- Lo scrittore indiano pensa che in Ucraina non esista un’alleanza mondiale che si oppone alla Russia: i paesi del sud del mondo continuano a seguire i loro interessi. Come fa l’India che compra sempre più petrolio russo.
- Secondo Mishra, non ci sono al momento segnali che un numero significativo di russi si opponga al leader, né che contestino la sua convinzione che un occidente moralmente decadente si stia alleando contro la Russia.
- «Che il governo indiano agisca in modo spudoratamente opportunista, acquistando petrolio a buon mercato dalla Russia, non è una novità: in passato acquistava petrolio da Saddam Hussein o dall'Iran sotto embargo».
Non pochi hanno salutato questo 2023 con un pacato sospiro di sollievo, leggendovi i segnali dell’indebolimento di figure di estrema destra come Donald Trump o Jair Bolsonaro e del ritorno di un occidente unito, almeno contro la Russia di Vladimir Putin.
Tra questi, non c’è di certo Pankaj Mishra, grande scrittore di origine indiana e autore, tra gli ultimi, di un rivelatorio Le illusioni dell'occidente. Alle origini della crisi del mondo moderno (Mondadori). Dopo vent’anni di saggi, che tracciano con chirurgica precisione una linea che unisce democrazia liberale e capitalismo alla rabbiosa impennata demagogica degli ultimi anni, la prossima estate Mishra tornerà nelle librerie italiane con un romanzo, Figli dell’India (Guanda). Un sentito affresco degli ultimi cinquant’anni di storia indiana, terminata con una corsa verso un capitalismo tanto sfrenato quanto globalizzato.
Prima di arrivare a discutere della nazione delle nostre comuni origini, Mishra fa un passo indietro, per smontare ogni eventuale ottimistica premessa: «Ad una valutazione superficiale si potrebbe sostenere che sì, certe forze di destra, dell'estrema destra in particolare, siano in questo momento sulla difensiva. Ma in realtà se distogliamo lo sguardo da individui come Donald Trump o Bolsonaro, ci tocca riconoscere ad esempio che Lula ha vinto le elezioni con margine estremamente ristretto e che l'estrema destra è oggi dominante nella cultura politica di molti paesi di primo piano, incluso il Regno Unito. Sta crescendo in Francia, non è del tutto scomparsa in Spagna ed esiste in una veste diversa in Italia» riflette.
«Non ho neppure citato l’India, dove l'estrema destra non è solo al potere in modo dominante, ma non viene messa in discussione da alcuna formazione politica, sociale o culturale. Quindi penso che sia altamente prematuro concludere che il 2022 sia stato l'anno in cui il populismo o l'autoritarismo abbiano iniziato a recedere».
L’internazionale socialdemocratica
Non è questa secondo Mishra la lente cui guardare ai prossimi mesi. Piuttosto, dice, va osservata la carica dei socialdemocratici che inizia ad emergere globalmente e in contesti molto differenti: «Ho in mente la Germania, la Spagna, il Portogallo, e i paesi scandinavi, dove la socialdemocrazia è ancora forte. E penso anche che l'attuale tendenza che vede figure politiche di sinistra salire al potere in America Latina sia piuttosto significativa. Ci rivela un più profondo esaurirsi di certe idee e ideologie proprie del neoliberismo o del capitalismo neoliberista».
I cittadini, riflette, oggi evidentemente chiedono uno stato che faccia di più per loro, che abbia un ruolo più attivo nella loro protezione: «La pandemia, la guerra in Ucraina, l'inflazione e l’aumento del costo della vita hanno reso gli elettori più determinati nel cercare aiuto. Una tendenza che in questo momento va a beneficio di figure come Pedro Sanchez in Spagna, Olaf Scholz in Germania, e ovviamente Antonio Costa in Portogallo».
Uno scenario interessante di cui, sottolinea, pochi parlano. Ancor più intrigante, riprende, è osservare le alleanze che si stanno saldando: «Sanchez è molto vicino a Scholz, il quale a sua volta è vicino a Costa. Ci sono affinità che stanno emergendo in Europa e che vanno osservate più chiaramente. Io, in questo momento, mi concentrerei su questo».
Una questione di responsabilità
Invece lo sguardo generale è ben rivolto altrove, ad altre alleanze, legate al conflitto in corso in Ucraina in primis. Nonostante quasi un anno di dure sanzioni economiche (tema sul quale Mishra si ripete profondamente contrario) e persino gravi battute d'arresto sul campo di battaglia, la Russia non sembra minimamente pronta a negoziare la fine della guerra: «Crediamo davvero che sanzionare pesantemente Mosca e fornire armi sempre più sofisticate e carri armati all'Ucraina aiuterà a respingere le truppe russe non solo dall'Ucraina occupata in questo momento, ma anche dalla Crimea? Che la Russia subirà una sconfitta tale, da costringerla a ritirarsi da tutti i territori occupati? Riteniamo che questo potrebbe persino portare ad un cambio di regime a Mosca? Allora dovremmo anche ipotizzare scenari nei quali la Russia, messa alle strette, assediata e umiliata, attacchi o apra un nuovo fronte di guerra».
Sappiamo che l'esperienza della mortificazione nazionale può generare mali ben peggiori, riflette Mishra, rammentando scenari ugualmente inquietanti che dovremmo prendere seriamente in considerazione, a questo punto: «Ci troviamo in un momento di stallo, ma i russi seguitano a infliggere danni alle infrastrutture ucraine, mentre gli ucraini continuanti a vivere in una situazione terribile. I paesi non coinvolti dovrebbero essere molto più responsabili, smettere di prolungare il conflitto e ragionare sul mondo che emergerà da questa guerra».
Fronti contrapposti
Secondo Mishra, non ci sono al momento segnali che un numero significativo di russi si opponga al leader, né che contestino la sua convinzione che un occidente moralmente decadente si stia alleando contro la Russia: «Il fronte unito del cosiddetto occidente pro Ucraina e contro la Russia è relativamente gonfiato. Continuiamo a ridurre tutto ad una battaglia tra Vladimir Putin e il resto del mondo, ma sono tante le questioni da porsi: dove sono i russi in tutto questo, credono a quel che Putin dice loro e se sì, perché? Se ci credono, cosa potrebbe succedere dopo? Io non sono in alcun modo un sostenitore di Emmanuel Macron, ma pare l'unico a porsi queste domande. Al tempo spesso, soggetti antidemocratici completamente irresponsabili come Mateusz Morawiecki, il cui regime è stato sanzionato dall'Unione europea, improvvisamente emerge come un leader, grazie alle sue posizioni sulla guerra in Ucraina».
Allargando lo sguardo, diventa altrettanto evidente che gli stessi cittadini del Sud del mondo, che patiscono le conseguenze economiche della guerra quanto e più dell’occidente, non sembrano seguire gli schieramenti auspicati da Europa e Stati Uniti. Secondo un sondaggio condotto da Morning Consult in India, la gran parte degli intervistati incolpa la Nato o gli Stati Uniti per il conflitto in Ucraina, piuttosto che la Russia: «Organizzazioni come la Nato sono principalmente militari. Dovrebbe essere difensiva, ma pensiamo agli interventi nelle recenti guerre nei Balcani, in Afghanistan e in altri svariati teatri di guerra nel mondo. Avrebbe dovuto riformulare la sua posizione, e in generale il suo ruolo nel mondo, sin dalla caduta dell'Unione sovietica, e non l'ha fatto».
Una prospettiva diversa
A Pankaj Mishra piace scompigliare le carte e svelare illusioni opportunistiche. Soprattutto quando si tratta di raddrizzare prospettive distorte: «Il motivo per cui così tanti di noi del sud del mondo sono scettici riguardo al cosiddetto fronte occidentale anti Putin è perché ricordiamo che Putin era un grande amico di leader come Tony Blair. George Bush di lui diceva “L'ho guardato negli occhi e l’ho trovato degno di fiducia”», dice.
«Noi del sud del globo ricordiamo che Narendra Modi, l'attuale primo ministro dell'India e l'attuale leader del G20, è un uomo cui un tempo non era permesso di entrare negli Stati Uniti e nel Regno Unito a causa della sua complicità in un pogrom contro una comunità minoritaria in India. Ma quel suo passato orribile e insanguinato è stato completamente dimenticato dai cosiddetti leader mondiali o dalla rispettabile opinione pubblica dei Paesi occidentali, oggi. Quindi, per favore, evitiamo additare così di fretta il nuovo Hitler o Saddam Hussein».
Quanto al legame tra Russia e India, nonostante quest’ultima sia regolarmente presentata come alleato occidentale, il paese guidato da Narendra Modi continua a difendere le sue relazioni con Putin e aumenta i suoi acquisti di petrolio russo: «Che il governo indiano agisca in modo spudoratamente opportunista, acquistando petrolio a buon mercato dalla Russia, non è una novità: in passato acquistava petrolio da Saddam Hussein o dall'Iran sotto embargo. Quanto alla popolazione indiana, i sondaggi ci dicono che sono gli Stati Uniti ad essere identificati come la più grande minaccia alla pace mondiale dalla maggioranza, in India. Non la Russia». La ragione risiede nello storico legame con l'ex Unione sovietica, che sostenne l’India quando questa venne isolata dagli Stati Uniti, che durante da Guerra fredda a loro erano vicini al Pakistan.
Alleanze ben presenti e radicate nella memoria odierna: «È solo quando vivi in un diverso tipo di clima ideologico che smetti di pensare agli Stati Uniti come al garante della libertà internazionale». Una visione che in Europa e in America molti faticano a comprendere, prosegue, quando sarebbe invece necessario immergersi in una differente prospettiva: «Dopo aver coccolato Vladimir Putin per tutto questo tempo, ora chiedono ai cittadini di Egitto e India di pagare di più per il petrolio, per il grano, per i fertilizzanti. E tutto perché hanno deciso di intraprendere una lunga guerra con la Russia? No, non sono sicuro che tutto questo non suonerà molto convincente, alle orecchie della maggior parte della popolazione di Asia e Africa».
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