Le parti raffreddano l’ipotesi di tregua di 40 giorni sui cui la Casa Bianca si era sbilanciata. Gallant mette in guardia: Iran, Hezbollah e Iran sono pronti alla «seconda fase del 7 ottobre»
Il presidente americano, Joe Biden, ha detto di sperare che il conflitto israelo-palestinese potrebbe raggiungere una tregua a Gaza dalla prossima settimana e per tutta la durata del Ramadan come parte di un accordo che consentirebbe il rilascio degli ostaggi di Hamas, dopo quasi cinque mesi di guerra nella Striscia.
L'ottimismo di Biden – espresso in diretta tv mentre si gustava un gelato dopo aver registrato un suo intervento allo spettacolo di Seth Meyers, il "Late Show", in onda sulla Nbc a New York - verso questa fase dei negoziati è stato raffreddato dal portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, che ribadendo comunque l'ottimismo per i colloqui in corso a Doha, ha affermato che non c'è «nessuna svolta» nei negoziati per un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Parole giudicate premature anche da Hamas, secondo cui ci sono ancora «grosse lacune da colmare».
La proposta di tregua
Una fonte di alto livello vicina ai colloqui ha riferito secondo la Reuters che la bozza di proposta inviata a Hamas riguarda una tregua di 40 giorni e lo scambio di prigionieri e ostaggi in rapporto di 10 a uno. Hamas dovrebbe liberare circa 40 ostaggi, compresi donne, persone sotto i 19 anni o con più di 50 anni e malati, in cambio di circa 400 detenuti palestinesi.
Prevista poi la riapertura degli ospedali e dei panifici a Gaza e l'immediato ingresso delle relative attrezzature e carburante. Ai residenti di Gaza, tranne gli uomini in età da combattimento, sarebbe permesso di tornare a casa nelle aree evacuate nel nord della Striscia. A Gaza, dove la popolazione sta affrontando una carestia, i prezzi degli alimentari sono balzati alle stelle e secondo la Bcc rispetto a cinque mesi fa ad esempio il prezzo delle uova è aumentato del 567 per cento.
Fonti israeliane citate dai media hanno detto che non si capisce «su cosa si basi l'ottimismo» del presidente Biden su una possibile tregua a Gaza entro lunedì prossimo. Un segnale evidente del dissidio sempre maggiore tra il governo di Tel Aviv e Washington sulla conduzione delle ostilità. A cui va aggiunto l’affermazione del premier Benjamin Netanyahu di voler comunque invadere Rafah via terra.
Biden alla prova in Michigan
Il sostegno del presidente Biden alla guerra di Israele contro Hamas a Gaza verrà messo alla prova nel Michigan, sede di un vasto collegio elettorale arabo-americano. Le primarie democratiche in Michigan rappresentano un importante banco di prova per il presidente, dopo che l’approccio adottato dalla sua amministrazione nei confronti del conflitto nella Striscia ha portato a diverse proteste da parte di attivisti.
Alcuni attivisti democratici hanno esortato gli elettori a selezionare l’opzione “uncommitted” nella scheda elettorale il giorno delle urne, che significa appoggio al partito senza nominare nessuno dei candidati presenti nella scheda. Il Michigan è uno stato che dovrebbe svolgere un ruolo decisivo nelle elezioni testa a testa del 5 novembre e che nella passata tornata ha visto la vittoria di Biden per un solo punto percentuale su Trump.
Molti nella vasta comunità arabo-americana nel Michigan sono contrariati, insieme ad alcuni democratici progressisti, per ciò che ritengono sia il sostegno di Biden all’offensiva israeliana su Gaza e dei relativi costi di vite civili.
Le parole di Yellen
Un segnale di ottimismo è giunto dal Tesoro americano sulla questione delle tasse raccolte da Tel Aviv per conto dell’ANP in Cisgiordania. Israele ha accettato di riprendere a trasferire le entrate fiscali all’Autorità Palestinese per finanziare i servizi di base e sostenere l’economia della Cisgiordania, e il denaro ha cominciato ad affluire, ha detto martedì il segretario al Tesoro americano Janet Yellen, nonché ex governatrice della Fed.
«Questo deve continuare», ha detto Yellen in una conferenza stampa a San Paolo per il G20 finanziario, sottolineando che Washington ha esortato il governo israeliano a rilasciare le cosiddette «entrate di liquidazione» all'Autorità Palestinese. I leader palestinesi lamentano da mesi che la loro capacità di governare è stata paralizzata dalle restrizioni israeliane, inclusa la trattenuta delle entrate fiscali dovute in base agli accordi di Oslo firmati 30 anni fa.
Da mesi l'Autorità non riesce a pagare l'intero stipendio del settore pubblico a causa del rifiuto del ministero delle Finanze israeliano di svincolare parte dei fondi.
«Recentemente ho anche delineato – ha detto Yellen come riporta il sito del Dipartimento al Tesoro Usa - in una lettera al Primo ministro Netanyahu una serie di passi che gli Stati Uniti ritengono debbano essere compiuti, tra cui il ripristino dei permessi di lavoro per i palestinesi e la riduzione delle barriere al commercio all’interno della Cisgiordania. Queste azioni sono vitali per il benessere economico sia dei palestinesi che degli israeliani».
Yellen ha aggiunto che anche la carenza di manodopera sta danneggiando l'economia israeliana. Da notare che Yellen ha inviato la lettera a Netanyahu e non al suo omologo israeliano, Bezalel Smotrich probabilmente perché quest’ultimo ha preso posizioni troppo estreme secondo l'amministrazione Biden, una situazione che non ha precedenti nelle relazioni tra Israele e Stati Uniti.
Un segnale di come, dopo le sanzioni americane a quattro coloni israeliani, Washington stia alzando il tono della polemica con il governo israeliano.
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