Al centro del filone marocchino della scandalo che ha travolto il parlamento europeo, la questione del Sahara occidentale. Rabat ha puntato a corrompere parlamentari e funzionari per aggirare la sentenza della Corte di Giustizia Ue che salvaguardava il diritto ai profitti dei Saharawi per le risorse del loro territorio.
- Al centro del filone marocchino della scandalo che ha travolto il parlamento europeo, la questione del Sahara occidentale.
- Rabat ha puntato a corrompere parlamentari e funzionari per aggirare la sentenza della Corte di Giustizia Ue che salvaguardava il diritto ai profitti dei Saharawi per le risorse del loro territorio.
- «Succede sempre qualcosa nel parlamento europeo – spiega Fatima Mahfoud rappresentante del Polisario in Italia – che va a interrompere procedimenti favorevoli alle nostre istanze». E finora come dimostrano i Maroc-Leaks Che Panzeri era cruciale nell’azione di lobby del Marocco in Ue.
Per Noam Chomsky furono loro nell’ottobre del 2010 a dare l’innesco alle Primavere arabe. In anticipo sui tunisini, i Saharawi, portarono 20mila attivisti a Gdeim Izik, in mezzo al deserto del Marocco meridionale, per manifestare pacificamente e chiedere a Rabat rispetto dei diritti.
La "primavera saharawi” fu repressa nel sangue dalle forze di polizia marocchine e la loro causa si inabissò nuovamente tra l’assoluta noncuranza del mondo.
Oggi, la questione del Sahara Occidentale, l’ultima colonia d’Africa a opera di africani, riemerge per un ennesimo capitolo di frustrazione di diritti.
Merce di scambio, i Saharawi sarebbero le vittime sacrificali di loschi affari intercorsi tra parlamentari europei ed esponenti marocchini interessati a mantenere lo status quo degli scambi Ue-Marocco messo a serio pericolo da un pronunciamento della Corte di giustizia dell'Ue nel 2016.
La Corte boccia gli accordi Ue-Marocco
L’organismo giuridico aveva bocciato gli accordi commerciali tra Europa e Rabat proprio per quanto atteneva all’area del Sahara occidentale, ricca di fosfati e pescosissima, e chiedeva che ogni futura firma fosse apposta previo consenso Fronte del del Polisario, l’organismo politico rappresentante i Saharawi.
La sentenza della Corte, però, fu sostanzialmente bypassata dalla Commissione europea che ripropose i contenuti del testo precedente senza alcuna modifica sostanziale e, soprattutto, senza coinvolgere i Saharawi. E quando nel 2019 i testi del nuovo accordo furono approvati a larga maggioranza in parlamento, il Polisario presentò un ricorso incassando un nuovo assenso dalla Corte la quale nel 2021 ha invalidato ogni intesa. Nonostante ciò, il parlamento ha nuovamente approvato l’accordo commerciale col Marocco e al nuovo ricorso presentato dal Polisario, si attende riscontro per il 2023.
Per anni ci si è chiesti come fosse possibile che parlamento e commissione europei aggirassero pronunciamenti della Corte di Giustizia. Oggi emergono le prime risposte. Il potente sistema di lobbysmo marocchino, va alla ricerca da tempo di parlamentari europei tendenzialmente vicini per vocazione politica ai popoli oppressi o privati dei diritti fondamentali per convincerli, attraverso metodi leciti e illeciti, a spostare appoggi e voti favorevoli agli interessi di Rabat. In questo modo consentono una stabile relazione politico-commerciale tra Ue e Marocco e cancellano de facto le istanze, ratificate in questo caso dalla Corte di Giustizia, dei Saharawi.
«Succede sempre qualcosa nel parlamento europeo – spiega Fatima Mahfoud rappresentante del Polisario in Italia – che va a interrompere procedimenti favorevoli alle nostre istanze. Abbiamo avuto un ultimo esempio lo scorso 14 dicembre: a seguito del Qatar gate è stata votata una mozione per limitare le lobby e la sinistra ha presentato un emendamento che allargava anche al Marocco, ma la stragrande maggioranza ha votato contro».
Gli ‘amici’ del Marocco
Tra i più attivi a orientare le scelte del parlamento e della commissione, c’è, come è noto, Pier Antonio Panzeri, a capo proprio della commissione mista Ue-Marocco dal 2010 al 2014 e presidente nel suo terzo mandato 2014-2019, della delegazione per le relazioni col Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo, comprese le commissioni parlamentari miste Ue-Marocco, Ue-Tunisia e Ue-Algeria.
I suoi rapporti con Abderrahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia, e uomo di grande pressione sulla Ue per scongiurare il downsizing dei rapporti commerciali Marocco-Europa, così come quelli tra emissari marocchini e parlamentari tra i quali, come risulterebbe alla magistratura belga, oltre a Panzeri ci sarebbero Cozzolino e la vice presidente Kalili, sono ora al vaglio degli inquirenti. Che Panzeri fosse cruciale nell’azione di lobby del Marocco in Ue lo dimostrano molti dei testi rivelati da Maroc-leaks.
Uno fra tanti, del 2014, della direzione per i rapporti con l’Ue del ministero degli esteri marocchino recita in un passaggio, «Federica Mogherini … guiderà la diplomazia europea …Proveniente dal Pd, che ha sostenuto la mozione contro il Marocco nel parlamento italiano, ha adottato posizioni favorevoli alle tesi dei separatisti sulla questione del Sahara. È quindi necessario agire con gli amici del Marocco (alti funzionari europei e membri del partito Socialists & Democrats, in particolare Pargneaux e Panzeri) per sensibilizzarla su questo tema…»
I Saharawi nazione solo per l’emisfero sud
Per metà del mondo – l’Unione Africana e quasi tutti i paesi africani, molti paesi americani e asiatici – il Popolo del deserto, stanziatosi da secoli tra Marocco del Sud, Mauritania e Oceano Atlantico, è una nazione - la Repubblica Araba Saharawi Democratica (Rasd) - con un governo e un parlamento (in esilio a Tindouf, Algeria, ndr). Per l’altro emiciclo planetario, invece, non è altro che l’estrema propaggine a sud del Marocco. Sahara Spagnolo fino al 1975, già dagli inizi degli anni Sessanta, vede la costituzione di gruppi indipendentisti uniti sotto la sigla di Frente Polisario.
L’organizzazione, uscita definitivamente di scena la Spagna nel 1976, presentò alle Nazioni Unite le proprie richieste di autodeterminazione. Ma fu il Marocco ad approfittare del vacuum politico lasciato dalla Spagna: il 6 novembre 1975, re Hassan II ordina a oltre 300mila suoi sudditi, protetti da 20mila soldati, di occupare la regione a sud.
Da allora, il popolo del deserto conosce l’esilio e il progressivo frazionamento: una grossa fetta vive in quella che per Rabat è l’ultima sua regione meridionale; un’altra, molto più esigua, abita in una striscia di terra impervia conquistata dall’esercito del Polisario, chiamata Territori Liberati, al di là del muro più lungo al mondo, 2.700 chilometri, eretto dal Marocco e disseminato di mine; circa 200mila persone, infine, popolano i campi profughi di Tindouf, Algeria.
Dopo decenni di conflitto, che il Polisario affronta con l’appoggio dell’Algeria, si arriva a un accordo Onu nel 1991 che oltre alla tregua, prevede l’immediata organizzazione di un referendum sull’autodeterminazione. Sono passati più di 30 anni e quella consultazione attende ancora di essere celebrata.
Le istanze del popolo saharawi continuano a essere frustrate anche quando organismi decisivi come la Corte di giustizia dell’Ue le accoglie e le appoggia.
«Ci avviamo al congresso di gennaio - di nuovo Mahfoud – in uno stato di guerra dopo che il Marocco, nel 2020, ha violato il cessate il fuoco e apprendiamo con molta tristezza di essere stati usati come merce di scambio da parlamentari di una istituzione su cui riponevamo molta fiducia. Speriamo che questo scandalo faccia finalmente aprire gli occhi a tanti».
© Riproduzione riservata