Doveva essere un arsenale «a prova di bomba atomica», ma i droni ucraini sono riusciti a incendiarlo, distruggendo missili, bombe aree e proiettili di artiglieria. Il Parlamento europeo vota una mozione a favore degli attacchi con armi Nato su suolo russo
È stata la più grande esplosione dall’inizio della guerra, rilevata dai sismografi, avvistata persino dai satelliti Nasa. A saltare in aria è stato uno dei più grandi depositi di munizioni delle forze armate russe, colpito da droni ucraini che hanno viaggiato fino alla regione di Tver, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte. Almeno 13 persone sarebbero rimaste ferite.
Il Cremlino minimizza. Nei notiziari russi non c’era traccia della notizia e il governatore della regione ha parlato soltanto di un incendio causato da rottami di droni abbattuti e dell’evacuazione di parte della popolazione della cittadina di Toropets. Ma i filmati diffusi su Telegram e le chat degli abitanti della zona non lasciano spazio a dubbi.
Le immagini mostrano una colonna di fuoco e fumo a forma di fungo nucleare, alta decine e decine di metri. «Scappiamo come topi dalle nostre abitazioni. Dove sono le difese aeree?», ha scritto ieri notte un abitante in un gruppo di Vkontakte, l’equivalente russo di Facebook.
Secondo i media ucraini, l’attacco è stato condotto da un centinaio di droni ed è stato pianificato dall’intelligence di Kiev, Sbu e Gru, e dalle forze speciali dell’esercito. Nell’esplosione sarebbero stati distrutti missili a lungo raggio e bombe plananti utilizzate contro le città ucraine, oltre a decine di tonnellate di proiettili di artiglieria. Secondo esperti consultati dall’agenzia Reuters, le esplosioni visibili nei filmati sono paragonabili a quelle generate dalla detonazione di circa 240 tonnellate di esplosivo.
Nel frattempo, un portavoce delle forze armate ucraine ha detto che la controffensiva russa contro la regione di Kursk, occupata dalle forze armate ucraine dai primi di agosto, sarebbe stata fermata.
L’arsenale di Toropets era uno dei principali depositi di armi convenzionali di tutta la Federazione russa. Nel 2018, l’allora viceministro della Difesa Dmitry Bulgakov aveva descritto il deposito come «impervio ad attacchi aerei e persino agli effetti distruttivi di un’esplosione nucleare». Bulgakov si trova agli arresti con l’accusa di corruzione dalla scorsa primavera.
L’Ue e gli attacchi in Russia
Il bombardamento di Toropets dimostra che Kiev è ormai in grado di colpire bersagli di primaria importanza sul territorio russo, senza bisogno di ricorrere ad armamenti forniti dagli alleati. Ma questo non diminuisce la pressione degli ucraini e dei loro sostenitori affinché gli venga dato il via libera anche agli attacchi con armi Nato. Oggi, anche il parlamento europeo dovrebbe prendere posizione sulla questione, con il voto su una risoluzione congiunta di tutti i gruppi di maggioranza in cui si chiede agli stati membri di «revocare immediatamente le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo». La risoluzione è un documento non vincolante che difficilmente persuaderà gli stati europei ancora contrari a questi attacchi, Germania e Italia in testa. Questa settimana, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito che la decisione in Germania è stata presa e che «non cambierà». Dopo aver espresso la sua netta contrarietà all’uso di armi italiane in Russia questa primavera, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha più dato segnali di voler cambiare posizione, nemmeno dopo la recente visita in Italia del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
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