Le ultime ventiquattro ore rischiano di portare il Medio Oriente in una nuova fase di conflitto armato senza precedenti. La tensione ha raggiunto livelli altissimi, mai così dal 7 ottobre scorso. Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas, è stato ucciso durante il suo viaggio in Iran dove doveva incontrare la leadership politica e militare iraniana in occasione dell’insediamento del nuovo presidente Masoud Pezeshkian.

«Haniyeh, che era venuto in Iran per la cerimonia di insediamento del presidente, alloggiava in una delle residenze speciali per veterani di guerra nel nord di Teheran, quando è stato martirizzato da un missile lanciato dall’aria», ha dichiarato l’agenzia stampa Fars. Secondo i media iraniani il missile è stato lanciato da un paese straniero, ma non è specificato da dove sia partito. Il suo assassinio è stato duramente condannato dai vertici iraniani ma non solo, anche dalla Turchia dal Qatar e dalla Russia che ora temono uno stravolgimento degli equilibri geopolitici in Medio Oriente. «Si tratta di un assassinio politico assolutamente inaccettabile, che porterà a un’ulteriore escalation delle tensioni», ha dichiarato il viceministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov all'agenzia di stampa statale Ria Novosti.

Poche ore prima c’è stato l’attacco israeliano a Beirut dove è stato preso di mira Fuad Shukr, consigliere militare del leader di Hezbollah Nasrallah e sul quale gli Stati Uniti avevano messo una taglia da cinque milioni di dollari per chiunque avesse fornito informazioni in merito alla sua cattura. Secondo i media israeliani Shukr sarebbe stato ucciso nell’attacco, ma per Hezbollah non ci sono ancora certezze.

Chi era Haniyeh

Ismail Haniyeh era uno dei volti più noti della leadership di Hamas. Da Doha, dove viveva, gestiva in prima persona le negoziazioni per arrivare a una tregua su Gaza e alla liberazione degli ostaggi israeliani catturati da Hamas. Più volte è andato in viaggio in Iran e Turchia, incontrando leader internazionali per le trattative e raccogliere consenso politico. 

Nonostante fosse una figura politica, Haniyeh è stato fin da sempre un bersaglio per l’esercito israeliano, così come il leader militare Yahya Sinwar accusato di essere la mente dietro gli attacchi del 7 ottobre. In questi mesi il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha più volte detto che avrebbe colpito i vertici di Hamas anche all’estero. E infatti, a gennaio era stato ucciso il vice capo politico dell’organizzazione palestinese Saleh al-Arouri durante un raid aereo israeliano a Beirut. Ora è toccato a Haniyeh che dal 2017 è a capo del politburo di Hamas. In passato era stato anche primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007 ed è stato alla guida dell'amministrazione di Gaza dal 2014 al 2017.

Nei mesi scorsi parte della famiglia di Haniyeh era stata uccisa in un raid aereo israeliano nella Striscia. «Il desiderio di mio padre è stato esaudito», quello di morire da «martire». «Siamo in una rivoluzione e in una battaglia continua contro il nemico, e la resistenza non finisce con l'assassinio dei leader», ha detto all’agenzia iraniana Irna il figlio di Haniyeh, Abdul Salam. La sua uccisione ha scatenato una forte indignazione nella Striscia dove sono state annunciate marce della rabbia e scioperi da parte dei milizia di Hamas e non solo.

Cosa accadrà ora

La leadership palestinese è sempre reattiva nel sostituire i suoi vertici che vengono uccisi o catturati. Molto probabilmente accadrà la stessa cosa in pochi giorni, visto soprattutto il livello di tensione nell’area e la necessità di prendere decisioni importanti in poco tempo. Haniyeh era comunque considerato una figura moderata all’interno di Hamas e ora c’è il rischio che venga scelta una figura politica più radicale. Quel che è certo, però, è che al momento è impossibile parlare di negoziati e ci vorrà tempo prima di riportare al tavolo delle trattative Israele e Hamas. Ma l’impressione è che anche diversi leader internazionali stiano abbandonando gli sforzi compiuti finora, primo fra tutti il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. «Gli assassinii politici e i continui attacchi ai civili a Gaza mentre proseguono i colloqui ci portano a chiederci: come può avere successo la mediazione quando una parte uccide il negoziatore dall'altra parte? La pace ha bisogno di partner seri e di una presa di posizione globale contro il disprezzo per la vita umana».

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