Difficilmente si ricorda una decisione della Corte penale internazionale così divisiva per la politica internazionale. A ventiquattro ore di distanza dai mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant – accusati di crimini di guerra dalla Corte dell’Aia – il mondo si è diviso in due. A differenza di quanto accaduto con decisioni analoghe prese nei confronti del presidente russo Vladimir Putin o del colonnello libico Muhammar Gheddafi. Da una parte ci sono i leader sovranisti – ma anche la Casa Bianca – che rigettano i mandati.

Dall’altra, invece, ci sono i paesi che intendono rispettare lo statuto di Roma a cui hanno aderito (tra gli altri anche Olanda, Spagna, Slovenia, Cipro). Nel mezzo c’è l’Italia dove i membri del governo Meloni hanno adottato una linea simile a quella utilizzata contro i giudici italiani che non convalidano i trattenimenti dei migranti nei centri albanesi, bollando la decisione della corte come di natura «politica».

I sovranisti

La contestazione dei mandati di cattura è forse l’unica cosa che accomuna sia Donald Trump che Joe Biden. Il neo presidente repubblicano, secondo quanto riporta il Telegraph, starebbe pensando di introdurre sanzioni personali contro il procuratore capo Karim Khan. Mike Waltz, candidato da Trump alla carica di consigliere per la Sicurezza nazionale, ha scritto su X che «a gennaio ci si può aspettare una forte risposta al pregiudizio antisemita della Cpi e dell’Onu». Nonostante le critiche degli ultimi mesi nei confronti del governo israeliano per la guerra a Gaza, gli attacchi alla Cpi dimostrano che in realtà il consenso politico attorno a Netanyahu è ancora intatto non soltanto negli Usa, ma anche in Europa.

Il premier ungherese Viktor Orbán ha fatto sapere che, se il premier israeliano mettesse piede in Ungheria, Budapest non farebbe rispettare il mandato d’arresto. Non solo: l’ufficio presidenziale di Netanyahu ha fatto sapere che Orbán lo ha anche invitato in visita ufficiale. Un gesto che inevitabilmente creerà crepe a Bruxelles, visto che l’Ungheria detiene la presidenza semestrale del Consiglio Ue. «Crediamo che si tratti di una decisione politica. Ci sono molti dittatori e criminali di guerra nel mondo e noi crediamo che, in questo caso, ci sia una motivazione politica», gli ha fatto eco il portavoce del gruppo dei Patrioti per l’Europa al parlamento europeo.

Il governo italiano

«Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica», si legge in una nota di Palazzo Chigi. «Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas». La questione sarà al centro del G7 degli Esteri di settimana prossima. Ma il governo si trova in difficoltà: da una parte non vuole rovinare i rapporti diplomatici con alleati chiave come Israele e Stati Uniti. Dall’altra, invece, difficilmente può non rispettare la decisione della Corte che è stata istituita grazie a uno statuto firmato proprio a Roma nel 1998.

Meloni però dovrà fare i conti anche con i suoi alleati. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, non si sbilancia: «Tocca al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri dare la linea della nostra politica internazionale, ed è quello che abbiamo fatto. Le altre sono opinioni». Il vicepremier Matteo Salvini ha assunto una posizione ancora più estremista. «Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto», ha detto.

«I criminali di guerra sono altri, non entro nel merito delle dinamiche internazionali. Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l’incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni, adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medio Oriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali». Salvini ha poi accusato l’Aia di essere stata influenzata dai paesi arabi, ignorando le posizioni che hanno adottato nell’ultimo anno di guerra. «Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali». Diverso il giudizio del ministro Crosetto, secondo cui, nonostante la decisione della Corte è sbagliata, va applicata. Quindi se Netanyahu e Gallant mettessero piede in Italia «dovremmo arrestarli».

Russia e Cina

Se il punto di vista degli Stati Uniti era già noto con le dichiarazioni del portavoce del Consiglio della Sicurezza degli Stati Uniti, ci ha pensato il presidente uscente Joe Biden a chiarire a scanso di equivoci la posizione americana. «Vorrei essere chiaro ancora una volta: qualunque cosa la Cpi possa insinuare, non c’è equivalenza, nessuna, tra Israele e Hamas. Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza», ha detto in una nota. La Cina ha invece assunto una posizione interlocutoria, la Russia considera la decisione come «insignificante».

Non sorprende, visto che lo stesso mandato di cattura pende sulla testa del presidente russo Vladimir Putin. La Santa sede, invece, ha deciso di non commentare la notizia. Ora deve pensare a ricucire il rapporto diplomatico con Tel Aviv dopo le recenti dichiarazioni di papa Francesco contenute nel suo libro scritto in vista del Giubileo. Nel testo, Bergoglio ha chiesto di indagare se a Gaza sia in corso un genocidio. Per ora una prima risposta è arrivata dalla Corte penale internazionale.

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