- Soprattutto in Asia e America Latina cresce l’insoddisfazione per una guerra senza fine e senza prospettive.
- Gli incontri di Zelensky con i leader dei paesi terzi non sono andati bene.
- Gli Usa stanno cercando una via di uscita con una nuova dottrina di sicurezza globale.
La questione del “global South” preoccupa le cancellerie dell’ “occidente collettivo”. Più passano i mesi di guerra e più i grandi paesi dell’emisfero sud fanno conoscere la loro insoddisfazione, questione che è anche al centro del summit di pace fra gli alleati dell’Ucraina di cui ha dato conto il Wall Street Journal.
Il presidente brasiliano Lula da Silva non si è incontrato con Volodymyr Zelensky a margine del G7. Narendra Modi invece l’ha fatto, sostenendo tuttavia una posizione che si sostanzia in una semplice domanda: quando inizierete a trattare?
Nelle sue recenti missioni internazionali Zelensky ha avuto buoni successi con l’occidente (vedi la questione aerei da guerra) ma ha potuto toccare con mano la freddezza degli altri, anche con Mohammed Bin Salman a Gedda o con il presidente indonesiano Joko Widodo a Hiroshima.
Il prolungarsi della guerra sta creando nei paesi terzi uno stato d’ansia, connesso alla preoccupazione per le tensioni attorno a Taiwan. Continui messaggi vengono inviati a Washington e a Pechino (ed in Europa), perché si inizi a trattare.
Piace generalmente la posizione della Cina, che si è dichiarata favorevole al negoziato. La crisi globale provocata dal conflitto spaventa molti governi asiatici e latinoamericani a causa delle onde di instabilità politica ed economica che produce.
Il consigliere Usa per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha cercato di calmare le acque parlando di “partenariati innovativi” e di de-risking, ribandendo di essere favorevole al dialogo con Pechino.
L’impatto della guerra e del disaccoppiamento tra le economie rendono nervosi in particolare i mercati asiatici: molti paesi si sono avvantaggiati della crescita globale ed ora non vogliono rinunciare a tali benefici.
Il tentativo di Sullivan è diretto a far scendere il livello di diffidenza che è andato crescendo in questi ultimi anni tra Usa e Cina. È significativo che il consigliere alla sicurezza nazionale americano sia stato incaricato di esprimere una nuova dottrina di politica estera dell’amministrazione Biden: un modo di reagire alla strategia della tensione che Mosca predilige cercando di creare un fronte anti occidente.
Come si dice in ambienti militari: l’ “amicizia senza limiti” tra Pechino e Mosca “non è un’alleanza”, aggiungendo che se la Cina aiutasse militarmente o tecnologicamente Mosca, ce ne saremmo già accorti sul terreno.
Per ora prevale una generale grande prudenza, che il presidente Emmanuel Macron interpreta con la sua posizione: favorevole all’inizio di trattative anche a guerra in corso (cioè si inizi a parlare subito, anche senza tregua).
L’invito a Modi per il 14 luglio come ospite d’onore alla sfilata nazionale di Parigi, rappresenta un ulteriore elemento in tale direzione: rafforzare il fronte di chi spinge per il dialogo. La risposta favorevole di Mosca alla nomina del cardinale Matteo Zuppi come inviato papale per la pace, aggiunge un altro tassello alla delicata costruzione di uno scenario nuovo, dopo 18 mesi di soli sanguinosi scontri.
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