Il presidente William Ruto ha annunciato il licenziamento di quasi tutto il suo gabinetto e l'avvio di consultazioni per formare un governo ad ampio spettro, in risposta alle diffuse proteste antigovernative. La decisione segue settimane di manifestazioni che hanno costretto Ruto a ritirare la proposta sugli aumenti di diverse tasse.

La genesi

In Kenya sono iniziate il 18 giugno scorso, dopo l'approvazione della legge finanziaria proposta dal governo. Il piano puntava a raccogliere 2,7 miliardi di dollari per ridurre il deficit di bilancio e l'indebitamento statale, pari al 68% del PIL. La legge includeva aumenti delle tasse su diversi beni, inclusi quelli di prima necessità.

Nonostante la legge finanziaria fosse stata prima respinta da Ruto e poi modificata dal Parlamento, con alcune tasse eliminate e altre ridotte, il presidente aveva deciso di non firmarla, ponendo il proprio veto. Ma questo non è bastato.

Le proteste sono proseguite incessantemente, con la popolazione che ha iniziato a chiedere a gran voce la destituzione di Ruto sapendo che, da Costituzione, la legge possa ancora passare, nonostante la mancata approvazione da parte del presidente.

Temendo un pericoloso aumento delle proteste, Ruto ha deciso di intraprendere un dialogo con i cittadini. Il presidente kenyota sta facendo tutto il possibile per dimostrare di essere dalla parte del popolo. Per questo motivo, due giorni fa, assecondando parte delle richieste della Gen Z, ha promesso che dalla prossima settimana inizierà una serie di consultazioni per la formazione di un nuovo governo.

Lo stesso giorno ha preso una decisione storica, licenziando la quasi totalità del suo esecutivo. Tutti i principali ministri del suo governo sono stati cacciati. Solamente il vicepresidente Rigathi Gachagua e il ministro degli esteri Musalia Mudavadi sono stati risparmiati. Tuttavia, il potere di Ruto sembra ancora appeso a un filo.

Neanche i licenziamenti riescono a placare la rabbia dei manifestanti: la voce della Gen Z è diventata la voce di tutto il popolo in Kenya.

La voce del popolo

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La Gen Z è riuscita nell’impresa: la sua voce è arrivata a tutti. Se le manifestazioni contro la legge finanziaria avevano fatto il giro del mondo con le immagini delle proteste arrivate fino in Parlamento e con il video della sorellastra di Obama che criticava i metodi repressivi della polizia, queste hanno ora raggiunto il totale appoggio popolare.

Le manifestazioni che erano iniziate contro la controversa proposta di legge si sono poi allargate sui social, dove migliaia di utenti hanno iniziato a chiedere le dimissioni dello stesso Presidente, condividendo l’hashtag #RutoMustGo.

Sul banco degli imputati ora non c’è solamente la legge finanziaria ma la corruzione e gli sprechi che secondo i manifestanti stanno caratterizzando il potere politico del Paese.

Ruto, per cercare di calmare le acque, aveva aperto il dialogo con i giovani, che rappresentano il 75% della popolazione del Kenya. La Gen Z non ha perso la preziosa occasione di confronto e ha avanzato le sue richieste: non approvare la legge finanziaria; licenziare politici che i giovani considerano come corrotti all’interno delle stanze dei bottoni.

Intanto continuano a non mancare atti intimidatori nei confronti di alcuni personaggi pubblici e noti, che possono indirizzare le proteste: sono ancora diverse le “sparizioni involontarie” in atto.

Nella giornata di giovedì 11 luglio l’influencer Muchiri Mike Freed, noto per le sue posizioni antigovernative, è stato arrestato in diretta Instagram, senza un apparente motivo, salvo poi essere rilasciato in giornata. Diverso è stato il destino per altre persone, rimaste vittime degli scontri con la polizia. Secondo diversi tweet, i giovani si stanno organizzando per riscendere in piazza martedì 16 luglio.

Quanto fatto fino ad ora non basta: sanno che ormai tutta la popolazione è dalla loro parte e sostiene le loro posizioni; sanno che Ruto non ha più grandi sostenitori, e che si ritrova obbligato ad assecondare le richieste che arrivano dal basso. Se prima pretendevano di essere ascoltati, ora reclamano ancora più azioni: hanno visto che la loro voce sta cambiando la storia del Paese e non hanno intenzione di fermarsi.

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