«Il male del regime sionista nel suo attacco di sabato contro l’Iran non dovrebbe essere né ingigantito né sminuito». A 24 ore di distanza dai raid israeliani «mirati» che hanno colpito obiettivi militari in Iran, la guida suprema Ali Khamenei interviene e assicura: «Questo errore di calcolo dei sionisti deve essere ridimensionato, affinché comprendano il potere e la determinazione dell’Iran».

Secondo l’ayatollah, le autorità iraniane decideranno la reazione appropriata, basandosi sull’interesse del Paese. Ma le parole di Khamenei sembrano essere più un messaggio rivolto all’interno che un monito per i «nemici». E sembrano avvalorare la tesi secondo cui, alla fine, Teheran non risponderà agli attacchi delle Idf.

Perché? Perché il regime iraniano si sente accerchiato mentre Israele, nonostante l’ostinata voglia di guerra di Benjamin Netanyahu, è tutt’altro che isolato. Come dimostra anche la reazione degli Stati Uniti che hanno subito parlato di «autodifesa».

Inoltre, guardando le immagini satellitari, è chiaro che gli aerei israeliani avevano a disposizione informazioni molto accurate grazie alle quali hanno colpito obiettivi specifici, in particolare strutture adibite alla costruzione di missili.

Un attacco molto diverso dai missili iraniani che, il 1° ottobre, erano stati sparati, quasi a caso, verso Nevatin e altre basi. È possibile quindi che l’Iran abbia deciso di cessare il “ping pong” missilistico che pesa a suo svantaggio e di cercare di aprire al dialogo con gli Stati Uniti sul nucleare e sulle sanzioni in una fase in cui la sua influenza nella regione si sta riducendo dopo i colpi inferti ad Hamas e Hezbollah.

Negoziati a Doha

Il premier Netanyahu ha affermato che l’attacco all’Iran «è stato preciso e potente, e ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissati. Abbiamo danneggiato gravemente la capacità di difesa dell’Iran e la sua capacità di produrre missili, dopo che negli ultimi mesi abbiamo seguito un piano sistematico per tagliare i tentacoli alla piovra».

Il premier, che è intervenuto durante una cerimonia in memoria delle vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, è stato contestato dai parenti degli ostaggi che gli hanno urlato «vergona» prima di essere allontanati dalla polizia.

A Doha, secondo diverse fonti, i direttori della Cia e del Mossad, William Burns e David Barnea, e una delegazione del Qatar hanno ripreso i negoziati per arrivare a un accordo sugli ostaggi. Secondo la televisione israeliana Channel 12, la trattativa riguarda un cessate il fuoco a Gaza di meno di un mese e lo scambio di alcuni ostaggi con un certo numero di detenuti palestinesi.

Hamas, secondo Haaretz, offre il rilascio di tutti gli ostaggi prigionieri a Gaza in cambio del rilascio dei detenuti palestinesi in carcere in Israele e di un cessate il fuoco indeterminato nella Striscia con il concomitante ritiro dell’esercito. Intanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà, su richiesta dell’Iran, per discutere dei raid israeliani contro Teheran.

Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha detto che la maggior parte dei «proiettili sparati sono stati intercettati dai sistemi di difesa» di Teheran, ma l’attacco ha causato danni e la morte di quattro soldati.

Camion contro passanti

Una persona è morta e 40 sono rimaste ferite, dei quali dieci in gravi condizioni, dopo essere state investite da un camion alla fermata dell’autobus. Il camionista è stato ucciso da civili armati presenti sulla scena.

Il tir ha colpito a Glilot, appena a nord di Tel Aviv, nella zona dove si trova il quartier generale del Mossad e diverse unità di intelligence dell’Idf, tra cui la 8200. Hamas ha detto che l’attacco «è stato una risposta ai crimini commessi dall’occupazione sionista». La polizia sta indagando per scoprire ulteriori dettagli, tra cui il movente dell’attacco.

Attacchi a Gaza

Secondo funzionari sanitari palestinesi gli attacchi dell’Idf nella Striscia di Gaza, ieri, hanno ucciso almeno 45 persone. Per l’Idf si trattava di miliziani di Hamas.

Quattro riservisti israeliani sono rimasti uccisi e 14 feriti durante uno scontro con miliziani di Hezbollah in un villaggio del Libano meridionale. Nel dare l’annuncio le Forze israeliane hanno precisato che lo scontro è avvenuto sabato. Tra i 14 feriti, 5 sono in gravi condizioni.

Secondo l’agenzia nazionale libanese Nna, i raid israeliani nel sud del Libano la sera di sabato hanno causato la morte di almeno sei persone e il ferimento di un’altra nella città di Jdeideh Marjayoun.

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