Le organizzazioni umanitarie contestano al governo italiano la spesa di 785 milioni impiegati per fermare gli arrivi dalla Libia senza trovare soluzioni di lungo periodo che salvaguardino le vite in mare
A distanza di quattro anni dall’accordo tra Italia e Libia sul contenimento dei flussi migratori, le organizzazioni umanitarie Emergency, Medici senza frontiere, Mediterranea, Oxfam, Sea-Watch e Asgi rivolgono un appello al parlamento italiano per revocare gli accordi con le istituzioni libiche e ripristinare l’attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
Le organizzazioni denunciano il fallimento della politica migratoria del governo italiano e delle istituzioni europee che, piuttosto di trovare soluzioni di lungo periodo per garantire canali di accesso sicuri, hanno stanziato fondi pubblici con il mero obiettivo di bloccare gli arrivi.
I soldi spesi dall’Italia in Libia
In quattro anni sono stati spesi oltre 785 milioni dall’Italia che ha consentito il respingimento in Libia di 50mila persone, di cui 12mila solo nel 2020, senza comunque fermare i naufragi e i morti nel Mediterraneo (6mila dal 2017 ad oggi). Sono stati stanziati 210 milioni direttamente nel paese libico, ma «la Libia non può essere considerata un luogo sicuro dove portare le persone intercettate in mare, bensì un paese in cui violenza e brutalità rappresentano la quotidianità per migliaia di migranti e rifugiati», scrivono le ong in una nota.
Rapimenti, torture, uccisioni, abusi sessuali e detenzioni arbitrarie sono diventate una quotidianità nei centri clandestini dove vengono rinchiusi i migranti in attesa di poter partire per l’Europa. Nemmeno l’Onu ha avuto accesso a molti di questi centri, evidenziando come la situazione sia critica e fuori controllo.
I fermi amministrativi e l’appello delle ong
«Nel corso del 2020, l’Italia ha bloccato inoltre sei navi umanitarie con fermi amministrativi basati su accuse pretestuose, lasciando il Mediterraneo privo di assetti di ricerca e soccorso e ignorando, allo stesso tempo, le segnalazioni di imbarcazioni in pericolo. Contribuendo così alle 780 morti e al respingimento di circa 12mila persone, documentate durante il corso dell’anno dall’Oim», riferiscono le ong.
L’appello rivolto al parlamento chiede di interrompere l’accordo Italia-Libia, di non rinnovare le missioni militari in Libia, di promuovere con le istituzioni europee un piano di evacuazione dal territorio libico delle persone più vulnerabili e a rischio, di revocare i divieti di ricerca e soccorso in mare e infine di riconoscere il ruolo svolto dalle ong nella salvaguardia delle vite.
La portavoce della Sea Watch, Giorgia Linardi, ha dichiarato: «Risulta difficile credere che l'unica azione concreta per far fronte al fenomeno dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo sia stato quella di una politica di esternalizzazione cieca, costosissima e che non costituisce in alcun modo una soluzione».
Anche il deputato di Leu Erasmo Palazzotto si è espresso sulla questione: «Il 16 luglio scorso la Camera ha votato il rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero, rinnovando i fondi per l'addestramento e l’appoggio alla cosiddetta guardia costiera libica. Abbiamo votato contro in pochi.In queste ore si parla di un tavolo sul programma per la nascita di un nuovo governo. Mettiamolo sul tavolo: basta accordi con la Libia che violano i diritti umani. Basta con questo scempio».
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