L’uomo vive in un paese scandinavo e impiega il suo tempo libero e le sue risorse per controbattere alla propaganda russa intorno alla ricostruzione della città
Alex è un italiano che vive in un paese scandinavo. Ha superato i 40, fa un lavoro adeguato per il suo livello d’istruzione, ha una compagna e dei figli. Stipendio nella media, una famiglia come tante con gli stessi impegni quotidiani di tutte le altre.
Con la differenza che Alex (che preferisce non fornire il suo nome per mantenere l’anonimato, ndr) usa il suo tempo libero per mappare la distruzione della città ucraina di Mariupol, adesso occupata dalle forze armate russe. «Non faccio questo perché mi avanzano tempo o denaro. Lo faccio perché non tollero le menzogne della propaganda di Mosca», è la sua semplice spiegazione per il progetto a cui si è dedicato, titanico specialmente alla luce del fatto che lo cura in solitaria davanti al suo computer.
Dati Osint
Si tratta infatti di una raccolta di dati Osint, ovvero Open Source Intelligence. Le fonti aperte dell’acronimo sono appunto quelle disponibili su internet, dove l’estrema diffusione dei social media – problematica per molti sensi – ha portato almeno il vantaggio di poter accedere a fonti inesauribili di informazioni rilasciate in maniera più o meno cosciente dai vari utenti.
Ad esempio è stato grazie ai video condivisi su TikTok che sono arrivate le prime avvisaglie del grande dispiegamento di mezzi russi preannunciante l’invasione dell’Ucraina.
«La mia carriera di Osint è iniziata come un semplice hobby legato a foto di eventi musicali o televisivi, per poi cimentarmi nella geolocalizzazione dei combattimenti in Ucraina sul fronte di Soledàr e Bakhmut, ma anche degli attacchi nei territori occupati dal 2014 nella regione di Donetsk o alle infrastrutture nel cuore della Russia stessa». Un’attività che consiste soprattutto in una grande attenzione per i dettagli e nella disponibilità di un database per i confronti, abbastanza nutrito nel caso di Mariupol.
Una città distrutta
La feroce battaglia per questa città portuale sul mar d’Azov è stata infatti raccontata dai numerosi filmati che i difensori hanno diffuso grazie al sistema Starlink di Elon Musk. Conclusosi l’assedio sanguinoso dell’ultimo bastione nell’acciaieria Azovstal, la città è stata annessa alla Russia – insieme a ben quattro oblast – con un decreto che Vladimir Putin ha firmato il 30 settembre 2022.
A quel punto le macerie dei palazzi di Mariupol, tra cui quelle del teatro Drama dove si è consumato uno dei peggiori eccidi (300 persone almeno) di questa guerra a causa di un bombardamento aereo russo sull’edificio, sono diventate di proprietà russa. Se prima dell’assalto vi abitavano 425mila abitanti, ora vivono lì tra disagi enormi appena 120mila persone.
«Negli ultimi 27 mesi Mariupol è stata distrutta, e ora viene trasformata per privarla della sua identità precedente: molti dettagli sono cambiati completamente, alcune parti della città sono scomparse del tutto, moltissimi palazzi hanno cambiato il proprio aspetto almeno due volte», conferma Alex.
«Mi sono concentrato su questa città perché nel mio precedente lavoro, vent’anni fa, ero in contatto con un distributore a Donetsk. Nel 2014 mi ha scritto per raccontarmi di come la sua attività imprenditoriale fosse ormai impossibile e di come stesse pensando di trasferirsi. Sono andato a recuperare i messaggi, il 25 maggio 2014 leggo: “Non c’è violenza in centro, ma strani uomini armati che mi rendono molto nervoso. Li ho visti e sentiti, parlano un linguaggio ‘russo russo’ che non è delle nostre parti”».
Si trattava dei bravacci di Igor Girkin, il colonnello dei servizi segreti russi adesso caduto in disgrazia. Prima di languire in galera per aver criticato la gestione putiniana della guerra, Girkin è stato l’eroe del progetto “Novorossija” per assimilare la costa ucraina del mar Nero nel russkji mir.
Alla fiammata dei combattimenti seguono anni di pausa, dove un po’ tutti in Europa si dimenticano del problema Donbass. «Nei giorni in cui l’attacco russo sembrava sempre più imminente, ho deciso di scrivergli, e una delle sue risposte mi fa ancora venire la pelle d’oca, quando la leggo: “Tranquillo Alex, nel 2015 ci siamo trasferiti a Mariupol, perché qui è ancora possibile vivere una vita tranquilla”». Al tempo era infatti ancora una città ucraina. «Dopo l’invasione abbiamo iniziato a scriverci sempre meno perché avevo paura di metterlo in pericolo. Ogni volta che ricordo quei giorni, rivivo l’angoscia che ho provato in maniera vivida».
La propaganda russa
Un’ansia che cessa soltanto quando Alex viene a sapere che il suo amico è riuscito a scappare in Europa. «È difficile descrivere la gioia dopo aver letto quel messaggio inaspettato.
In una lunghissima telefonata mi ha raccontato il calvario dei filtraggi dei militari russi, inviandomi alcune foto dei primi giorni di guerra: lui e la famiglia che dormivano nel corridoio, nubi di fumo fotografate dalla finestra, lui e altri uomini che tagliavano legna e accendevano fuochi in cortile. Tra queste c’era anche la foto del palazzo annerito dalle fiamme, col suo appartamento bruciato cerchiato in rosso. Un’immagine che rese la guerra ancora più reale per me».
Il germe dell’idea di documentare la distruzione è venuto da questa foto, anche se, per un senso di rispetto, Alex non è partito dalle immagini inviategli dall’amico per creare la sua mappa. Di tutte le emozioni provate, è stata l’indignazione a convincerlo a mettersi all’opera. A gennaio 2024 un network, legato a quello che è largamente conosciuto come un propagandista filorusso italiano, ha annunciato di aver organizzato a Modena un evento per dimostrare la ricostruzione russa di Mariupol.
«Avendo ben chiara la situazione nella città, quell’annuncio mi ha fatto infuriare. Ho scritto immediatamente al sindaco per chiedere di ritirare la disponibilità della sala civica all’iniziativa sponsorizzata da Andrea Lucidi, in una lunga email alla quale ho allegato immagini recentissime che mostravano lo stato reale della città». Il messaggio conteneva quindi le prove inoppugnabili che sarebbe stato un evento basato su fake news, facente parte dell’offensiva ibrida del Cremlino per riconquistare spazio mediatico nel dibattito italiano sulla guerra.
«In quel momento mi sono reso conto che era arrivata l’ora di mettere insieme le foto in un quadro che potesse mostrare a chiunque che la presunta ricostruzione russa fosse limitata, scadente, e, soprattutto, si limitasse alle apparenze solo per creare una scenografia perfetta per la propaganda, e non tenesse conto della quantità inimmaginabile di devastazione che i russi avevano portato in città».
Il risultato oggi è un progetto di oltre 1.400 foto aggiornate per testimoniare le demolizioni degli edifici più grandi rispetto ai pochi nuovi condomini costruiti dai russi, con una netta e soverchiante maggioranza di condomini scomparsi. A questi andrebbero aggiunte poi tutte le abitazioni private che non vi sono più. «Chiunque può dare un’occhiata a Google Maps per vedere che intere zone della città, anche nel centro, sono state completamente cancellate».
Un archivio che Alex ha costruito da solo, senza alcun tipo di finanziamento. Certo, avere dei soldi da investire nell’acquisto di immagini satellitari aggiornate ad alta risoluzione potrebbe essere utile: proprio in queste settimane i russi hanno avviato una nuova campagna di demolizioni in città, e una visione dall’alto semplificherebbe questa ennesima mappatura.
«Onestamente, però, se qualcuno mi dicesse che ha mille euro per il mio progetto, gli chiederei piuttosto di donarli a un paio di associazioni che portano aiuto direttamente ai militari al fronte. Penso che questo sia il modo più utile per utilizzare qualunque fondo, per portare l’aiuto tra le mani di chi ne ha bisogno».
Intanto lui continua a fare, nel suo piccolo, controinformazione contro la propaganda russa. Un sussulto di verità contro le menzogne del Cremlino. «Lo faccio anche per i miei figli: credo che sia molto importante far capire ai bambini che il mondo non può essere vittima dei prepotenti soltanto perché credono di essere più forti e possono imporre la loro narrazione. Dovrebbe essere un’ovvietà, ma mi pare che l’umanità stia andando nella direzione opposta, e questo mi preoccupa per il loro futuro».
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