- Dopo la decisione di Putin di mettere in stato di allerta le forze di difesa nucleare, la Bielorussia ha eliminato dalla Costituzione la neutralità atomica del paese
- Gli Usa intanto hanno interrotto le trattative con la Russia per il raggiungimento di un nuovo accordo sul controllo delle armi, anche nucleari, in vista della scadenza nel 2026 del Trattato New Start
- Biden ha anche sospeso la pubblicazione della documento contenente le informazioni sulla nuova postura nucleare americana ed è messo sotto pressione dagli alleati europei e dal Pentagono
Mentre in Bielorussia si tenta la strada della diplomazia, l’occidente si interroga sul significato della minaccia nucleare ventilata di recente da Mosca. Domenica il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato la messa in stato di massima allerta delle forze di difesa nucleare, risvegliando l’incubo di una guerra atomica alle porte dell’Europa e riportando l’attenzione sulla mancanza di un adeguato controllo di questo tipo di armamenti.
Le parole del capo del Cremlino destano ancora più preoccupazione all’indomani del referendum tenutosi nel fine settimana in Bielorussia e che ha messo fine alla neutralità atomica del paese.
Come dichiarato dallo stesso presidente Aleksandr Lukashenko, con l’attuale Costituzione Minsk potrà schierare sul proprio territorio le armi nucleari russe. Il paese infatti non dispone di tale arsenale, ma potrebbe ospitare l’atomica di Mosca nel caso in cui, precisa Lukashenko, gli Stati Uniti o la Francia decidessero di schierare armi nucleari in Polonia o in Lituania.
Il presidente bielorusso d’altronde difende a spada tratta Vladimir Putin fin dall’inizio ed è arrivato persino ad affermare che l’occidente sta spingendo la Russia verso la terza guerra mondiale. Una guerra dalla quale è invece necessario stare alla larga dato che un conflitto nucleare sarebbe «la fine di tutto».
Sulla pericolosità di una guerra nucleare si erano espresse a inizio anno la stessa Mosca e le altre potenze nucleari ufficiali. Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Cina aveva rilasciato a gennaio una dichiarazione congiunta in cui affermavano che «una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta».
I cinque si impegnavano a usare l’arsenale atomico solo a scopo difensivo e promettevano di proseguire i negoziati per mettere fine alla corsa a questo tipo di armamenti, oltre ad avviarsi verso il disarmo nucleare. Due mesi dopo le promesse contenute in quella dichiarazione sono già state infrante.
La posizione nucleare russa
A preoccupare gli analisti è anche la postura nucleare della Russia. Il documento approvato da Putin nel luglio del 2020 specifica che Mosca considera le armi atomiche come un mezzo di deterrenza e individua i quattro casi in cui è lecito il ricorso a tale arsenale.
Nello specifico, l’arma nucleare può essere impiegata se si hanno informazioni affidabili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Russia e dei suoi alleati; in caso di attacco con armi di distruzione di massa o contro le infrastrutture nevralgiche della Federazione, la cui distruzione limiterebbe la capacità di risposta nucleare russa; se un attacco convenzionale contro la Russia mette in pericolo l’esistenza stessa dello stato.
Il Cremlino quindi si avvale della facoltà di usare le armi nucleari in risposta a un attacco convenzionale, una scelta che secondo diversi analisti abbassa la soglia di impiego dell’arsenale atomico.
Secondo la Federation of american scientists, la Russia possiede 4.477 testate nucleari ed è seconda solo agli Stati Uniti, che ne detiene 5.500.
Circa 977 testate strategiche russe e 1.912 non strategiche sono conservate nei depositi, altre 1.588 sono già montate sui vettori, mentre 1.500 sono state smantellate o in via di smantellamento.
La politica Usa
Ma se gli americani guardano con diffidenza alla postura russa, lo stesso viene fatto anche dall’altra parte del Pacifico. La dottrina Usa si basa da anni sulla cosiddetta “first use ambiguity”, per cui continua ad esserci poca chiarezza sull’impegno americano a non usare per primi la bomba in caso di conflitto.
Il presidente Joe Biden aveva promesso di modificare la postura americana intorno alla fine di febbraio, data entro la quale la Casa Bianca avrebbe dovuto pubblicare la nuova “nuclear policy posture review”.
La guerra in Ucraina ha però messo un freno al programma di Biden, che ha deciso di sospendere il processo di revisione fintanto che la crisi tra Mosca e Kiev non sarà risolta.
Di fronte all’aggressività russa sarà adesso difficile per il presidente americano resistere alle pressioni del Pentagono e degli alleati. Gran Bretagna, Francia, Giappone e Australia, secondo quanto riportato dal Financial Times, chiedono da tempo a Biden di non modificare la postura vigente e di non inserire la dichiarazione del “no al primo uso”.
Il timore dei paesi europei è che un cambio di questo tipo possa mettere in pericolo il Vecchio continente, che deve fare i conti non solo con la vicina Russia ma anche con la corsa al riarmo della Cina.
La Repubblica popolare, anch’essa una potenza nucleare, sta investendo da anni nell’ampliamento del suo arsenale atomico con l’obiettivo di eguagliare quello americano e russo.
Allo stesso tempo, gli Usa di Obama hanno approvato un piano di investimento trentennale da 1.200 miliardi di dollari per il rinnovo e l’ammodernamento del proprio arsenale atomico. Un piano che difficilmente sarà cancellato da Biden dopo l’invasione dell’Ucraina.
I trattati internazionali
Il ritorno della minaccia nucleare ha riportato l’attenzione anche sulla mancanza di accordi tra Russia e Usa sul controllo delle armi e della tecnologia nucleare.
L’unico trattato ancora in piedi è il New Start, rinnovato da Biden e Putin poco prima della sua scadenza e valido fino a febbraio del 2026. Il New Strategic Arms Reduction Treaty stabilisce che i due paesi non possono avere più di 1550 testate e bombe nucleari, mentre fissa a 700 il numero di vettori nucleari tra Missili balistici intercontinentali (Icbm), sottomarini nucleari lanciamissili (Slbm) e bombardieri pesanti che possono essere contemporaneamente operativi.
Il Trattato regola unicamente le armi strategiche e pertanto non si applica ai missili a corto e medio raggio né alle armi tattiche, ossia quelle con gittata inferiore ai 5.500 km e con capacità anche nucleari.
Una delle priorità in politica estera del presidente Biden era proprio il ripristino delle trattative con la Russia per ampliare il controllo sulle armi, ma gli Stati Uniti hanno interrotto il dialogo in corso con Mosca ancora prima dell’inizio della guerra.
Secondo quanto riportato da Foreign Policy, le trattative sono sospese fino a data da destinarsi e l’attuale stato delle relazioni tra i due paesi non fa ben sperare.
L’interruzione del dialogo tra Usa e Russia, le minacce di Putin e la generale corso al riarmo allontanano sempre di più il mondo dalla strada del disarmo nucleare.
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