Ancora nessun via libera agli attacchi con armi Nato su suolo russo. Nonostante le grandi aspettative sull’incontro tra il presidente Usa Joe Biden e il primo ministro britannico, Keir Starmer, avvenuto ieri a Washington, non c’è ancora una parola definitiva sulla principale questione diplomatico-militare che da sei mesi monopolizza le relazioni tra Kiev e i suoi alleati.

Gli ucraini, infatti, chiedono l’autorizzazione a usare missili a lungo raggio americani e britannici per colpire bersagli sul territorio russo fino a trecento chilometri dal confine. Fino ad ora, la Casa Bianca e Biden in particolare, erano rimasti fermi su posizioni contrarie, ma negli ultimi giorni il via libera agli attacchi era sembrato ormai questione di giorni.

A spingere i due leader alla prudenza è stato forse anche il tiro di sbarramento di Mosca, che ha improvvisamente alzato i toni sulla questione. Giovedì, il presidente russo Vladimir Putin aveva detto esplicitamente che il via libera agli attacchi sarebbe stato equivalente a una dichiarazione di guerra della Nato alla Russia. Ieri lo stesso punto è stato ribadito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite dall’ambasciatore Vassily Nebenzia, secondo cui, il via libera agli attacchi «cambierebbe radicalmente la natura del conflitto».

Gli animi erano stati raffredati già nelle ore che avevano preceduto l’incontro, con il consigliere per la sicurezza nazionale Usa John Kirby che aveva avvertito i giornalisti di non aspettarsi un annuncio. Ma un cambio di politiche non è escluso completamente, anzi. La parola definitiva potrebbe arrivare intorno al 22 settembre, quando Zelensky visiterà gli Stati Uniti per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu. Zelensky ha confermato ieri che, durante il viaggio, avrà un incontro privato con Biden.

L’annuncio ufficiale potrebbe arrivare durante l’incontro tra i due a New York. O magari, i due leader potrebbero rendere pubblico un accordo che sarà già raggiunto nei prossimi giorni – dando così qualche giorno alle forze armate ucraine per cogliere i russi di sorpresa.

Ma di sicuro, dal punto di vista di Kiev si è già perso molto tempo e i russi hanno avuto tutto il tempo per prepararsi. «Questo ritardo nel processo ha consentito alla Russia di spostare le sue basi molto più un profondità», aveva detto pochi giorni fa Zelensky.

Secondo l’intelligence Usa, negli ultimi mesi circa il 90 per cento degli aerei da combattimento russo è stato spostato oltre la portata dei missili di cui dispone l’Ucraina e che ammonta a circa 300 chilometri.

Piano per la vittoria

Senza autorizzazione a colpire in Russia, con l’esercito incalzato sia sul fronte di Kursk che in Donbass, Zelensky prova a riprendere l’iniziativa dando qualche anteprima sul nuovo “piano per la vittoria” elaborato dal suo team.

In una conferenza stampa a Kiev, Zelensky ha spiegato che una fine giusta della guerra può arrivare solo «con l’espulsione delle truppe occupanti, oppure tramite una diplomazia che garantisca la sovranità del paese aggredito e la fine dell’occupazione».

Secondo il presidente, una vera pace può arrivare solo con «un’Ucraina forte abbastanza da poter vincere la guerra», punto sul quale gli Stati Uniti «possono fare molto».

I dettagli di questo “piano” saranno discussi a Washington nel prossimo futuro e successivamente rivelati al pubblico. Secondo Zelensky, il piano dovrà diventare la base dei negoziati con la Russia, che potrebbero cominciare già nel prossimo futuro, alla prossima conferenza di pace che Kiev pianifica di tenere entro novembre e a cui vorrebbe la partecipazione anche della Russia.

Pericolo nucleare

L’agenzia per l’energia nucleare ucraina, Energoatom, ha detto ieri che nelle ultime settimane ha registrato il passaggio di 70 droni e 30 missili russi nei pressi delle tre centrali nucleari ancora sotto controllo ucraino. Nessuna centrale è stata colpita direttamente, ma queste azioni, scrive l’agenza, «mettono a rischio in un modo che non ha precedenti non solo l’Ucraina, ma l’intero continente».

La paura è quello di attacchi contro le linee elettriche che collegano le centrali al resto della rete nazionale. Dopo i bombardamenti russi degli ultimi mesi, infatti, l’Ucraina dipende in larga parte dalle sue centrali nucleari per mantenere forniture costanti di elettricità alla popolazione. Attaccarle direttamente è troppo pericoloso, ma separarle dal resto del paese, colpendo linee ad alta tensione e centraline, potrebbe avere un effetto altrettanto dannoso.

Fino ad ora, non sembra che i russi abbiano tentato questa strategia, che è comunque rischiosa. I dispositivi di sicurezza di una centrale nucleare hanno bisogno di energia elettrica per funzionare, separarlo dal resto della rete potrebbe avere conseguenze imprevedibili.

Per queste ragioni, l’Agenzia per l’energia atomica internazionale ha annunciato ieri l’espansione della propria missione di sorveglianza in Ucraina. D’ora in poi i tecnici dell’Aiea sorveglieranno non soltanto gli impianti nucleari, ma anche tutte le sottostazioni giudicate importanti per la loro sicurezza.

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