Dopo l’invasione anche chi è sempre stato russofono sta velocemente decidendo di cambiare lingua. Le librerie mettono i libri al macero e Kiev organizza corsi gratuiti, per cancellare ogni legame con il nemico
In uno dei primi ricordi della mia infanzia, mi vedo piangere disperatamente nei corridoi di una scuola materna di Kherson, città dell’Ucraina meridionale. Piangevo così tanto che le maestre erano costrette ad allontanarmi dall’aula nel tentativo di calmarmi.
Ma io non desistevo e urlavo ancora più forte, nella speranza che il mio pianto potesse arrivare alle orecchie di mia mamma, che insegnava in qualche aula dello stesso istituto.
Diplomata al conservatorio musicale, mia mamma si era specializzata nell’insegnamento di musica ai bambini in età prescolare. Ed è così che era finita a lavorare in una scuola d’infanzia dove ha preso la discutibile decisione di iscrivere anche me.
Pochi anni dopo questo mio ricordo, mia mamma ha lasciato il suo lavoro di insegnante. La motivazione principale era il caos in cui viveva l’Ucraina dopo la caduta dell’Urss, ma ha giocato un peso anche l’obbligo di passare, dall’oggi al domani, all’insegnamento in lingua ucraina, per lei che conosceva solo il russo.
Russofoni
Da quando la città è stata fondata nel 1778 su ordine di Caterina II, il russo è sempre stato la lingua principale di Kherson. Le materie scolastiche erano in russo, all’insegnamento dell’ucraino erano dedicate soltanto poche ore, come lingua straniera. Il russo era la lingua ufficiale.
Era la lingua del potere, delle insegne sulle strade, della radio e della televisione. Questo fino al 1989 quando una legge ha reso l’ucraino lingua di Stato.
La norma è stata confermata dalla Costituzione ucraina del 1996, mentre il russo è diventato “lingua di minoranza”. È allora che la maggior parte delle scuole ha adottato l’insegnamento in lingua ucraina. Nel 1999 l’ucraino è diventato l’unica lingua ammessa nella sfera pubblica.
L’ucrainizzazione
In realtà il russo ha continuato a essere ampiamente usato nelle regioni storicamente russofone, come Kherson, ma anche Donetsk, Luhanksk, Odessa, Zaporižžja, Kharkiv, Dnipropetrovs'k, Mykolaïv.
Senza dubbio, le politiche di ucrainizzazione hanno portato a un ampio uso dell’ucraino nelle nuove generazioni, ma coloro che sono nati e cresciuti prima degli anni Novanta hanno continuato a usare il russo nella loro quotidianità, questo sia nella sfera privata sia in quella pubblica.
Secondo un censimento del 2001, il russo era ancora la lingua madre del 30 per cento della popolazione ucraina. Tanto che nel 2012 l’allora presidente ucraino Viktor Janukovyč ha riabilitato l’uso del russo.
Ma la sua decisione è stata cancellata nel 2019 da Petro Porošenko. Il presidente ucraino, pochi giorni prima di lasciare l’incarico a un neoeletto Volodymyr Zelensky, ha reso nuovamente l’ucraino l’unica lingua ammessa in ambito scolastico, negli organi amministrativi, in radio e in tv, nelle prime pagine dei siti web con dominio .ua.
In tutta risposta il russofono Zelensky ha parlato nel suo discorso inaugurale, seppur brevemente, anche in russo, in contrasto con la normativa.
Un’altra lingua
Per tanti anni il russo è rimasto nelle regioni del sud est ucraino una lingua tacitamente ammessa, anche se l’ucraino era la lingua ufficiale del paese. Fino ad oggi.
A febbraio del 2022, quando gli ucraini si sono svegliati con la notizia dell’invasione, le comunicazioni confuse che hanno iniziato a circolare nel sud est erano in russo.
Erano in russo le notizie diffuse dalle pagine Telegram locali di Kherson. Scrivevano in russo i partecipanti delle tante chat in cui gli abitanti dei quartieri si aggiornavano a vicenda sull’invasione e sull’occupazione della città.
Ma nove mesi dopo, a novembre del 2022, Kherson ha dato in ucraino la notizia della liberazione dall’occupazione russa. Gli abitanti della città dicevano all’unisono: «Ми вільні» («Siamo liberi»), in ucraino, e non «Мы свободны» in russo. L’aspetto più evidente dei video, che arrivavano in quei giorni da Kherson, è proprio il suono della lingua ucraina in una città che fino a pochi mesi prima parlava prevalentemente russo.
Una scelta obbligata
Nei filmati, trasmessi dai media ucraini o su canali Telegram, gli abitanti raccontavano in ucraino le loro settimane sotto il dominio russo. Nel frattempo anche le pagine di informazione locali avevano cominciato a pubblicare in ucraino.
I volontari con cui siamo in contatto, che all’inizio ci parlavano in russo, hanno iniziato, ad un certo punto, a rispondere alle nostre domande in ucraino e a parlare in ucraino sui loro profili social. In alcuni casi passare all’ucraino è diventata quasi una scelta obbligata.
Nelle chat su Viber chi continuava a scrivere in russo veniva accusato di collaborazionismo con gli occupanti. Persino gli ucraini russofoni che vivono da tanti anni in Italia, come mia madre, provano a mascherare la loro lingua madre, il russo, con claudicanti tentativi di parlare ucraino.
Il rifiuto della lingua
Il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov, che in passato era stato multato per essersi espresso in russo in tv e durante incontri ufficiali, ha spiegato così a Lb.ua la sua decisione di adottare l’ucraino: «La guerra ha cambiato molte cose. Oggi credo che bisogna parlare in ucraino perché è la nostra lingua e perché ci rende diversi dai russi».
Le sue parole sono emblematiche di un rifiuto della lingua russa che è ormai diventato un fenomeno nazionale in Ucraina. Vergogna, repulsione, necessità: sono questi i motivi per cui sempre meno persone vogliono parlare russo in Ucraina.
Lo scrittore ucraino Volodymyr Rafeienko, nato a Donetsk, ha scritto le sue opere principalmente in russo. Nel 2010 ha vinto il premio letterario Russian Prize, l’unico esistente in Russia. Oggi si rifiuta di utilizzare il russo.
«La Federazione russa è una federazione di assassini e violentatori. Ha dichiarato guerra alla mia Patria, giustificandosi con la protezione dei russofoni», spiega Volodymyr Rafeienko a Radio Azattyk, una costola di Radio Svoboda. Lo scrittore giura che non tornerà mai alla lingua russa.
Durante l’occupazione, ha vissuto tra Bucha e Kiev. Non vuole parlarne, ma dice solo: «Il mio totale rifiuto della lingua russa la dice più del mio trauma di qualsiasi discorso più ampio».
La lingua del nemico
Secondo Iryna Pobidash, professoressa di linguistica all’Università di Kiev, «per molte persone è diventato impossibile parlare russo perché è la lingua del nemico». «Il russo è ora simbolo di quello che è successo: un marchio di sofferenza e tragedia», ha detto al Washington Post.
Per lo scrittore ucraino Andrei Kurkov, che scrive in russo: «La lingua russa e la cultura russofona in Ucraina sono tra le vittime di Putin». «Sempre meno persone parlano il russo, nessuno vuole più impararlo», ha detto in un’intervista a Swi. Il russo in Ucraina è morto in guerra e i russi l’hanno ucciso.
Una sola Russia?
Russia e Ucraina affondano entrambe le radici nella Rus’ di Kiev. La storiografia russa ha sempre adottato, secondo la translatio imperii, la teoria per cui russi e ucraini sono lo stesso popolo in quanto derivano entrambi dalla Rus’.
Mykhailo Hrushevsky, considerato il padre della storiografia ucraina, rigetta tale visione e adotta l’interpretazione storica che considera la Rus’ come un agglomerato di principati autonomi l’uno dall’altro.
Secondo questa interpretazione, Mosca era soltanto uno dei principati della Rus’, di cui l’Ucraina era la culla. Hrushevsky crea il paragone con l’impero romano e associa l’Ucraina all’Italia. Nessuno ha mai sostenuto l’uguaglianza tra italiani, spagnoli e francesi, anche se i loro paesi hanno avuto origine dalla caduta dell’Impero.
Allo stesso modo anche il russo e l’ucraino, pur avendo origini simili, sono due lingue differenti. L’ucraino è considerato l’erede diretto dello slavo ecclesiastico, lingua ufficiale della Rus’.
Mentre il russo, che pur affonda le radici nello slavo, si ipotizza che sia stato maggiormente influenzato dalle parlate locali e dalle lingue dei colonizzatori. Nel XVII secolo russi e ucraini per comunicare si servivano di interpreti.
Hrushevsky considera il trattato di Perejaslav tra cosacchi e russi (1654) «la condanna a morte per l’Ucraina». Da quel momento il dominio di Mosca su Kiev si è sempre tradotto nel tentativo di spogliare il popolo ucraino della sua identità, cancellandone la lingua.
L’obbligo del russo
È del 1863 la famosa circolare emanata da Pëtr Valuev, ministro dell'Interno di Alessandro II, che vietava la pubblicazione di libri in lingua ucraina. Pochi anni dopo, nel 1876, l’Ems Ukaz bandiva l’ucraino dalla vita pubblica. Un secolo prima, alla fine del 1700, Caterina II fondava Kherson, Dnipro e Odessa e le faceva popolare dai russi.
La soppressione della lingua ucraina è un aspetto che ha accomunato zarismo e Urss. Tra il 1918 e il 1921, durante la guerra sovietico-ucraina, secondo lo storico Pavlo Khrystiuk, l’essere colti a parlare ucraino poteva essere motivo di esecuzione.
E se con Lenin l’ucraino potrà godere di una certa libertà, Iosif Stalin ha portato avanti una nuova repressione e russificazione forzata.
Libri al macero
In questo quadro appare abbastanza naturale che, al momento dell’indipendenza, l’Ucraina abbia ribaltato il trattamento che la sua lingua ha subìto per secoli, limitando l’uso del russo a favore dell’ucraino.
Allo stesso tempo, però, come sostiene anche la East Slavic school – corrente storica che si è diffusa in Ucraina dopo il 1991 – ormai esiste un laccio inestricabile tra ucraini e il russo. Alcune regioni ucraine hanno una storia che parla russo. Questo non le rende meno ucraine o asservite alle mire di Vladimir Putin.
Alisa Sopova, antropologa all’Università di Princeton originaria di Donetsk, sostiene sulle pagine del Washington Post che forse «sarebbe meglio per l’Ucraina reclamare i propri diritti sulla lingua russa, per mostrare alla Russia di non averne il monopolio».
È indubbio che tantissimi ucraini russofoni, dopo l’invasione, si siano impegnati a imparare l’ucraino. Soltanto il progetto Єдині (Yedyni, ndr), promosso dall’amministrazione di Kiev, conta a oggi 100mila partecipanti, che si sono collegati ai corsi di ucraino online.
A questi bisogna aggiungere coloro che hanno preso parte alle tantissime lezioni di ucraino organizzate dai volontari sull’intero territorio nazionale.
Il rifiuto totale della lingua russa rischia però di impoverire culturalmente la stessa Ucraina. Una libreria di Kiev, Syayvo Knyhy, ha raccolto tonnellate di libri in russo e li ha gettati in una macchina per il riciclo. L’Università nazionale – Accademia Mogila di Kiev ha vietato l’uso della lingua russa nelle sue aule, anche nelle conversazioni private tra studenti, dimenticandosi forse che, come diceva il filosofo tedesco Hans Georg Gadamer, «la cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande».
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