- Ebreo e in origine russofono, Zelensky possiede due caratteristiche che in passato a Mosca segnalavano un ucraino come “uno dei nostri”.
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Oggi invece incarna la resistenza alle armate di Vladimir Putin che sta trasformando in una patria un agglomerato fino a ieri piuttosto inconsapevole.
- Come Mazeppa rifiutò sottomissione allo zar perché così vollero i suoi guerrieri, così Zelensky sarebbe stato deposto se avesse accettato il diktat di Putin.
Ivan Mazeppa, chi era costui? Probabilmente gli europei che ne conoscono il nome non sono più di quelli che tre mesi fa sapevano chi fosse Volodymyr Zelensky, l’altro eroe per caso della resuscitata nazione ucraina.
Ma nell’Ottocento Mazeppa era notissimo – Franz Liszt gli dedicò una sinfonia, Théodore Géricault un quadro, Aleksandr Puskin, Byron e Victor Hugo un poema. I romantici erano intrigati dalla sua epica sfrontata, un percorso rocambolesco che comincia nel letto di una nobildonna polacca (scoperto dal marito, Mazeppa fu legato nudo a un cavallo e scacciato) e finisce quando, divenuto condottiero dei cosacchi dell’attuale Ucraina, per difendere l’indipendenza del suo popolo sfidò lo zar e fu sconfitto.
Il nazionalismo russo lo considera un traditore – studiò dai gesuiti ma era di famiglia cristiano-ortodossa, e fu lo zar Pietro a nominarlo Ataman dei cosacchi. In questo Zelensky conosce la stessa sorte: ebreo e in origine russofono, due caratteristiche che in passato a Mosca segnalavano un ucraino come “uno dei nostri”, ora impersona quella resistenza alle armate di Vladimir Putin che sta trasformando in una patria un agglomerato fino a ieri piuttosto inconsapevole.
Giudicare e perdonare
Il ruolo non richiede sensibilità politica o acume diplomatico: semmai la veemenza necessaria per tenere viva la speranza di ricacciare indietro l’invasore. Anche quando parla in chat al mondo, Zelensky non può dimenticare che ad ascoltarlo è la sua gente – soldati che non sanno se vedranno l’alba, famiglie rinchiuse in sotterranei che in ogni momento potrebbero diventare la loro tomba, anziani la cui vita dipende dall’umore di un cecchino.
Ed è con questo metro che forse andrebbero giudicate, e perdonate, le enormità che ogni tanto gli escono di bocca. Un giorno paragona all’Olocausto i quattrocento civili inermi assassinati dai russi nell’area di Bucha. Un altro strapazza l’Europa perché non gli consegna caccia-bombardieri. Un terzo rifiuta di incontrare a Kiev il cancelliere tedesco Frank-Walter Steinmeier, respinto, unico leader europeo, perché la Germania non gli pare davvero determinata ad aiutare l’Ucraina. Ed è come se ogni volta dicesse: ma avete capito cos’è questa guerra? Quanti morti, quanta ferocia ci vengono inflitti?
Equivalente a Putin?
Circonfusa di una moralità preclusa a noi guerrafondai, la sinistra pacifista lo considera equivalente a Putin, anzi forse peggio, uno strumento dell’imperialismo Nato. Comunque un invasato, concordano la destra neutralista e la sinistra consequenzialista, per le quali si sarebbero evitate tante sofferenze se l’Ucraina si fosse arresa subito, senza combattere.
Cosa sarebbe accaduto, non è difficile prevederlo. L’esercito russo avrebbe massacrato gli ucraini che a Mosca risultano nazisti, magari solo perché hanno combattuto nel Donbass.
Ma intanto, inevitabilmente, alcuni scellerati avrebbero dato inizio alla resistenza, con attentati e ammazzamenti di collaborazionisti. L’esercito russo avrebbe reagito nel suo stile solito: con rappresaglie sulla popolazione, non fosse altro per l’impossibilità di distinguere i combattenti dai civili (come considerare le nonnine col telefonino che si spingono in strada per segnalare i movimenti dei russi?). Insomma sarebbe stata ugualmente una carneficina, però prolungata negli anni, e probabilmente risolta, alla fine, da battaglie campali.
Simbolo positivo
Come tutte le nazioni giovanissime, anche l’Ucraina sta disegnando le sue radici interpretando il passato nel riverbero del presente. Il filosofo Volodymyr Yermolenko individua gli inizi della nazione ucraina nella società cosacca del Seicento, una comunità di liberi guerrieri che aveva in odio la tirannia e manteneva una relazione “contrattuale” con il capo, l’Ataman.
Come Mazeppa rifiutò sottomissione allo zar perché così vollero i suoi guerrieri, così Zelensky sarebbe stato deposto se avesse accettato il diktat di Putin. Non è un estremista, l’ultra-nazionalismo ucraino l’ha sempre sospettato di eccessiva condiscendenza verso Mosca e verso i russofoni, quel terzo di ucraini che Putin si aspettava avrebbero accolto i suoi battaglioni con mazzi di fiori.
Che sia una democrazia cosacca o una democrazia liberale, l’Ucraina si scopre molto più unita di quanto fosse prima, nel nome di un patriottismo di cui Zelensky è un simbolo positivo.
E se la durezza dello scontro ne facesse un devoto alla guerra?, si chiedono adesso nelle capitali europee. Se accadesse, l’occidente avrebbe uno strumento per placarlo: gli basterebbe rallentare il flusso di armi che l’esercito ucraino riceve. Ma evitando di gridarlo: ai cosacchi non piace prendere ordini.
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