Una sparatoria all’interno del centro di detenzione Al-Mabani di Tripoli ha causato la morte di una persona e il ferimento di altre due, di cui un minore. A denunciare le estreme condizioni di vita e le violazioni dei diritti umani è Medici senza Frontiere, i cui operatori hanno prestato soccorso ai due feriti
Un morto e due feriti è il primo bilancio di una sparatoria avvenuta in un centro di detenzione di Tripoli dove vengono rinchiusi i migranti una volta effettuati i respingimenti da parte della Guardia costiera libica.
Due adolescenti di 17 e 18 anni hanno riportato ferite d’arma da fuoco e sono stati trasferiti per cure mediche urgenti da un team di Medici senza frontiere (Msf).
Secondo quanto riferito da Msf, all’interno del centro di Al-Mabani, gravemente sovraffollato, la situazione era molto tesa da giorni ed è culminata in una serie di spari nelle celle dove erano detenuti i migranti. «Quest’ultimo atto di violenza è una chiara conferma che i centri di detenzione sono luoghi pericolosi per le persone» ha detto Ellen van der Velden, responsabile operativo di Medici senza frontiere per la Libia. L’organizzazione è presente sul posto dal 2016 per fornire assistenza sanitaria generale e psicologica all’interno dei centri di detenzione libici.
Il sovraffollamento all’interno delle strutture è aumentato esponenzialmente da inizio anno e ha portato a un grave deterioramento delle condizioni di vita delle persone. Nella prima settimana di febbraio, fanno sapere da Msf, il numero di persone detenute ad Al-Mabani è passato da trecento a mille in pochi giorni e attualmente il centro ospita circa 1.500 persone, costrette a vivere anche in tre in un metro quadrato. Una condizione che non permette il distanziamento fisico per prevenire il contagio da Covid-19 e facilita la diffusione di altre malattie.
Il sovraffollamento è dovuto all’aumento delle intercettazioni dei barconi di migranti che salpano dalle coste della Libia per raggiungere l’Europa per conto della Guardia costiera libica.
Non è la prima volta che la violenza esplode nei centri di detenzione. Negli ultimi mesi gli operatori di Medici senza frontiere hanno assistito più volte all’uso della forza fisica da parte delle guardie. Solo a febbraio sono state curate 36 persone che hanno riportato traumi contundenti, fratture, abrasioni, ferite agli occhi e ferite di arma da fuoco. Nella nota di Msf si legge: «Alla luce di questo evento, Msf ribadisce il suo appello per porre fine alla pratica della detenzione arbitraria in Libia, per l’immediato rilascio di tutte le persone detenute e per la fornitura di rifugi sicuri e l’accesso ai servizi di base per rifugiati e migranti».
I fatti avvengono a pochi giorni dal primo viaggio del presidente del Consiglio Mario Draghi all’estero avvenuto proprio in Libia mentre il paese sta attraversando un momento politico delicato e un processo transizionale guidato dal neo premier Dbeibah che rimarrà al governo fino alle prossime elezioni di dicembre.
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