- Le coppie cinesi potranno avere tre figli, e non più soltanto due come previsto dalla precedente riforma del 2016. L’ufficialità della nuova norma è arrivata al termine di una riunione dell’Ufficio politico del Partito comunista cinese, presieduto da Xi Jinping.
- È un segnale della gravità della situazione, con molti demografi che ritengono la Cina sull’orlo di una «crisi demografica». L’apertura del 2016 ha fallito, mettendo in luce una riluttanza delle coppie ad avere un altro figlio.
- È prevedibile che questa ulteriore liberalizzazione abbia anch’essa effetti molto limitati se le «misure di sostegno» ancora non specificate dal governo non saranno massicce e prolungate.
Le coppie cinesi potranno avere tre figli, e non più soltanto due come previsto dalla precedente riforma del 2016. L’ufficialità della nuova norma è arrivata oggi, al termine di una riunione dell’Ufficio politico del Partito comunista cinese, l’organismo – presieduto da Xi Jinping – che di fatto governa il Paese. Si tratta dunque di un provvedimento approvato in seguito alla pubblicazione questo mese dei dati preliminari dell’ultimo censimento decennale, che hanno certificato una crescita sempre più lenta dei nuovi nati, della popolazione complessiva (1,4 miliardi di persone) e un suo rapido invecchiamento.
La struttura della popolazione
Non a caso il comunicato dell’Ufficio politico afferma che l’obiettivo è quello di «migliorare la struttura della popolazione della Cina». A tal fine «verrà introdotta una politica che permetta alle coppie di avere tre figli, con le relative misure di sostegno, in modo da reagire prontamente all’invecchiamento della popolazione e mantenere il vantaggio competitivo delle risorse umane».
Secondo l’Ufficio nazionale di statistica (Nbs), l’anno scorso nella Repubblica popolare sono stati registrati soltanto 12 milioni di neonati, un declino del 18 per cento rispetto all’anno precedente (14.65 milioni), ma soprattutto una diminuzione costante, che segnala una tendenza apparentemente inarrestabile, con il “tasso di fertilità” (il numero medio di figli per ogni donna) fermo a 1,3, ben al di sotto di quel “livello di sostituzione” (il numero medio di figli necessario a mantenere stabile la popolazione) di 2,1.
Come sempre avvenuto nella sua storia, la Repubblica popolare procede per scossoni, tentativi fallimentari, ripensamenti, sperimentazioni che, da un lato, dimostrano la duttilità e la capacità di implementazione delle politiche del Partito unico, dall’altro ricordano la complessità di governare un Paese alle prese tradizionalmente con la contraddizione tra la vastità della suo popolazione e dei suoi confini e la scarsità delle risorse. Per questo in una Cina che già aveva raggiunto un miliardo di abitanti (e che, quando il 1° ottobre 1949 fu proclamata la Repubblica popolare ne aveva poco più di 500 milioni) nel 1981 Deng Xiaoping varò la politica del figlio unico, che fu attuata in maniera severa (multe salatissime per chi aveva il secondo bebè) e causo tante sofferenze, aborti e infanticidi, soprattutto di femmine, il che produsse l’attuale squilibrio con i maschi, uno dei tanti fattori che complica il matrimonio, unica “sede” accettata per la procreazione in un Paese moderno, ma da questo punto di vista di stretta osservanza confuciana.
Da due a tre
Soltanto nel 2016 – dopo lunghissimi dibattiti – ci si decise a dare il via libera al secondo figlio. E, a distanza di cinque anni, arriva ora l’ok anche per il terzo, non soltanto, come era atteso, in aree limitate del paese, procedendo secondo il metodo - tipico del Pcc – delle sperimentazioni locali, eventualmente da estendere se hanno avuto successo, ma per tutto il Paese.
È un segnale della gravità della situazione, con molti demografi che ritengono la Cina sull’orlo di una «crisi demografica» che l’ha quasi equiparata a paesi come la Corea del sud o il Giappone (assieme all’Italia il Paese dove si fanno meno figli), con la differenza che la Cina non è ancora un’economia avanzata. Non ha ancora un sistema di welfare, pensioni e assistenza sanitaria in grado di reggere a un invecchiamento complessivo della popolazione che sta procedendo a un ritmo accelerato rispetto a quanto sperimentato finora dagli altri paesi industriali. E, soprattutto, la Cina per il rilancio della sua economia ha puntato nuovamente sulla manifattura, una manifattura 4.0 (con l’impiego massiccio di automazione), ma questo non significa che il suo sistema economico non avrà ancora bisogno di sovrabbondanza di manodopera giovane e a basso costo che non trova più (e dunque i salari crescono costantemente).
La riluttanza delle coppie
L’annuncio dell’ultima svolta sulla politica della natalità (cioè sul controllo delle nascite da parte del governo) è stata accolta in molti casi con scetticismo da parte dei cinesi ed è piuttosto naturale, dal momento che già l’apertura del 2016 ha fallito nel favorire un’inversione di tendenza, mettendo in luce una riluttanza delle coppie ad avere un altro figlio che andava molto al di là del divieto imposto a suo tempo da Deng. «Vorrei avere un terzo figlio se avessi 5 milioni di yuan (circa 790 mila euro, nda)» ha scritto un utente di Weibo, il Twitter locale.
Nel 2020 i lavoratori potevano contare su un reddito medio pari a 5.000 dollari, ma un matrimonio costa tra 77 mila e 93 mila dollari per i tre “must”: appartamento, automobile e dote. E chi si sposa fa sempre meno figli (11,79 milioni nel 2019, 10,035 milioni nel 2020).
La pandemia ha accelerato queste tendenze. Il calo dei matrimoni registrato l’anno scorso è stato il più brusco dal 1982 (meno 20 per cento), e i prestiti agevolati per sostenere l’economia hanno fatto salire il costo della vita. Mentre persistono gli effetti dello squilibrio maschi-femmine retaggio della politica del figlio unico: 114,61 ogni 100 nella fascia di età 20-24, e 106,65 ogni 100 in quella 25-29.
Tra i fattori che spingono verso il basso le nascite vanno annoverati anche la continua urbanizzazione (in città si fanno meno figli che tra le comunità rurali), nonché, in misura minore, la crescente apertura nei confronti delle comunità Lgbt, che vivono più serenamente al di fuori dei ménage tradizionali, senza sentirsi costrette a procreare. Xu Jian ha ricordato il detto secondo cui «lo sviluppo è il miglior contraccettivo» e – ha aggiunto il demografo dell’Università di Jilin - «la Cina continua a svilupparsi rapidamente».
Le promesse del governo
Se si considera che la fetta (benestante) di popolazione che potrà permettersi un terzo figlio sarà di gran lunga minore di quella, già piccola, che finora ha accettato la sfida di un secondo figlio, è prevedibile che questa ulteriore liberalizzazione abbia anch’essa effetti molto limitati. A meno che il governo tra le «misure di sostegno» non specificate nell’annuncio della nuova politica, non vari misure di sostegno massicce e prolungate per le giovani coppie e per i loro figli in tutti quei settori (costo degli immobili, nidi, scuole, assistenza sanitaria, etc.) che hanno reso finora incompatibile il mantenimento dei figli in contesti, come quelli delle nuove metropoli cinesi, dove il costo della vita è schizzato alle stelle e la vita delle giovani coppie è stata sempre più risucchiata dal lavoro.
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