Alla fine ad aver accelerato le trattative di pace tra Hezbollah e Israele è stata la decisione della Corte penale internazionale. Nel primo giorno di tregua ufficiale è emerso un retroscena chiave, il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe barattato il coinvolgimento della Francia come garante della tregua in Libano con l’immunità per il mandato di arresto emesso nei suoi confronti per crimini di guerra della Corte dell’Aja. A riferirlo sono il quotidiano israeliano Haaretz e l’emittente pubblica Kan. Infatti, in giornata il ministero degli Esteri francese ha ufficializzato la sua posizione sul caso. In una nota ha scritto che l’immunità, secondo il diritto internazionale, «deve essere presa in considerazione», dato che Israele non è membro della Corte penale internazionale.

Mentre la comunità occidentale è divisa tra chi ha detto che avrebbe eseguito il mandato di arresto e chi no, l’ufficio del primo ministro israeliano ha annunciato di aver presentato un ricorso formale, anche per il mandato contro l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Se la Cpi respingesse l’appello, si legge, non farebbe altro che «sottolineare agli amici di Israele negli Stati Uniti e nel mondo quanto la Corte penale internazionale sia faziosa nei confronti di Israele».

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Il primo giorno di tregua

La prima giornata del cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele è stata caratterizzata da un grande movimento. Le famiglie di sfollati si sono rimesse in moto verso il sud del paese a bordo di macchine stracolme di bimbi e bagagli. L’esercito regolare libanese ha pubblicato foto di mezzi militari in fila pronti ad andare verso il confine con Israele. L’Idf ha iniziato a smobilitare le sue truppe. I soldati di Tel Aviv – nelle foto pubblicate dalle agenzie stampa – appaiono stanchi dopo oltre due mesi di guerra mentre smantellano le loro posizioni. La tregua annunciata sia da Netanyahu e dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, al momento, accontenta tutti e viene rispettata. Hezbollah ha fatto sapere che collaborerà con il dispiegamento dell’esercito regolare nel Libano meridionale. C’è una «piena cooperazione» con le istituzioni statali ha detto il parlamentare di Hezbollah Fadlallah all’Afp. E ha aggiunto che il gruppo sciita filoiraniano non ha «armi o basi visibili» nel meridione. «I combattimenti in Libano sono stati molto decisi. L’applicazione dell’accordo sarà ancora più determinata», ha garantito il capo di stato maggiore dell’Idf Herzi Halevi.

Il governo israeliano, invece, ha rallentato i tempi del ritorno degli sfollati. Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz hanno ordinato alle Idf di «non consentire alla popolazione di entrare nella zona dei villaggi vicino al confine nel Libano meridionale», ha fatto sapere l’ufficio del primo ministro. «Ciò è in accordo con la prima fase dell'attuazione dello schema del cessate il fuoco», garantisce. Il messaggio è arrivato anche ai libanesi. «Per la vostra sicurezza e quella della vostra famiglia, vi è vietato spostarvi a sud verso i villaggi che le Idf hanno ordinato di evacuare o verso le forze delle Idf nella zona», ha detto il portavoce dell’esercito israeliano in lingua araba.

Alle dichiarazioni hanno fatto seguito anche spari di avvertimento a Kafr Kila e Adaysse. Fino alle 7 di questa mattina è vietato attraversare il fiume Litani verso sud.

Dissidi interni

Tuttavia, in Israele la tregua non ha messo d’accordo tutti. Se in Libano le famiglie stanno facendo ritorno nelle proprie case, nel nord dello stato ebraico non è così. Per il sindaco della città nell’estremo settentrionale di Metulla, David Azoulay, quello con Hezobollah è «un cattivo accordo per lo stato di Israele», poiché «non affronta la minaccia per i residenti del nord». «Mi rattrista – ha detto al Times of Israel – che questa sia la decisione del governo più di destra che Israele abbia mai avuto. L’accordo non garantisce sicurezza per i residenti del nord e non permetterà loro di tornare alle loro case in sicurezza».

Una frecciatina anche ai ministri Smotrich e Ben Gvir fondamentali per gli equilibri del governo Netanyahu. Intanto alcuni dei parenti dei 101 ostaggi ancora nelle mani di Hamas a Gaza hanno fatto irruzione nella Knesset e bloccato l’ufficio del premier per chiedere che venga stretto anche un accordo per la Striscia e liberare i prigionieri. Per il ministro della Difesa Israel Katz, quello è «l’obiettivo morale più importante».

Reazioni

Hamas intanto ha commentato la notizia del cessate il fuoco. Lo ha fatto tramite Basem Naim, membro del suo politburo. «Non era solo Hezbollah a decidere. Se il popolo libanese ha deciso che è nel loro interesse accordarsi con Israele a noi sta bene, perché il nostro obiettivo non era far distruggere il Libano da Netanyahu».

C’è un altro interlocutore però che ha deciso anche per conto di Hezbollah ed è l’Iran che si è detto soddisfatto della tregua. Hamas, comunque, ha fatto sapere che «è impegnata a collaborare con qualsiasi tentativo di ottenere un cessate il fuoco a Gaza». Soddisfazione anche da parte di paesi come Cina e Russia e di altri alleati di Teheran. «Il nemico israeliano non si sarebbe sottomesso e non avrebbe accettato il cessate il fuoco se non si fosse scontrato con una solida resistenza che non si fosse spezzata di fronte ai traditori crimini di assassinio», ha detto Salam Salah portavoce degli Houthi.

«Hezbollah ha eccelso nelle sue operazioni jihadiste, che sono aumentate in quantità e qualità fino a costringere il nemico sionista e il suo sponsor americano a muoversi verso un accordo di cessate il fuoco, in un modo che preservi la sicurezza, la sovranità e l’indipendenza del Libano». È il racconto propagandistico di un successo, che data la carneficina a Gaza e le oltre tremila morti in Libano, è difficile da decretare.

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