Nel giorno della chiusura delle indagini sulla morte del ricercatore ucciso al Cairo, la famiglia Regeni e la legale tornano a chiedere il ritiro dell’ambasciatore e il blocco delle armi. Claudio Regeni: «auspichiamo un cambio di rotta del governo». Paola Deffendi, la madre di Regeni: «Finiamola con la retorica della madre, e dei padri. Le madri sono cittadine e hanno diritto di rivendicare verità e giustizia per i loro figli»
«Chiedete ai politici: cosa state facendo? Presidente Conte che sta facendo per la verità su Giulio? E il ministro degli Esteri Di Maio? I rapporti bilaterali con l'Egitto sono divenuti sempre più un’amicizia». Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, in collegamento video per la conferenza stampa alla Camera nel giorno di chiusura delle indagini sulla morte di suo figlio, ha chiesto risposte dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, e ha incaricato i giornalisti di farsi avanti. Insieme al marito, Claudio, e all’avvocata Alessandra Ballerini, inoltre ha chiesto ancora una volta «il ritiro dell’ambasciatore e lo stop alla vendita di armi». Ad ascoltarli il presidente della camera Roberto Fico e il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Beppe Giulietti.
Un cambio di rotta
Dal governo, ha detto Claudio Regeni, «ci auspichiamo un cambio di rotta che non si intravede all'orizzonte. Pur con le parole di solidarietà e di circostanza non lo vediamo nei fatti» e ha precisato: «Non vediamo un esponente di governo da ottobre 2019, quando abbiamo incontrato Luigi Di Maio».
I Regeni non hanno parlato solo all’esecutivo e alla stampa, ma anche al Parlamento, e nello specifico alla commissione di Inchiesta sull’omicidio Regeni: «Chiediamo di fare chiarezza sulle responsabilità italiane, quelle che mio marito ha definito le zone grigie» per ricostruire cosa è successo dal 25 gennaio al 3 febbraio del 2016, data del ritrovamento. «Bisogna che ci sia chiarezza».
Le indagini
Alla chiusura delle indagini, il procuratore Michele Prestipino, e il pm Marco Colaiocco, hanno raccontato alla Camera in audizione in commissione che, prima di essere ucciso, Giulio Regeni è stato torturato e seviziato per nove giorni. Colaiocco ha detto che ci sono dei testimoni. La madre, il padre e la legale del ricercatore non hanno smesso per quasi cinque anni di sperare che arrivasse questo giorno. «Non è una festa, ma è una tappa per la democrazia italiana» ha detto Deffendi. «Niente ci ferma» ha detto la madre di Giulio. «Speravano che non avremmo lottato» ha proseguito.
Il depistaggio messo in atto dal paese, hanno ricordato i familiari e la legale, è stato «grottesco». Claudio ha ricordato: «Dal 2017, da quando è stato mandato l’ambasciatore Gianpaolo Cantini attendiamo la collaborazione dell’Egitto». Interrogato dalla stampa, il presidente della Camera Roberto Fico ha detto: «Non sono io che mi occupo dell’ambasciatore», ma ha ricordato: «ho detto al presidente egiziano al-Sisi che non avremmo accettato depistaggi». Oggi «che il quadro è più chiaro nessuno può tirarsi indietro da fare la sua parte», ha concluso.
La famiglia ha ringraziato «l’onda gialla», tutta la società civile che ha continuato a seguire il caso in questi anni con manifestazioni e interventi sui social network: «se non c’è l’opinione pubblica non si fa niente». La madre di Regeni ha chiesto però rispetto per la figura di suo figlio quando partirà il processo: «No libri, film o canzoni che pretendano di raccontarlo. Solo noi possiamo farlo, nessuno pensi di cannibalizzare la sua figura».
Verità e giustizia
Ballerini ha notato che le indagini si sono chiuse proprio il 10 dicembre, nel giorno in cui ricorre la giornata internazionale dei diritti umani: «Questo è un punto di partenza, adesso partirà il processo. Per arrivare al punto di partenza ci sono voluti 5 anni». I genitori di Giulio, ha detto, «potevano chiudersi nel loro dolore ma hanno combattuto senza arretrare mai di un centimetro. Vorremmo da parte di chi ci governa la stessa abnegazione. Devono agire e sapere che la giustizia non è barattabile con nulla e senza non possono esserci libertà e diritti».
Grazie a Giulio, ha detto Deffendi, «ora è sotto gli occhi di tutti che cos’è la dittatura egiziana, e lui è diventato da una luce che illumina uno specchio che riverbera in tutto il mondo come vengono violati i diritti umani in Egitto ogni giorno». La mamma di Giulio si è riferita alle mamme egiziane che chiedono attenzione per i diritti: «Mi hanno detto parla tu che puoi, io ho parlato, noi abbiamo parlato, la nostra avvocata ha parlato, la società ha parlato. Sappiamo che cosa state subendo». E ha detto a chi ha commentato il suo dolore: «Finiamola con la retorica della madre, e dei padri. Le madri sono cittadine e hanno diritto di rivendicare verità e giustizia per i loro figli».
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