In quest’anno di elezioni, in cui più di metà del mondo è chiamato alle urne, avevamo bisogno tutti, come specie umana, di una buona notizia. Perché i governi che saranno eletti ci traghetteranno al 2030 e avranno in mano le politiche di mitigazione e adattamento alla crisi climatica da cui dipenderà il nostro futuro, oltre che il nostro presente. Sono elezioni importanti per tantissime ragioni, determineranno gli equilibri geopolitici globali, ma soprattutto sono elezioni per il clima e lo sono proprio ora che l’Europa è attraversata da ondate di insofferenza per tutto ciò che sa di ecologia.

Avevamo bisogno di una buona notizia, ed è arrivata la vittoria di Claudia Sheinbaum in Messico. È rimbalzata su media e social, festeggiata come una ventata di aria fresca e speranza. Prima presidente donna del paese, eletta domenica 2 giugno con una vittoria schiacciante: 58 per cento contro il 26 per cento della candidata del partito di opposizione e 10 per cento del centrista Movimento Ciudadano. Sheinbaum è l’erede del presidente uscente Obrador, ha sessantun anni, una laurea in fisica e un dottorato in ingegneria ambientale, un passato nel Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), poi sindaca di Città del Messico e fra i fondatori del partito di sinistra Morena. Insomma, in Messico ha vinto una scienziata esperta di cambiamento climatico. Liberation ha addirittura titolato: «Una parvenza di rivoluzione».

I movimenti

Eppure i movimenti ambientalisti messicani non sono poi così entusiasti. «Sheinbaum ha vinto perché dall’altra parte non c’era nulla, le proposte erano completamente scollegate dalla realtà del paese», racconta Miriam Morsán, attiva nei collettivi Conexiones Climaticas e SosCenotes. In realtà però nella campagna elettorale della neopresidente di clima non ce n’era poi tanto. Ma soprattutto, noi che festeggiamo da qui dovremmo chiederci a quale idea di politica verde appartiene la nuova presidente messicana.

A fianco dell’impegno per le rinnovabili, Sheinbaum ha infatti promesso sostegno all’azienda petrolifera di stato Pemex nonostante gli enormi debiti. «È indicativo il fatto che lo stato del Tabasco sia la sede della Pemex e anche della prima comunità recentemente riconosciuta come sfollata climatica in Messico, la comunità di El Bosque. E trovo incredibile che si parli di finanziare ancora una compagnia così indebitata e al dodicesimo posto nella classifica dei maggior inquinatori al mondo.

Non sono molto ottimista: mi piace sapere che la destra è così lontana dal potere istituzionale, ma mi preoccupa che il potere attuale sia così vicino alla destra nella pratica», racconta Miriam. Il governo precedente – e Sheinbaum sembra andare nella stessa direzione – ha poi favorito l’insediamento di aziende straniere (automobilistiche, energetiche, petrolchimiche) concedendo di entrare in alcuni dei territori come lo Yucatán in cui si concentra la maggior parte della biodiversità, con forti ricadute negative sulla popolazione: minor disponibilità d’acqua, perdita di sovranità alimentare ma anche di diversità linguistica e di stili di vita delle comunità indigene a cui viene imposta un’industrializzazione calata dall’alto.

E poi ci sono i mega progetti di trasporto “sostenibile”, in particolare il Tren Maya e il Corridoio Interoceanico: reti ferroviarie per treni passeggeri e merci, entrambi sviluppati su territori indigeni ed entrambi in violazione delle leggi delle norme di protezione ambientale, dei trattati internazionali e senza consultare le popolazioni autoctone. Il Tren Maya è stato progettato su un terreno carsico (dunque fragilissimo) che contiene la più grande riserva di acqua dolce del paese e crea grotte, fiumi sotterranei e i famosi cenotes (doline).

Ambientalisti detenuti

«La probabilità che questo terreno crolli è molto alta, ed è persino riconosciuta nelle dichiarazioni di impatto ambientale del progetto. Inoltre il progetto sarà accompagnato da una serie di corridoi industriali, una forte spinta al turismo di massa, sviluppi immobiliari e agroindustriali e dall’espropriazione delle popolazioni indigene», spiega ancora Miriam Morsàn.

Le due linee ferroviarie formano insieme una nuova frontiera di contenimento migratorio ed entrambi sono fortemente militarizzati ponendo di fatto queste riserve biologiche sotto il controllo militare, in un paese in cui gli attivisti per il clima assassinati sono a oggi 102, mentre molti altri sono detenuti in carcere. Insomma, le zone d’ombra ci sono e le politiche verdi hanno tanti risvolti, complessi, da valutare.

La vittoria di Sheinbaum resta una buona notizia, perché di meglio non c’era e perché il governo precedente non avrà fatto abbastanza, ma ha pur sempre fatto molto: dall’aumentare il salario minimo a creare posti di lavoro (anche se spesso temporanei). Resta, oltre alla buona notizia, anche la speranza che con la maggioranza assoluta ora questo governo possa essere molto più ambizioso.

Ma stiamo attenti, noi di qui dal mondo, a non credere che ciò che ci assomiglia sia per forza buono. A volte non lo è, sicuramente non per tutti. Il mondo a immagine e somiglianza dell’Occidente è anche quello che ci ha portato a questo 2024 in cui nell’aria danzano 427 parti per milione di anidride carbonica.

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