- Il ministro degli esteri di Mosca Sergej Lavrov ha detto che come Volodymyr Zelensky, anche Adolf Hitler era ebreo, anzi che «i peggiori antisemiti sarebbero gli ebrei».
- Insinuazione lanciata da Hans Frank, governatore nazista della Polonia occupata, in un suo memoriale scritto durante la detenzione a Norimberga nel 1946, per scagionarsi dalle proprie colpe.
- Disse che nel 1930 uno dei nipoti di Hitler, il cittadino britannico William Patrick Hitler, ricattò il futuro Führer nazista minacciano di rivelare dettagli scottanti sulla relazione extraconiugale della nonna Maria Schicklgruber con l’uomo d’affari ebreo Leopold Frankenberger di Graz.
Le parole pronunciate dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ospite domenica sera al talk Zona Bianca su Rete 4, sulla denazificazione e sulle presunte origini ebree di Adolf Hitler hanno scatenato la reazione indignata non solo di alcuni commentatori, ma anche del ministro degli esteri israeliano Yair Lapid, che ha convocato l’ambasciatore di Mosca per chiarimenti, oltreché del capo dello Yad Vashem di Gerusalemme Dani Dayanha, che ha definito le frasi di Lavrov «false, deliranti, pericolose e degne di ogni condanna».
Quello che non è abbastanza chiaro che il capo della diplomazia del Cremlino, quando ha detto, parlando delle origini ebraiche del presidente ucraino Volodymyr Zelensky «anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei», ha citato, forse inconsapevolmente, un peso massimo del regime nazista, Hans Frank, governatore della Polonia occupata.
La tesi
Le affermazioni sono tratte dal suo memoriale, scritto durante il processo di Norimberga: “Im Angesicht des Galgens”, letteralmente “Di fronte al patibolo”. Chi era Frank? Il suo curriculum non lascia alcun dubbio: nato nel 1900, aderisce al partito nazista quando ancora si chiamava Partito dei Lavoratori tedeschi nel 1919.
Avvocato, diventa il capo dei consulenti legali di Hitler a soli 24 anni. Ma è nel 1939 che Frank entra nella storia come capo del “Governatorato Generale”, una porzione di territorio polacco occupato dai nazisti ma non direttamente annesso.
Sotto il suo comando viene istituito il famigerato ghetto di Varsavia ma soprattutto ben quattro campi di sterminio: Belzec, Treblinka, Majdanek e Sobibor. Anche l’identità polacca viene gradualmente cancellata: si progetta una ricostruzione di Varsavia, rinominata in tedesco Varschau, come città modello nazista per ospitare nuovi coloni provenienti dal Reich. Il 4 maggio 1945 viene catturato.
Comincia la sua catena di menzogne. Al processo di Norimberga dichiara di non essere a conoscenza dello sterminio degli ebrei, che tutto il procedimento fosse responsabilità di Himmler e delle Ss. I documenti di archivio lo smentirono: il network dell’ex società ferroviaria polacca fu messo a disposizione dei treni della morte per portare a termine con maggiore facilità lo sterminio degli ebrei.
Una sua dichiarazione di fronte ai suoi collaboratori del 16 dicembre 1941 non lascia spazio a dubbi: «Signori, devo chiedervi di liberarvi di ogni sentimento di pietà. Dobbiamo annichilire gli ebrei ovunque li troviamo e ogni volta che possiamo». Al processo tentò di difendersi, dicendo che la frase era “decontestualizzata”, ma disse comunque che «la colpa della Germania non verrà dimenticata nemmeno in mille anni».
Pentimento apparente
Ad alcuni giudici le sue parole sembrarono indice di un sincero pentimento. Se si leggono meglio le sue memorie però, questo non sembra proprio. Disse che nel 1930 uno dei nipoti di Hitler, il cittadino britannico William Patrick Hitler, ricattò il futuro Fuhrer nazista minacciano di rivelare dettagli scottanti sulla relazione extraconiugale della nonna Maria Schicklgruber con l’uomo d’affari ebreo Leopold Frankenberger di Graz negli anni 30 dell’Ottocento, presso il quale lavorava come cuoca.
Secondo questa ipotesi quindi, il padre di Hitler Alois sarebbe stato di origini ebraiche: non per la legge rabbinica, ma di sicuro per le leggi di Norimberga, che resero ebrei anche tedeschi protestanti soltanto per la presenza di un nonno. Lo storico britannico Ian Kershaw, biografo di Hitler, ha smentito questa storia basandosi sui dati: non esisteva nessun Frankenberger a Graz, dato che gli ebrei erano stati cacciati dalla Stiria nel XV secolo e ci sarebbero tornati solo nel 1860.
Lo scrittore e critico letterario americano Ron Rosenbaum ha fatto un’ipotesi ben più inquietante: se i crimini del Terzo Reich sono opera dell’ebreo Hitler, il popolo tedesco è scagionato. Ipotesi resa popolare anche nel mondo arabo nel 1982 da una lettera inviata a un giornale saudita da un anonimo cittadino tedesco: gli ebrei avrebbero dovuto pagare le riparazioni di guerra perché veri autori delle distruzioni naziste.
Il figlio di Frank, Niklas, ha avanzato una nuova tesi nel suo saggio “Der Vater: Eine Abrechnung”, traducibile con “Mio padre: un bilancio”. Sintetizzando, Frank avrebbe tentato in modo viscido di autoscagionarsi, fornendo sia un finto pentimento sia un’ipotesi seducente agli occhi dei vincitori con il quale accreditarsi nella Storia non come il persecutore dei polacchi e lo sterminatore degli ebrei, ma come l’uomo che ha rivelato le “autentiche” motivazioni di Hitler.
Certamente non si può non citare lo studio belga del 2010 che individuava nel Dna di una trentina di parenti del Fuhrer tracce di Dna sia nordafricano che accomunabile a un ceppo di ebrei ashkenaziti. Si parla però di ascendenze remote non ravvisabili con le fonti archivistiche, né tantomeno da Hitler e da Hans Frank, che ancora non conoscevano l’esistenza stessa del Dna.
Nelle parole di Lavrov in prima serata, abbiamo assistito a un tentativo simile a quello dell’ex governatore nazista della Polonia: paragonare Zelenskij a Hitler per scagionarsi dalle colpe e dai crimini di guerra compiuti dall’esercito russo sul suolo ucraino, in modo inquietantemente simile a quanto fatto da Frank a Norimberga nel 1946.
© Riproduzione riservata