L’orrore degli orrori riemerge dalle pagine più buie della storia europea: dopo gli attentati in Belgio, dopo le aggressioni in Germania, dopo la caccia all’ebreo in Dagestan, le porte di case ebraiche parigine marchiate con le stelle di Davide. Proprio in Francia, la patria dell’antisemitismo europeo, mai scalfito, anzi accentuato dalla cultura illuminista.
Quando si pubblicavano tanti libelli sull’emancipazione dei popoli indigeni, ma a fianco di quelli antisemiti perché questi ebrei volevano pervicacemente restare attaccati alla propria identità, come non ha mancato di ricordare loro Voltaire. Poveracci, avevano frainteso gli ideali di giustizia e libertà con il diritto, dopo quasi duemila anni di pogrom, ghetti, roghi dei loro libri, conversioni forzate, espulsioni dai propri paesi, marchi di riconoscimento sui loro abiti, con la possibilità di essere finalmente sé stessi.
Lo stesso copione che si ripeterà con la rivoluzione bolscevica, che di quella giacobina, come noto, si sentiva diretta erede.
La Francia, il paese dell’Affaire Dreyfus, del Vélodrome d’Hiver, del Maresciallo Petain, di Vichy. L’odio antiebraico è tornato, risvegliato dal finto umanitarismo per le tragiche vittime di Gaza, casualmente le uniche che meritano la nostra empatia.
Le uniche che meritano le nostre mobilitazioni. Le uniche che meritano le nostre piazze piene. Non quelle yemenite, che vivono un’apocalisse persino peggiore da anni nel silenzio assoluto delle masse occidentali e musulmane.
Fate un sondaggio artigianale: andate al bar e chiedete chi siano gli houthi. Chiedete dove sia il Nagorno-Karabakh.
Chiedete degli armeni, fuggiti in decine di migliaia e costretti ad abbandonare in pochi giorni le proprie case per sfuggire alle milizie azere. Per loro solo indifferenza, silenzio, piccoli discorsi per specialisti di geopolitica.
Eppure il popolo armeno ha subito tutto e di più nella recente storia europea, qualche emotività dovrebbe pur produrla. Nulla, vuoto assoluto anche da parte di quella classe intellettuale che piange copiosamente per Gaza, di cui si interessa solo quando è bombardata da Israele. Mai vista questa gente nei luoghi quotidiani della costruzione della pace. Mai vista nei consessi fuori dai riflettori, mai negli ambienti che si occupuano, quotidianamente, del conflitto.
Odio millenario
Il doppio standard, quello vero, quello di sempre, non quello della vergognosa propaganda di Hamas che punta, ormai esplicitamente, al martirio del suo popolo come ultima speranza di sopravvivenza. Andate a leggervi i verbali di Norimberga. Leggetevi la strategia difensiva del SS-Gruppenführer Otto Ohlendorf, se mai sapete chi sia. Hamas lo sa ben più di voi, come sa di poter ripetere la sua strategia perché può contare su un’infinita dose di odio antiebraico fra le masse islamiche, cresciute a pane e antisemitismo e spesso, soprattutto nel mondo arabo, incolte, e di quelle occidentali, capitanate da un’élite intellettuale invece coltissima e per questo capace di mascherare il suo odio con pseudo posizioni politiche, piene di distinguo, di sì ma anche, di no però. Cose notissime alla coscienza ebraica.
Si spera siano riflessi condizionati di un mondo al tramonto, ma il timore è che sia il riemergere periodico di un odio millenario che non si riesce ad elaborare. A scorrere i social network, cosa utilissima per capire l’efficacia delle linee di propaganda che prendono in ostaggio le menti deboli, il prossimo passo si intuisce. Account di persone, che anche hanno avuto incarichi di rilievo in associazioni umanitarie o sindacati sempre presenti negli appelli anti Israele (mai ho capito cosa c’entrassero con le trattative contrattuali di lavoratrici e lavoratori italiani), che parlano di «legge del taglione».
Legge mai esistita nella Torah, che questi ignoranti possono solo leggere nella versione vecchio testamento della tradizione pre-conciliare perché mai è venuta loro la voglia di accostarsi a quella cultura ebraica da cui nascono gli ideali che hanno permesso l’emancipazione di lavoratrici e lavoratori. La legge del taglione, occhio per occhio dente per dente, praticata dal perfido popolo ebraico che rifiutò il messaggio di fratellanza universale del buon Gesù.
Peccato che fosse ebreo e che parlasse con le parole della Torah e del Talmud. È il punto di congiunzione, il ponte che permette il passaggio dall’israeliano all’ebreo. Quello che giustifica la caccia del Dagestan, le stelle di Davide parigine, l’infame ignavia dell’intellettualità occidentale, che esprime la sua bontà odiando i perfidi giudii.
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