alla Casa Bianca sin dai tempi della presidenza Bush. Da quelle parole emergeva una relazione extraconiugale del presidente.
Una bomba politica. Che si trasformò in un potenziale reato quando, durante una deposizione sul caso di Paula Jones, una donna che aveva accusato Bill Clinton di averla molestata nel 1991 quando era governatore dell’Arkansas, il presidente aveva affermato di non avere mai avuto rapporti sessuali con Lewinksy. Per Starr questo costituiva una violazione del giuramento e falsa testimonianza. Il partito repubblicano guidato dall’aggressivo speaker della Camera Newt Gingrich cavalcò la questione sino a lanciare un impeachment nel dicembre 1998, che si concluse con l’assoluzione di Bill Clinton nel febbraio 1999. L’intera vicenda fu un boomerang per i repubblicani, che fecero recuperare terreno al presidente: il midterm del 1998 fu un’inaspettata sconfitta per i repubblicani, che persero terreno.
Donald Trump
Starr, per qualche anno, sparì dai radar e durante un’intervista nel 2004 espresse rincrescimento per non essersi ricusato sull’indagine Lewinsky. Alla sua ombra però fece carriera un giovane collaboratore, Brett Kavanaugh, che avrebbe lavorato per l’amministrazione Bush e sarebbe poi stato scelto come giudice della Corte Suprema da Donald Trump.
Anche Kenneth Starr avrebbe lavorato per Trump nel team legale del suo primo impeachment, nel quale non esitò, nonostante la stridente contraddizione, a negare apertamente i suoi argomenti del 1998.
Questo punto, forse, è la summa migliore della filosofia giuridica di Ken Starr, fatta propria dall’attuale partito repubblicano: se lo facciamo noi, non è reato. Se lo fanno gli avversari, lotta dura. Anche per questo le istituzioni giudiziarie sono finite nel tritacarne della partigianeria politica, cancellando ogni traccia di terzietà agli occhi dell’opinione pubblica. Con conseguenze ben visibili.
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