Dai primi attacchi che minacciavano Kiev ai massacri di Bucha, dalle rotte del grano agli attacchi contro la rete elettrica: sedici mappe per capire l’invasione russa iniziata lo scorso 24 febbraio
Sono passati dieci mesi dall’invasione russa dell’Ucraina, iniziata all’alba del 24 febbraio. Molte cose sono accadute in questo periodo e molte altre sono cambiate. Dalle prime ore in cui sembrava che la capitale Kiev potesse cadere da un momento all’altro al contrattacco ucraino che ha liberato Kherson. Dalla scoperta di fosse comune e torture nelle aree occupate all’inizio degli attacchi contro le centrali elettriche ucraine. Ecco dove siamo e come ci siamo arrivati.
I primi attacchi
L’invasione dell’Ucraina inizia pochi minuti dopo le 6 di mattina del 24 febbraio, non appena termina la trasmissione del discorso in cui Putin annuncia l'inizio dell’operazione militare speciale. Esplosioni vengono sentite a Kiev, Kharkiv, Odessa, Dnipro e nel Donbass: sono missili balistici e da crociera lanciati contro obiettivi militari, basi aeree e centri di comando. Soltanto settimane dopo si scoprirà che molti missili russi non hanno funzionato e che molti altri sono stati lanciati sulla base di mappe superate. Complessivamente, il primo attacco è un fallimento.
L’invasione di terra
Le truppe russe varcano il confine poco dopo l’arrivo dei primi missili. Truppe russe arrivano anche dalla Bielorussia che formalmente rimane neutrale. L’attacco procede su sei direttrici diverse. I russi avanzano verso Kiev, verso Chernihiv, verso Sumy, verso Kharkiv, nel Donbass e verso nord dalla Crimea. Nei primi giorni l’avanzata è rapida e spettacolare. I russi arrivano immediatamente alla periferia di Kiev e nei sobborghi di Kharkiv. A sud non incontrano quasi resistenza e occupano rapidamente Kherson e Melitopol. Per gli esperti, però, la prova delle truppe russe è deludente.
L’assedio di Kiev
L’obiettivo principale della Russia è una rapida decapitazione della leadership ucraina. Il Pentagono dice che Kiev potrebbe cadere in 96 ore. Nei primi momenti dell’attacco, i parà russi occupano l’aeroporto di Hostomel, a dieci chilometri dal centro di Kiev. Gli americani offrono a Zelensky l’evacuazione dalla capitale. Due giorni dopo l’attacco russo fallisce. Intorno a Kiev si continuerà a combattere ancora per un mese. Un enorme convoglio di rinforzi russi rimane bloccato per giorni alla periferia di Kiev, continuamente esposto a bombardamenti e attacchi aerei. Le truppe russe sono in difficoltà.
I profughi
L’esodo degli ucraini causato dalla guerra è il più vasto in Europa dalla guerra nell’ex Jugoslavia degli anni Novanta. A maggio, sono circa 7,3 milioni gli ucraini che hanno lasciato il paese e altri 8 sono stati costretti ad abbandonare le loro abitazioni e a rifugiarsi in altre parti del paese. Per la prima volta nella storia, l’Ue ha fatto uso della direttiva per la protezione temporanea e gli stati membri dell’Unione sono quelli che hanno accolto il maggior numero di rifugiati. Circa 800mila ucraini sono in Russia, ma il governo ucraino sostiene che in molti sono stati deportati contro la loro volontà.
L’assedio di Mariupol
Il 28 febbraio, i russi provenienti dalla Crimea si incontrano fuori dalla città di Mariupol con i separatisti che avanzano dal Donbass. È l’inizio di un brutale assedio che durerà per più di 80 giorni. I bombardamenti sono indiscriminati. Viene colpito un ospedale della maternità e i russi accusano gli ucraini di aver causato l’esplosione e le vittime di essere attori pagati. Un’altra bomba colpisce il teatro della città, dove si sono rifugiati in centinaia. Ad aprile i difensori ucraini si rinchiudono nell’enorme acciaieria Azovstal.Resisteranno un mese e si arrenderanno il 16 maggio.
L’avanzata si ferma
A un mese dall’inizio dell'invasione le truppe russe raggiungono il limite della loro avanzata. Kiev è circondata da tre lati. Chernihiv è sotto assedio, da Sumy e da Kharkiv le avanguardie russe arrivano alla periferia della capitale. Mariupol è sotto assedio, mentre si combatte vicino a Mykolaiv. Ma la situazione dei russi è difficile: non hanno abbastanza truppe per completare l’accerchiamento o prendere d’assalto nessuna grande città. Le loro linee di rifornimento sono estese ed esposte a continui attacchi degli ucraini. Secondo gli analisti è una situazione che non può durare.
Inizia la ritirata
Dopo un mese e mezzo di combattimenti, l’esercito russo non è più in grado di difendere i territori occupati. Ha perso circa un terzo delle truppe di prima linea schierate all’inizio dell'invasione. Il 2 aprile, inizia così una rapida e inaspettata ritirata dal nord dell’Ucraina. Il 7 aprile non ci sono più soldati russi a ovest di Kharkiv. In un tentativo di nascondere il fallimento, l’alto comando russo annuncia l’inizio della seconda fase dell’operazione militare: ora gli sforzi offensivi si concentreranno soltanto in Donbass e nel sud.
I crimini
La ritirata dei russi dalla regione di Kiev è improvvisa e rapida. Quando gli ucraini entrano nei territori in precedenza occupati trovano devastazione e indizi di centinaia di crimini di guerra commessi contro i civili. Città come Bucha e Irpin ottengono una indesiderata fama internazionale. In tutto, gli ucraini trovano i corpi di più di 1.300civili, molti dei quali assassinati dopo essere stati torturati. I testimoni raccontano di violenze sessuali, arresti sommari, pestaggi ed esecuzioni. Diversi militari russi catturati finiscono sotto processo con l’accusa di aver compiuto crimini di guerra.
L’offensiva in Donbass
La ritirata russa dal nord del paese non segna la fine della guerra. Dopo un paio di settimane di relativa quiete sul fronte, l’esercito russo lancia una nuova offensiva. Questa volta, tutte le sue truppe sono concentrate in una piccola striscia lunga qualche centinaio di chilometri nel Donbass. I russi accumulano un’enorme superiorità di artiglieria e lentamente, come nella Prima guerra mondiale, iniziano ad avanzare di pochi chilometri ogni giorno. Severodonetsk cade a giugno, segnandola prima importante vittoria russa dopo le prime settimane di combattimento.
La Transnistria
Al culmine dell’attacco russo in Donbass, l’impressione di molti è che le sorti della guerra si siano invertite e che la Russia sia in vantaggio. Alcuni ipotizzano che un nuovo attacco contro l’Ucraina potrebbe essere lanciato dalla Transnistria, la regione separatista della Moldavia dove è presente un contingente di circa 2mila soldati russi. Alla fine di aprile, una serie di misteriose esplosioni colpisce il paese: sembrano una messa in scena per giustificare un attacco. Ma gli espertimettono in guardia: la Russia non ha abbastanza forze nella regione. In breve la Transnistria ritorna tranquilla.
La guerra sul mare
Si combatte anche sul mare e il 24 febbraio l’incrociatore Moskva intima la resa alla piccola isola dei Serpenti. La risposta della guarnigione, «Nave da guerra russa, vai a farti fottere», diviene un grido di resistenza in tutta l’Ucraina. Gli ucraini decidono di non ingaggiare direttamente la flotta russa. A Mykolaiv autoaffondano la loro nave ammiraglia per timore che venga catturata. Ma la flotta russa ha i suoi problemi e gli ucraini ne approfittano. Il 13 aprile riescono a colpire con due missili antinave l’incrociatore Moskva.La nave prende fuoco e affonda il giorno successivo.
Il grano
Nel corso dell’estate emerge un altro aspetto che rende importante il conflitto per il controllo del Mar Nero. Con i porti bloccati e le rotte marittime pattugliate da navi russe, gli ucraini non possono esportare cereali. Le pianure dell’Ucraina meridionale sono tra i terreni più fertili al mondo e rendono il paese il secondo esportatore mondiale di grano. Senza la produzione ucraina bloccata nei porti, milioni di persone in Africa e Asia rischiano la fame. Soltanto a luglio un fragile accordo tra Ucraina e Russia consentirà di riprendere le esportazioni dai porti sul Mar Nero.
L’isola dei Serpenti
Difficilmente l’accordo sarebbe stato possibile se gli ucraini non fossero riusciti a liberare l’isola dei Serpenti, il piccolo scoglio disabitato situato lungo la rotta che porta a Odessa, il principale porto ancora in mano ucraina. Dopo la sua occupazione all’inizio del conflitto, l’isola si è rapidamente trasformata in una trappola per i russi. L’aviazione ucraina l’ha ripetutamente colpita con attacchi a sorpresa e quando la Nato ha iniziato a inviare nel paese cannoni e lanciamissili in grado di colpire l’isola dalla terraferma, i russi non hanno avuto altra scelta che abbandonare il loro avamposto.
I contrattacchi
A luglio l’offensiva russa nell’est del paese si ferma e arriva il turno degli ucraini di passare all’attacco. A fine agosto lanciano una doppia controffensiva. La principale è quella diretta a sud, contro Kherson. Ma sarà l’attacco secondario nella regione di Kharkiv ad avere il successo più rapido e spettacolare. I russi vengono colti del tutto impreparati e sono costretti a una frettolosa ritirata. Il 13 settembre gli ucraini dichiarano di aver riconquistato 8mila chilometri di terreno. L’11 novembre, con la liberazione di Kherson, si conclude anche la controffensiva meridionale.
Attacchi alle infrastrutture
L’8 ottobre, nel mezzo della controffensiva ucraina, il ponte di Kerch che collega la penisola di Crimea alla Russia viene danneggiato in un attacco. Due giorni dopo, la Russia inizia una massiccia campagna di bombardamenti contro le infrastrutture elettriche ucraine. Missili e droni vengono usati per colpire centrali, trasformatori e linee ad alta tensione. Dopo settimane di attacchi, il 50 per cento della rete elettrica risulta danneggiata e milioni di ucraini sono senza luce e riscaldamento. Secondo le intelligence occidentali la Russia sta esaurendo i missili, ma a fine dicembre gli attacchi sono ancora in corso.
Bombe sulla Russia
Fin dai primi giorni della guerra, gli ucraini hanno attaccato la regione russa di Belgorod con artiglieria, missili ed elicotteri, causando numerosi imbarazzi al Cremlino. Il 5 dicembre, nel mezzo della campagna russa contro le centrali elettriche, i loro attacchi raggiungono una nuova scala. Vecchi droni sovietici modificati per trasportare esplosivi colpiscono due basi aeree in pieno territorio russo: Engels, a circa 800 chilometri dai territori controllati dagli ucraini e Rayzan, 200 chilometri a sud est di Mosca. I danni sono limitati, ma gli attacchi rivelano come il conflitto abbia preso una nuova piega.
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