Il governo di Pristina rinvia l’entrata in vigore di una legge sui documenti rilasciati dalla Serbia dopo che nella notte ci sono state proteste nel nord del paese e dichiarazioni minacciose da Belgrado: il contingente Nato, formato soprattutto da italiani, dice di essere pronto a intervenire
Il governo del Kosovo ha accettato di rinviare di un mese l’entrata in vigore della legge che porterà al non riconoscimento dei documenti rilasciati dalla Serbia. La legge avrebbe dovuto diventare efficace alla mezzanotte di domenica, ma una serie di proteste della minoranza serba in Kosovo, le dichiarazioni aggressive del governo serbo e i consigli degli alleati occidentali hanno spinto il governo locale a rinviare la decisione.
La tensione però rimane alta. Nella notte, sirene e campane hanno suonato nella parte a maggioranza serba del Kosovo e molte persone sono scese in piazza a protestare. I militari della forza Nato Kfor, composta in gran parte da italiani, hanno diffuso un comunicato in cui dicono che sono pronti a intervenire in caso di disordini.
La situazione
Il Kosovo è un ex regione della Serbia a maggioranza albanese diventato indipendente in seguito al conflitto tra Serbia e Nato nel 1999. Nella parte nord del paese, intorno alla città di Mitrovica, è presente una significativa minoranza di lingua serba. Negli anni ci sono stati numerosi momenti di tensione tra le due comunità. Lo scopo dei militari della Kfor è quello di proteggere gli accordi di pace ed evitare incidenti provocati dall’una o dall’altra parte.
Tra le truppe della Kfor ci sono circa 600 militari italiani su un totale di circa 3.800 soldati. Il secondo contingente è costituito da truppe americane, seguite da quelle ungheresi e turche.
I riflessi internazionali
La crisi in Kosovo è influenzata dalla situazione internazionale. Tradizionalmente, la Serbia è un’alleata della Russia e in queste ore sono in molti a vedere l’influenza del Cremlino nello sviluppo dell’attuale crisi. Il deputato erbo Vladimir Djukanovic, che fa parte dello stesso partito del presidente Alexander Vucic, ha detto che la Serbia potrebbe essere costretta a «denazificare il Kosovo».
Vucic stesso ha invitato la minoranza serba in Kosovo a non compiere provocazioni, ma ha avvertito che se i serbi kosovari saranno «attaccati o uccisi», la Serbia «vincerà».
Albin Kurti, primo ministro del Kosovo, ha detto ieri notte che «le prossime ore e i prossimi giorni e settimane potrebbero essere difficili e problematici». Per il momento, la decisione del suo governo di rinviare l’entrate in vigore della legge sembra aver raffreddato la tensione, ma la situazione sul campo rimane tesa e le truppe Nato nella regione restano in allerta.
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