«Lunedì nero in Georgia». Con queste parole la presidente della Repubblica Salome Zourabichvili ha condannato la decisione del nuovo parlamento di riunirsi questa mattina (25 novembre) per la sua prima sessione, nonostante le proteste. Un incontro «incostituzionale», come lo ha definito su X la presidente, che si era rifiutata di convocarlo perché «massicci brogli elettorali hanno minato la sua legittimità».

Il partito vincitore Sogno Georgiano si è presentato in Aula nonostante i veti di Zourabichvili. «Questa riunione è stata un’altra dimostrazione di furto del potere, soprattutto in presenza di un ricorso alla Corte Costituzionale», ha affermato Mamuka Andguladze, presidente dell’associazione georgiana che promuove e tutela i diritti della stampa, Media Advocacy Coalition. Secondo la Commissione elettorale nazionale, il partito fondato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili ha vinto ottenendo il 53,93 per cento dei voti, contro il 37,79 per cento raccolto dai partiti dell’opposizione, che non sono entrati nell’edificio in segno di protesta. La presidente Zourabichvili, però, ha presentato un’azione legale alla Corte del Paese, chiedendo di dichiarare incostituzionali i risultati delle elezioni del 26 ottobre, per la violazione dei principi di universalità e segretezza del voto.

La protesta

Da giorni, ormai, fiumi di persone continuano a sventolare la bandiera blu con le 12 stelle dorate per le strade di Tbilisi, chiedendo nuove elezioni gestite da un’amministrazione elettorale internazionale perché Sogno Georgiano, ritenuto filo-russo dai suoi detrattori, avrebbe manipolato il voto. Alcuni manifestanti hanno trascorso la notte tra domenica e lunedì sulla via principale della capitale, vicino al parlamento, senza farsi frenare dall’elevata mobilitazione delle forze di polizia.

La richiesta, implicita, è una: per poter entrare nell’Unione europea, la Georgia deve essere libera da interferenze da parte della Russia. Accusa, questa, mossa dalla presidente Zourabichvili e che Mosca ha smentito negando l’ingerenza elettorale. Anche per Andguladze «il metodo utilizzato da Sogno georgiano per sopprimere l’opinione critica nel Paese, diffondendo narrazioni antioccidentali, è pienamente in linea con le tattiche russe».

Il partito di Ivanishvili «aveva l’obbligo di garantire elezioni eque e segrete. Quelle tenute dal governo, però, sono state ben lontane dagli standard europei, sia durante il giorno del voto, che durante la campagna elettorale», ha affermato Andguladze. Per questo motivo, nel Paese continuano a svolgersi proteste che Zourabichvili su X ha definito «pacifiche», nonostante diversi video mostrino la polizia georgiana trascinare via alcuni manifestanti. Per il presidente dell’associazione per i diritti della stampa, i tentativi di repressione e di intimidazione da parte delle forze dell’ordine, però, sembrano motivare il popolo a scendere in piazza, più che scoraggiarlo: «È piuttosto chiaro che i georgiani non accettano questi risultati, quindi continueranno a manifestare finché non si andrà di nuovo al voto».

La libertà di stampa

Secondo alcuni giornali locali, alle testate online è stato proibito di coprire le attività parlamentari di lunedì. Un indicatore delle difficoltà che i sistemi di informazione devono affrontare nel Paese, come ha spiegato il presidente di Media Advocacy Coalition: «I media, le associazioni della società civile e anche diversi osservatori sono riusciti a individuare e a presentare i risultati di una frode sistematica nella procedura elettorale», nonostante «la polizia abbia interferito con il lavoro dei giornalisti».

Agli occhi di Andguladze, la situazione della stampa nel Paese caucasico è critica soprattutto a causa della cosiddetta “Legge russa” sulla trasparenza dell’influenza straniera. Le proteste sono iniziate dopo l’adozione, verso metà maggio, di questo provvedimento, spingendo anche Bruxelles a congelare il processo di adesione della Georgia all’Unione europea, nonostante lo status di Paese candidato ottenuto lo scorso dicembre. Proprio per questo genere di misure, soprattutto negli ultimi due anni, il governo ha ricevuto «decine di avvertimenti» inascoltati da parte dell’Ue, che hanno portato a frenare l’avvicinamento della Georgia ai 27.

Secondo Andguladze, non è per far piacere all’Unione, però, che bisogna chiedere nuove elezioni: «Dobbiamo farlo per soddisfare i bisogni dei georgiani, perché vogliamo raggiungere gli standard europei. Non è per Bruxelles, è per noi». Quella con cui adesso si deve confrontare Tbilisi per il presidente di Media Advocacy Coalition è una sfida «storica»: l’ingresso nell’Unione. «Un Paese che segue uno stile di vita europeo, nel continente europeo», per scelta del partito di governo ha visto sospendere il processo di integrazione comunitario e rischia di vederlo interrompersi «erodendo, così, la nostra democrazia», ha spiegato Andguladze. «La maggior parte dei cittadini georgiani vuole far parte della famiglia europea. Quello che io spero è che questo sogno si realizzi».

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