È certamente difficile immaginare un imminente cambiamento nella chiesa africana riguardo alle persone omoaffettive o con orientamenti diversi dall’eterosessualità. Quello africano, infatti, è il continente più omolesbobitransfobico del pianeta
La chiesa cattolica africana è in rivolta. La pubblicazione, lo scorso 18 dicembre, della dichiarazione dottrinale “Fiducia Supplicans”, nella fattispecie il capitolo in cui si fa riferimento alla possibilità di benedire coppie “irregolari” o dello stesso sesso, sta scatenando reazioni scomposte in molte conferenze episcopali e suscitando spaccature preoccupanti. Non passa giorno senza che ci siano pronunciamenti di vescovi, dichiarazioni ufficiali di intere conferenze episcopali o interviste a singoli esponenti in cui si esprime assoluta contrarietà, fino a minacciare totale disobbedienza.
Già a inizio novembre avevano sollevato molte polemiche le risposte del dicastero per la Dottrina della fede, guidato dal cardinale Victor Manuel Fernández, ai dubia espressi da mons. José Negri, vescovo di Santo Amaro, Brasile. L’importantissimo organismo vaticano, lo stesso che ha emanato la “Fiducia Supplicans” su input del papa, in quella occasione, aveva espresso (in realtà ribadito) che anche i transessuali possono chiedere e ricevere il battesimo, e che transessuali così come omosessuali che convivono con un’altra persona possono essere padrini e testimoni di nozze in chiesa (basta che conducano «una vita conforme alla fede», ndr). Ma le reazioni africane a “Fiducia Supplicans” vanno ben oltre. «L’omosessualità falsifica e corrompe l’antropologia umana e banalizza la sessualità, il matrimonio e la famiglia, fondamenti della società.
Nella cultura africana, questa pratica non fa parte dei valori familiari e sociali», tuona la conferenza episcopale camerunese, «di conseguenza», conclude, «noi vescovi proibiamo per sempre tutte le benedizioni di coppie omosessuali nella chiesa del Camerun». È un chiaro atto di insubordinazione a un documento ufficiale del dicastero per la Dottrina della fede approvato dal papa. In una dichiarazione del 20 dicembre, la Conferenza episcopale della Nigeria afferma che «non è possibile che la Chiesa benedica le unioni e le attività tra persone dello stesso sesso», e aggiunge che permettere tali benedizioni «andrebbe contro la legge di Dio, gli insegnamenti della Chiesa, le leggi della nostra nazione e la sensibilità culturale del nostro popolo».
Nette le posizioni di singoli vescovi come il keniano Paul Kariuki Njiru della diocesi di Wote, «la Fiducia Supplicans deve essere respinta nella sua interezza» o il malawiano Martin Mtumbuka, diocesi di Karonga, che ha invitato il popolo di Dio a «dimenticare e ignorare questa dichiarazione controversa e blasfema», seppur consapevole che, «così facendo, vi invito a rigettare pubblicamente un documento firmato dal Santo Padre». Come una mannaia giunge sul finire del 2023 la presa di posizione dell’organismo ombrello delle Conferenze episcopali unite dell’Africa occidentale (Cerao): «Per quanto riguarda la benedizione delle coppie omosessuali, la Cerao rimane categorica: non avrà luogo nell’area di nostra competenza».
Apparentemente più sfumata ma ugualmente durissima nel contenuto la dichiarazione della Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya. Nel documento si legge che la chiesa lavora per «recuperare i perduti e reindirizzare tutti i peccatori alla fonte della salvezza e della vita eterna, ma non approva comportamenti peccaminosi, come l’attività omosessuale. Nel benedire le persone, non benediciamo le azioni immorali che possono compiere, ma speriamo che la benedizione e le preghiere offerte su di loro le provochino alla conversione e al ritorno alle vie del Signore». I vescovi dello Zambia sostengono che “Fiducia Supplicans” «non è e non deve essere intesa come un’approvazione delle unioni tra persone dello stesso sesso», e chiosano che le Scritture «presentano gli atti omosessuali come atti di grave depravazione».
La lista è decisamente più lunga e la sollevazione pressoché generale. A tal punto che il cardinal Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, in qualità di presidente del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Secam, l’organismo che raggruppa tutte le conferenze dei vescovi cattolici d’Africa, ndr), alla vigilia di Natale ha lanciato una consultazione continentale «per fornire una chiarezza inequivocabile» sulla “Fiducia Supplicans” per la popolazione africana, e offrire una «guida definitiva» al popolo di Dio.
Nel frattempo, anche lo stesso dicastero per la Dottrina della fede corre ai ripari. Incalzato da durissime prese di posizione da parte di episcopati di mezzo mondo, non solo africani, nella giornata del 4 gennaio scorso, ha pubblicato un testo di chiarimento tenendo a sottolineare che le benedizioni previste dalla “Fiducia Supplicans” si differenziano da quelle liturgiche in quanto sono «benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale».
È certamente difficile immaginare un imminente cambiamento nella chiesa africana riguardo alle persone omoaffettive o con orientamenti diversi dall’eterosessualità. Quello africano, infatti, è il continente più omolesbobitransfobico del pianeta. Con l’eccezione del Sudafrica e di Capo Verde, dove i diritti Lgbtq+ sono garantiti, negli altri 53 paesi restano limitati. Con accezioni che vanno dalla tolleranza senza riconoscimento di status alla condanna al carcere ma senza applicazione, all’incarcerazione, fino alla pena di morte non applicata, arrivando addirittura alla pena capitale effettiva nello stato nigeriano di Bauchi o nelle zone sotto il controllo di al Shabab in Somalia. A suggellare un trend pessimo, giunge sul finire del 2023 la notizia della proposta shock del presidente del Burundi Evariste Ndayishimiye di introdurre la lapidazione contro i gay. Le popolazioni sono di certo meno omofobiche dei loro governanti che mantengono o propongono misure medioevali. Paradossalmente, la chiesa, con il suo radicamento nel continente, può innescare un cambiamento.
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